Lettere al padre/1633/112
Questo testo è completo. |
◄ | 1633 - 111 | 1633 - 113 | ► |
A Siena
San Matteo, 8 ottobre 1633
Amatissimo Signor Padre.
Il signor Rondinelli, che rivedete le botticelle di vino bianco, mi disse che ve n’erano tre bonissime come avvisai a V. S., e, interrogato da me della loro tenuta, mi replicò che questo non occorreva ch’io l’avvisassi, perché V. S. poteva a un dipresso saperlo: mi disse bene esservene dell’altre, ma che non si assicurava a dirmi che fossero di tutta bontà: questa settimana poi egli non è potuto venir qua su, onde né anco si è potuto far nuova diligenza; ma ne ho fatta io una che non credo che le spiacerà, ed è questa, che nella nostra volta sono 3 o 4 botti, una di 6, una di 5 e l’altra di quattro barili, le quali ogni anno si sogliono empier di verdea, ma perché quest’anno non se n’è fatta punta, le ho incaparrate per V. S. perché son sicura che son buone, con autorità di mandarle nella sua cantina acciocché quivi si possine empier quando ella manderà il vino e lasciarvelo fino che ella sia in persona a travasarlo a suo modo, o lasciarvelo tutto l’anno, se gli parrà: V. S. per tanto potrà rispondermi il suo pensiero. Il vino da San Miniato non è ancora comparso: di quello prestato se n’è riavuto intanto un barile da questi contadini, e si è messo nella botte ove stette quel guasto; la qual botte si è fatta prima accomodare; quello dell’orto non è ancora svinato: al fabbro il signor Rondinelli, pregato da me, ne passò una parola circa i 3 barili che deve renderne, e che riportò buone promesse.
La ricevuta delle sei forme di cacio non la tacqui nel mio linguaggio che, per esser molto rozzo, V. S. non poteva intenderlo, poiché io ebbi intenzione di comprenderla, o per meglio dire ammetterla, nel ringraziamento che gli dicevo desiderare ch’ella facesse per nostra parte a monsignor Arcivescovo, dal quale V. S. mi scrisse che veniva il regalo. Similmente l’uova bufaline le veddi, ma, sentendo ch’erano porzione di Geppo e di suo padre, gliele lasciai, e non replicai altro.
Ero anco adunque in obbligo di accusarle ricevuta del vino eccellentissimo che ne mandò Monsignore, del quale quasi tutte le monache assaggiarono, e Suor Giulia in particolare ha fatto con esso la sua parte di zuppa.
La ringrazio anco della lettera che mi mandò per il signor Ronconi la quale, dopo d’averla letta con molto mio gusto, fermai e presentai in propria mano ier mattina, e fu ricevuta molto cortesemente.
Ho caro di sentire il suo buono stato di sanità e quiete di mente, e che si trovi in occupazioni tanto proporzionate al gusto suo, quanto è lo scrivere: ma per amor di Dio non siano materie che abbiano a correr la fortuna delle passate, e già scritte.
Desidero di sapere se V. S. goda tuttavia la conversazione di monsignor Arcivescovo, oppur s’egli se n’è andato alle ville, come mi disse Geppo che aveva inteso che doveva seguire; il che mi persuado che a lei saria stata non piccola mortificazione.
Suor Luisa si trattiene in letto fra medici e medicine, ma i dolori sono alquanto mitigati con l’aiuto del Signor Iddio, il quale a V. S. conceda la sua santa grazia. Rendo le salutazioni in nome di tutte, e le dico a Dio.
sua figliuola Affezionatissima
S. Maria Celeste.
La Piera in questo punto mi ha detto che il vino dell’orto sarà un barile e 2 o 3 fiaschi, e che fa disegno di mescolarlo con quello che si è riavuto, perché da per sé è molto debole: quello di San Miniato si aspetta oggi, che così ha detto il servitore del Sig[no]r Niccolò [Cini] fino ierlaltro, ed io adesso l’intendo.