Lettere al padre/1633/119

Lettera 119

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1633 - 118 1633 - 120

A Siena

San Matteo, 18 novembre 1633

Amatissimo Signor Padre.

Ho ricevuta la sua gratissima insieme con li quattro biricuocoli, quali ho consegnati alla Piera acciò li dispensi alle vicine. Mi son grandemente rallegrata di sentir che V. S. esca fuori della città a pigliar aria, perché so quanto gli sia utile e dilettevole. Piaccia pur a Dio ch’Ella possi venirsene presto a goder la sua casetta, per il fitto della quale ho mandato stamani ai Padroni li scudi 17 e 1/2, perché facevano instanza d’averli, e a V. S. mando la nota delle spese fatte per la medesima casa, dicendole ancora come il fabbro ha reso li 3 barili di vino che ci doveva: è di quello del Navicello ed è buono abbastanza per la servitù; sicché adesso si è riavuto tutto quello che si era dato, e per dir meglio prestato.

La verdea non è ancora in perfezione, ma quando sarà procurerò di averne della esquisita, e quest’uomo ci farà servizio di portarla. Volevo mandargli delle melarance dell’orto, ma dalla mostra che me ne ha portata la Piera ho veduto che non sono tanto fatte. Se la buona sorte faceva che V. S. trovassi almeno una starna o cosa simile, l’avrei avuto carissimo per amor di quella poverella giovane ammalata, la quale non appetisce altro che a qualche selvaggiume: nel plenilunio passato stette tanto male che se li dette l’olio santo, ma adesso è ritornata tanto che si crede ch’arriverà alla nuova luna. Discorre con una vivacità grande, e piglia il cibo con agevolezza purché siano cose gustose. Ier notte stetti da lei tutta la notte, e mentre li davo da mangiare, mi disse: «Non credo già che quando si è in termine di morire si mangi come fo io, con tutto ciò non mi curo di tornare in dietro; ma sia pur fatta la volontà di Dio.» Il quale io prego che a V. S. conceda la sua santa grazia, e la saluto in nome delle solite.

sua figliuola Affezionatissima

S. M. Celeste.