Lettere al padre/1633/100
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A Siena
San Matteo, 24 luglio 1633
Molto Illustre e Amatissimo Signor Padre.
Ho letto la lettera che V. S. scrive al signor Geri con mio particolar gusto e consolazione, per le cose che nel primo capitolo d’essa si contengono. Nel terzo capitolo ancor io m’intrometterò per esser esso attenente al negozio di non so che casetta, la quale ho penetrato che il signor Geri ha gran desiderio che Vincenzio compri, ma con l’aiuto di V. S. Io veramente non vorrei esser prosuntuosa, entrando in quelle cose che non m’appartengono. Nondimeno, perché assai mi preme qualsivoglia minimo interesse di V. S., la pregherei ed esorterei (caso ch’Ella si trovi in stato di poterlo fare) a dar loro non dirò in tutto, ma qualche parte di sodisfazione, non solo per amor di Vincenzio, quanto per mantener il signor Geri in quella buona disposizione che ha inverso di Lei, avendo egli, nelle occasioni che son passate, mostrato grande affetto a V. S., e, per quanto mi pare, procurato di aiutarlo in quel poco ch’ha potuto: sì che, se, senza suo molto scomodo, V. S. potesse darli qualche segno di gratitudine, non lo stimerei se non per ben fatto.
So che da per sé medesima può infinitamente meglio di me disporre e penetrar queste cose, e io forse non so quel che mi dica, ma so bene che dico quello che mi detta un puro affetto inverso di Lei.
Il servitore ch’è stato a Roma con V. S. venne qui ier mattina, esortato a ciò fare da messer Giulio Ninci. Mi parve strano di non veder lettere di V. S. Pur restai appagata della scusa che per lei fece il medesimo uomo, dicendo che V. S. non sapeva ch’egli passasse di qua. Adesso che V. S. è senza servitore, il nostro Geppo non può star alle mosse, e vorrebbe in ogni maniera, se gli fosse concesso il passo, venir da lei, e io l’avrei caro. V. S. potrà dire il suo pensiero, che vedrei di mandarlo con buona accompagnatura, e credo che il signor Geri gli potrebbe far avere il passaporto.
Desidero anco di sapere quanta paglia si deva comprare per la muletta, perché la Piera ha paura che non si muoia di fame, e la biada non è troppo per lei, ch’è bizzarra d’avanzo.
Da poi in qua che gli mandai la nota delle spese fatte per la sua casa, son corse queste che gli mando notate, oltre ai danari che ogni mese ho fatto pagare a Vincenzio Landucci, che di tutti tengo le ricevute, eccetto che di questi ultimi; nel qual tempo, e siccome anco seguì di presente, egli si ritrovava serrato in casa con i due figliuolini per essergli morta la moglie, per quanto si dice, di mal cattivo; che veramente si può dire che sia uscita di stento e andata a riposarsi, la poverella. Egli mandò a domandarmi li 6 scudi per l’amor di Dio, dicendo che si moriva di fame, ed essendo anco compito il mese glieli mandai; e lui promise la ricevuta quando fossi fuor di sospetto, e tanto procurerò che mantenga; se non altro avanti lo sborso di questi altri, caso che V. S. non sia qua da per sé, come dubito mediante questi eccessivi caldi che si fanno sentire.
I limoni dell’orto cadevano tutti, onde quei pochi restati si sono venduti, e delle 2 lire che se ne sono avute ne ho fatto dire tre messe per V. S. secondo la mia intenzione. Scrissi alla signora Ambasciatrice, come S. V. ordinò, e mandai la lettera al signor Geri, ma non ne tengo risposta, onde non so se sarà bene tornar a riscrivergli con dimostrar dubbio se forse o la mia o la sua lettera sian andate a male. E qui, salutando V. S. di tutto cuore, prego Nostro Signore che la conservi.
sua figliuola Affezionatissima
S. M. Celeste.