Libro de' Vizî e delle virtudi/Capitolo XX

De la buona cena.

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Mostrato la Filosofia perch’era la Fede mal vestita e stava cotale aviluppata, e come era la più ricca reina del mondo e aveva più ricchi fedeli, disse: - Anche dicesti, figliuole, che ne diede povera cena; e io ti dico che ne diè cena buona, e chente s’usa di dare agli amici; e dirotti in che modo. - Tutte le cene che si fanno o son buone o son rie o son perfette. Buona è detta quella cena che per necessità del corpo si piglia; rea è detta quella cena che si piglia a vanagloria o per compiere i desiderî della gola; perfetta è detta quella cena quando si pasce l’anima della letizia spirituale. E di queste tre cene ti voglio alcuna cosa dicere. - Dico che quella è detta buona cena, che per necessità del corpo si piglia solamente: ché, con ciò sia che li omori del corpo si consumino e disecchino tuttavia per lo calore naturale, sí fa bisogno di pigliar tanto cibo che ristori quelli omori desiccati; perché se l’omore perduto non si ristorasse, tostamente il corpo diseccherebbe e morrebbe. E questa cena, avegna che per bisogno si pigli, non dee esser grande, acciò che si mangi di soperchio; anzi dee esser piccola e temperata, perché quello omor desiccato per poco cibo si ristora: onde dice Boezio: "La natura di poche cose si chiama contenta; e se le darai il soperchio, o fara’le male o avrallo a dispetto". E non dee esser questa cena nascosa, né a ricchi, ma a poveri fatta e apparecchiata: onde dice santo Luca nel Vangelio: "Quando farai convito, non apellerai li amici o’ parenti o’ vicini o’ ricchi, perché riconvitino te poscia e rendanti vicenda; ma chiamerai li poveri o l’infermi o li ciechi o gli attratti; e sarai beati, perché no hanno onde ti possano ristorare: però serai guiderdonato nel guiderdonamento de’ giusti". E la Fede, se ben ti ricorda, ne diede cena di questa forma, perché v’ebbe da cena quanto fue bastevole a coloro che vi cenaro; e fue il cibo sano per lo corpo e saporito per la bocca; e del rilievo della sua mensa si consolaro tanti poveri, che non credo che giamai de le cento parti l’una ne vedessi.