Lettera 47

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A Roma

San Matteo, 25 maggio 1630

Amatissimo Signor Padre.

Ho preso infinito contento, insieme con Suor Arcangela, di sentire che V. S. sta bene, il che più mi preme che altra cosa del mondo. Io sto ragionevolmente, ma non interamente bene, poiché ancora sono in purga mediante la mia oppilazione; e per questo e per le molte faccende che abbiamo in bottega in questo tempo non ho prima scritto a V. S. e alla signora Ambasciatrice. Mi perdoni la negligenza, e veda se l’inclusa sia a proposito; se no, ne aspetto la correzione. Suor Arcangela e tutte le altre stanno bene, eccetto Suor Violante che se ne sta con il suo solito flusso di corpo.

La madre Badessa saluta V. S. e le tien ricordato quanto in voce le disse: cioè che, se per sorte se li porgesse qualche occasione di procurar qualche elemosina per il nostro Monastero, faccia questa carità, d’affaticarsi per amor di Dio e nostro sollevamento; e io di più aggiungo che veramente par cosa stravagante il domandare persone così lontane, le quali, quando abbiano a far benefizio ad alcuno, lo vorranno fare ai loro vicini e compatrioti. Nondimeno io so cne V. S. sa, aggiustando il tempo, trovar delle occasioni da poter ottener l’intento suo; e perciò gli raccomando caldamente questo negozio, perché veramente siamo in estrema necessità, e se non fossi l’aiuto che aviamo di qualche elemosina, andremmo a risico di morirci di fame; ma sia pur sempre lodato il Signore, che con tutta la nostra povertà, non permette che patiamo d’altro che d’afflizione d’animo, per veder la nostra madre Badessa continuamente afflitta per questa causa; e io particolarmente molto gli compatisco, e vorrei poterla aiutare, portandoli affezione più che ordinaria. Le ricordo ancora le reliquie che gli domandai, e per non tediarla finisco salutandola, insieme con tutte affettuosamente. E prego nostro Signore che la conservi.

figliuola Affezionatissima

S. Maria Celeste.