Liber de doctrina loquendi et tacendi/Capitolo VI
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Traduzione dal latino di Andrea da Grosseto (1268)
Quando la paraula inporta tempo
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Rimane a `nsegnarti che tu déi intendere per questa paraula quando. Et de’ sapere che quando importa tempo.
Et perciò diligentemente déi guardare lo tempo et l’ordine del tuo parlare.
Unde disse Gesù Sirac: "Lo savio homo strà cheto fine a bbuono pesso, ma l’omo lascivio, cioè vago et matto, non cura di tempo".
Considera dumqua lo tempo di parlare, acciò che si seguiti la paraula di Salamone che disse: "Lo tempo di parlare et di tacere è grande temperamento di parlare".
Abbi dumqua in te silentio, cioè chietessa, fineattanto che t’è mistieri di parlare.
Et non solamente déi osservare silentio tu, ma etiamdio déi aspectare lo silentio d’un altro.
Dumqua aspecta tempo di parlare fineattanto che tu vedi che tu sii udito.
Perciò che disse Gesù Sirac che colà u’ non è altri udito, non è da fare sermone et increscevile non ti tenere buono di tuo savere, che increscevile è la paraula tua quando tu non se’ udito.
Et se’ chome quelli che suona la viola infra coloro che piangeno, et cului che parla ad coloro che non l’odeno, et come cului che parla ad cului che dorme.
Et non solamente déi considerare tempo quando tu parli altrui, ma etiamdio quando tu rispondi altrui.
Unde si trova scripto: "Non t’affrettare di rispondere fine ad tanto che quelli che dice non à compiuto di dire".
Unde dice Salamone che quelli che risponde innansi ch’elli ogia si mostra d’essere stolto et d’essere degno di confusione.
Et simigliantemente quelli che parla inanti ch’elli appari affrettasi d’essere tenuto ad vile et d’essere schernito.
Unde disse Gesù Sirac: "Innansi che tu giudichi guarda a la giustitia, et innansi che tu parli inpara".
Déi dumqua richiedere lo tempo et l’ordine in tutte le cose et in tutto `l parlar tuo, sì che quello che tu déi dire innansi che tu lo dichi innansi et non dire possa, et quello che tu déi dire dipossa dichil dipossa et non innansi, et quello di meçço, in meçço,
perciò che se tu déi predicare, déi innansi dire la storia, cioè quello che si intende per la storia, e puoi l’alegoria, cioè quello che ssi intende [per l'alegoria], et poi la tropologia.
Et se tu vollessi parlare per pistola, cioè per alcuna lettera che tu mandassi, in prima déi ponere la salutatione, et poi l’esordio, cioè alcuna similitudine, et poi la narratione, cioè quello che tu mandrai a ddire, et poi la petitione, cioè se tu vuoi addimandare alcuna cosa, et poi la conclusione, cioè imponere fine al detto tuo.
Et se tu vollessi parlare in parlamento uvero in imbasciate, in prima, secondo `l tempo et secondo `l luogo, déi dire la salutatione, et poi déi lodare coloro ad cui tu porti l’ambasciata, et poi lodare li compagni tuoi,
poi de’ dire et narrare quello che t’è posto in imbasciata, et poi déi pregare che l’ambasciata tua sia menata ad compimento,
et poi déi dire lo modo secondo `l quale quel che tu addimandi si può fare, et déi ponere exempli de le cose simigliante, et poi assegnare sufficiente ragione ad tutte queste cose.
Et questo farai ad simigliansa dell’angelo Gabriel, quando elli fu mandato da dDio a la beata vergine Maria, lo quale in prima puose la salutatione quando elli disse: "Ave, Maria, cioè benedetta si’ tu Maria;
et possa la lodò et disse: "Gratia plena", cioè piena d’ogna gratia; "Dommeneddio è con teco et benedetto `l fructo del ventre tuo"; et la confortò et disse: "Non temere Maria che trovato ài gratia appo Dio".
Et vede che puose innansi la confortatione che la narratione, perciò che la beata vergine Maria ne l’advenimento et in del salutare dell’angelo ebbe come paura.
Et quarto puose l’anuntiatione et disse: "Tu diventerai gravida et averai figliuolo".
Et quinto puose la `spressione del modo: "Lo Spirito Santo verrà in te et la virtù de l’Altissimo dimorrà in te".
Et sexto puose l’exemplo et disse: "Elisabeth, tua cognata, ebbe figliuolo in sua vecchiessa"; e settimo assegnò sufficiente causa et ragione ad tutte queste cose e disse: "Perciò che non è inpossibile appo Dio ogna paraula".
Et se tu vorrai trattare di legge u di dicretali, in prima porrai la lettera et poi lo caso, et possa la spositione de la lettera, et poi gli exempli de le concordanse, et possa le contrarietà, et poi le solutione; et così di ciascheuna scientia secondo che si conviene.
Et questi poghi exempli ti vastino ad sapere questa paraula quando.
Et tu medesmo, co’ lo `ngegno et col savere che Dio t’à prestato, ti sforsa di trovare et d’agiungere sopra ciaschuna paraula di questo verso, che, secondo che sopra l’abecedario tutte le scientie si volveno, così sopra questo verso si può riferire et conpensare ciò che si dice et che si fa.
Vastiti dumqua questa doctrina sopra lo parlare et sopra lo tacere, la quale è compresa in questo verso et ad te et a li frati tuoi che sono litterati, perciò che la vita dei litterati è pió in del dire che in del fare.
Unde disse Seneca: "All’omo litterato non si conviene avere molte faccende et operare molte forse".
Et se tu vuoi avere doctrina et admaiestramento del fare come tu ài avuto del parlare, tragge di questo verso questa paraula dire et in suo luogo pone questa paraula fare, et di’ così: "Chi tu se’ et che cosa et ad cui tu vuoi fare, perchè et come et quando déi addimandare".
Et così ciò che io t’ò detto potrai adconciare ad questo verso, et molto pio.
Et perciò ti prego che in de le paraule ch’i’ t’ò dette, ti debbi exercitare et affatigare et studiare sopr’esse;
perciò che lo studio adiuta lo `ngegno et vince spesse fiate la natura, et l’uso valica ogna comandamento di maiestro, et così serai ardito maiestro di parlare et di tacere et di fare.
Et prega Dio che m’à dato gratia di poterti dir queste paraule, che ne conduca a l’allegresse di vita eterna. Amen.
Qui è compiuto lo libro de la doctrina del parlare et del tacere, fatto d’Albertano giudice et advocato di legge de la cità di Brescia de la contrada di Santa Agatha, translatato et volgarizzato da Andrea da Grosseto in de la cità di Parigio.