Libro de' Vizî e delle virtudi/Capitolo I
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Ponsi in prima il lamento del fattore dell'opera onde questo libro nasce.
Capitolo II | ► |
Considerando a una stagione lo stato mio, e la mia ventura fra me medesimo esaminando, veggendomi subitamente caduto di buon luogo in malvagio stato, seguitando il lamento che fece Iobo nelle sue tribulazioni, cominciai a maladire l’ora e ’l dí ch’io nacqui e venni in questa misera vita, e il cibo che in questo mondo m’avea nutricato e conservato. E piangendo e luttando con guai e sospiri, li quali veniano della profondità del mio petto, contra Dio fra me medesimo dissi: " Idio onnipotente, perché mi facesti tu venire in questo misero mondo, acciò ch’io patisse cotanti dolori, e portasse cotante fatiche, e sostenesse cotante pene? Perché non mi uccidesti nel ventre della madre mia, o, incontanente ch’io nacqui, non mi desti la morte? Facestilo tu per dare di me esemplo alle genti, che neuna miseria d’uomo potesse nel mondo piú montare? Se cotesto fu di tuo piacimento, avessimi fatto questa misericordia, che de’ beni de la Ventura non m’avessi fatto provare, e avessimi posto in piú oscuro e salvatico luogo, e piú rimosso da genti, sicché di me non fossero fatte tante beffe e scherne, le quali raddoppiano in molti modi le mie pene! "