Li comprimenti
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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834
LI COMPRIMENTI.
Fuss’io, me saperebbe1 tanto duro
De fà li comprimenti che ssentìssimo2
Tra er Maggiordomo3 e ll’Uditor Zantissimo,4
Che gguasi sce darìa5 la testa ar muro.
“Entri, se servi,6 favorischi puro,7
Come sta?... ggrazzie: e llei? obbrigatissimo,
A li commanni sui, serv’ umilissimo,
Nun z’incommodi, ggià, ccerto, sicuro....„
Ciarle de moda: pulizzie de Corte:
Smorfie de furbi: sscene de Palazzo:
Carezze e amore de chi ss’odia a mmorte.
Perchè cco’ Ddio, che, o nnero, o ppavonazzo,
O rrosso, o bbianco, j’è ttutt’una sorte,8
Sti comprimenti nun ze fanno un c....?9
19 dicembre 1834.
Note
- ↑ [Se fossi io], mi saprebbe.
- ↑ Sentimmo.
- ↑ [Del Papa, si sottintende.]
- ↑ [La storia delle facoltà che ebbe ne’ vari tempi questa specie di giudice, intimo del Papa, può vedersi nel Dizionario del Moroni; dal quale, tra le altre cose, si rileva che fino a Leone XII l’Uditore poteva nientemento cassare, in nome del Papa, tutti i giudizi degli altri tribunali, e che dava sempre udienza in piedi, vicino a una sedia, dove si supponeva seduto il Santo Padre. L’epiteto poi di Santissimo, datogli quasi da tutti, derivò da quella preseunzione, così comune in Roma anche nella classi non plebee, di tradurre il latino, senza conoscere neppure le declinazioni; poichè in origine il suo verso appellativo era Auditor Sanctissimi.]
- ↑ Ci darei.
- ↑ Si serva.
- ↑ Favorisca pure.
- ↑ Gli è tutt’uno.
- ↑ Non si fanno affatto?