Liber de doctrina loquendi et tacendi/Introduzione
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Traduzione dal latino di Andrea da Grosseto (1268)
Come homo debbia domare la lingua sua
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A lo `ncominçamento e al meço et a la fine del mio trattato sia presente la graçia del Santo Spirito.
Imperciò che molti errano nel parlare e non è nessuno che compiutamente possa domare la lingua sua, secondo che dice beato Iacopo, el qual disse:
"La natura de le bestie e d’i serpenti e dell’ucelli e di tutte l’altre cose sono domate dalla natura dell’uomo; ma non è alcuno che possa domare la lingua sua".
Io, Albertano, ò volontà di mostrarti una picciola dottrina e utile sopra `l dire e sopra `l tacere ad te figliuolo mio, Stefano, la qual si contiene in un verso; ed è questo lo verso: chi tu se’ e che cosa e a cui tu vuo’ dire, perché e come e quando tu richiedi.
Ma, imperciò che le parole che contengono in questo verso son gravi e generali, e la generalità rende oscurità, le dette parole, secondo `l senno e `l savere mio, ò proponimento di mostrare, avegna che non compiutamente.
Tu addunque, figliuolo carissimo, quando tu ài volontà di parlare, da te medesimo déi inchominciare, a simigliança del gallo, lo qual si percuote tre volte innançi ch’ei canti.
Addunque, nel cominçamento del detto tuo, innançi che tu parli, richiede te medesmo e tutte le parole che son poste in questo verso: cioè richiede te medesmo e da te medesmo;
et non una fiata ma molte déi adomandare te medesmo, perciò che questa parola [re] importa ricominciamento, e è a ddire richiede, cioè "ricominça a domandare", secondo che contasse danari, coè "un’altra fiata conta".