Capitolo V

Del modo del parlare et del pronuntiare

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Albertano da Brescia - Liber de doctrina loquendi et tacendi (XIII secolo)
Traduzione dal latino di Andrea da Grosseto (1268)
Capitolo V

Del modo del parlare et del pronuntiare
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Et voglioti insegnare da qui innanti che tu déi intendere per questa paraula come, et così averai ad te tutte et quattro le cagione che si possano trovare in ciascheuna cosa.

Et dicoti che questa paraula come significa modo.

Dumqua tu déi guardare lo modo de lo parlare tuo, perciò che, secondo che in de le cose è da osservare modo, del quale è usato a ddire: lo modo è in tutte le cose et infine son tutti certi, oltra li quali né infra i quali non è neuna cosa diritta, così in dei detti, se tu non ài modo, non potrai dire cosa che buona sia.

Unde disse Cassiodero: "Lo modo è da lodare in ogna luogo".

Sia dumqua el modo et lo tuo parlare in cinque cose, cioè in del pronuntiare, cioè in de la bellessa de le paraule, et sia in de la rattessa, uvero in de la frettessa, et sia in de la tardessa et in de la quantità et in de la qualità.

Veggiamo dumqua che è a ddire pronuntiatione: et dico che pronuntiatione è manifestamento dell’animo con paraule, secondo che si conviene a le cose de le quale tu parli et che deletti coloro che ogiono,

secondo che disse Marco Tullio che `l parlare non troppo savio, se elli è acconciamente fatto, è molto lodato, et advegna che ella sia bella et pulita, se elli è fatto disconciamente è dispregiato et fattone beffe.

Dumqua in del pronuntiamento tuo déi observare et avere temperansa di voce et di spirito, et in del movimento del corpo et de la lingua;

déi molto considerare et discacciare da te tutti vitii de la bocca, se ve n’ài, acciò che le paraule tue non siano infiate, né gorgottate in de la gola et non sia la voce tua smancevile, né advoluppata infra li denti, né non sia fatta con grandi aperimenti di labri e discoprimento di denti, ma sia expressa aigualmente et lievemente et chiaramente detta,

sì che ciascheuna lettera e ciascheuna paraula sia detta col suo suono, sansa ogna clamore et grido, acciò che per le molte grande grida et distendimento di collo non sia inpedito lo tuo parlare.

Ancho déi considerare in del parlar tuo, cioè in dell’arringamento che ti convennisse fare alcuna fiata in consiglio u dinanti ad gran signore, lo luogo et la cosa et la cagione e `l tempo:

perciò che altre paraule sono che si déno dire con simplicità, et tale si convegnano affermare per detto di savio homo, et tai si convegnano dire con indignatione et ira, et tai che si convegnano dire con humilità; et così lo detto tuo sempre dé rispondere a la cagion sua.

Et déi tenere la faccia e la testa tua diritta et piacevile, non torcendoti in de le latora, non espiciando la bocca, non tenendo lo volto rivolto, non volvendo gli occhi ad terra et ad cielo, né col capo chinato, né levando le ciglia ad alto, perciò che neuna cosa che non si conviene non può piacere.

Unde disse Tullio che capo d’arte è fare quello che si conviene.

Anco leccare li labbri u morderli non è bella cosa a quelli che vuole piacere in del parlare.

Et quando tu ài a ddir gran cose, déile dire grandemente et vigorosamente.

Et quando ài a ddire picciule cose, déile dire pianamente et agevilemente, secondo che si conviene; perciò che in de le picciule cose non è a ddire neuna cosa troppo grande né troppo maravigliosa,

ma in de le gran cose, secondo che quando l’omo parla di dDio et de la salute de gli omini, déi parlare con grande meraviglie, con grande magnificentia et con grande potentia;

et in de le cose temperate, secondo che quando l’omo parla solamente acciò che deletti gli oditori, déi parlare meççanamente.

Et alcuna fiata che l’omo parla di gran cose, e’ non si conviene di parlare troppo grandissimamente.

Et perciò se t’avenisse che tu dovessi lodare alcuna persona u vitoperare, temperatamente il fa.

Perciò che Seneca disse in De la forma de l’onesta vita: "Loda pogo et vitopera meno".

Et è altressì da riprendere lo troppo lodare come `l troppo biasmare, perciò che `l troppo lodare si pertiene a llusinghe e lo troppo vitoperare si pertiene ad malvagità.

Et non déi lodare neuna persona in sua presentia, unde si trova scripto che lodare né fare danno altrui déi in sua presentia.

Ancho déi considerare et aver modo di parlare avaccio et lento secondo che si conviene, et altramente in del parlare che in fare l’altre cose, perciò che non déi essere veloce in del parlare, cioè frettuloso et frummioso et ansi lento secondo `l modo convenevile.

Unde dice beato Jacobo in de la Pistola sua: "Veloce ad udire et tardo ad parlare et tardo ad ira".

Unde dimorare et pensare in de le cose non è male.

Unde è usato di dire: "Ogna dimoransa è tenuta inn-odio, ma fa l’omo savio".

Et ancho in dei consigli déi avere tardessa et non fretta.

Unde si trova scripto che dei consigli quello che molto si ragiona et si pensa è pió diritto, perciò che chi dà u riceve a ffretta, bisogno è che possa se ne penta.

Et ancho si dice: "Tre cose sono contrarie al consiglio: fretta, ira et cupidità, cioè desiderio di guadagnare".

Ma quando tu vuoi fare la cosa, et poi che tu averai sopra deliberato et pensato, spigliatamente déi fare.

Unde disse Seneca in de le Pistole: "Meno di’ et fa pió et per lungo tempo pensa et fa tostamente", perciò che la tostessa fa la cosa gratiosa.

Et Salamone disse: "L’omo ch’è veloce et spigliato in tutte le suoie opere starà dinansi dai re et none starà co’ li villani".

Et tutta fiata ti guarda che tu non sii sì veloce che quello che tu déi fare se ne possa inpedire.

Ancho déi guardare che `l tuo parlare non sia molto in quantità, perciò che molto parlare non è sensa peccato.

Et Salamone disse in de lo Ecclesiastico che dipo’ molti pensieri si seguita senno et dipo’ molto parlare si trova stoltessa.

Et Seneca disse: "Neuna cosa è che tanto pro et utilità faccia altrui come `l pogo parlare".

Et Socrate disse: "Tu potrai ad tutta gente piacere se tu farai buone cose et parlerai pogo".

Ancho déi avere modo in de la qualità del parlare, cioè in bene dire.

Unde si trova scripto che principio de la amistà è bene parlare, et male parlare è nascimento di nimistà.

Et déi dire paraule allegre et honeste et lucide et comunale et savie con piana bocca et cheto volto, non con riso, né con grida.

Unde disse Salamone che paraule composte, cioè savie et ben dette, son fiadoni di mele et dolcessa d’animo et sanità dell’ossa.

Et questo ti vasti sopra questa paraula come.