Lettere (Sarpi)/Vol. II/150
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CL. — Al nominato Rossi.1
Per questo corriere ho ricevuto due di V.S.; una delli 14, altra delli 12. La seconda, inviata al Castelvetro, è capitata sicura: contuttociò quella via, per degnissimi rispetti, non è da continuare; perchè, quantunque la persona sia d’ottima mente, nondimeno altrettanto mancamento ha nella prudenza, ed è osservata dall’Inquisizione, essendo anche stato per lo passato abiurato e circondato da spie.2 Prego V.S. affettuosamente, che mi faccia grazia di non mi scrivere se non per i plichi pubblici, e mi creda certo ch’io ho grandissimo rispetto di pregarla di ciò, desiderando che le mie preghiere sieno tanto efficaci appresso V.S., quanto sono affettuose e necessarie.
Nel tempo che m’arrivò il plico, si trovò qui a visitarmi un servitore del signor di Polignac, al quale diedi il plico direttivo a quel signore, quale egli medesimo porterà a Padova.
Ho veduto gli Epigrammi fatti sopra la combustione del misero Fra Fulgenzio, molto arguti e spiritosi; ma solo v’è da avvertire sopra, che il detto Fra Fulgenzio non ha scritto a favore della causa della Repubblica, come si presuppone, ma solamente predicato nella città di Venezia più ancora contro i costumi della corte romana, che in difesa delle azioni venete.
La relazione del Castrino sopra le cose di Francia, è una prudentissima osservazione delle cose presenti, con un fondatissimo giudizio delle future. Mi pare d’avere innanzi gli occhi le cose dell’uno e l’altro tempo, e vedermele presenti. Senza dubbio, così sarà.
Credo che sarà perdita grande alla Francia quando il presidente Harlay3 lascerà quel carico, amministrato da lui con tanta prudenza, fedeltà verso il re e carità verso il regno. Dio faccia ch’egli abbia successore, se non uguale, almeno simile. Se fosse il signor presidente Thou, la perdita sarebbe assai ricompensata; ma quando fosse Leghier, sarebbe bene il rovescio della medaglia, e una perdita, sebben minore, comparabile però con la morte del re.
Non intendo quello che scrive Castrino del Thou, nominando numerum librorum, perchè di ciò non ne ho informazione alcuna: bene intenderei volentieri che cosa fosse. La deliberazione di Casaubono di passar in Inghilterra, è manco male che l’altra già messa in consultazione; sebbene è da dispiacere che abbandoni cotesto regno.
Dio faccia che l’assemblea degli ecclesiastici partorisca bene: di che dubito, come cosa insolita. Gran punto è il dimandare una religione, essendo cosa che, trattata senza gran prudenza, potrebbe causare una guerra civile. Il levare l’appellazione tamquam ab abusu che domandano, non può nascere se non da poca cognizione; e non so se io debba compararli al fanciullo che domanda alla madre uno scorpione per giuocare con quello, non avendo cognizione del veleno. Di ragione dimanderanno anco il Concilio di Trento. Io prego V.S. che di queste cose, come anche della causa di precedenza tra il Parlamento e ’l vescovo, e della lite dei Gesuiti con i monaci di San Germano, si degni alla giornata, quando sia senza suo incomodo, dirmene i successi.
L’annotazione del signor Giustello sopra il Codice della Chiesa universale,4 la vado gustando, e ci trovo scelte fatte con esquisito giudizio. Quando le avrò finite tutte, scriverò il mio parere a quel signore, e manderò la lettera a V.S.
Il libro degli opuscoli dello Scaligero,5 V.S. avrà comodo di mandarmelo pel signor ambasciadore Nani, che verrà costì presto; ovvero pel signor Agostino Dolce, segretario di quell’ambasceria; ovvero anco pel segretario dell’eccellentissimo Foscarini, se verrà in qua, il quale è persona molto sensata e d’acutissimo spirito; e quanto alla Religione, è persona media e discreta. Desidero che lo vegga, e parli con esso lui con confidenza delle cose del mondo; attesochè l’esser egli informato può essere causa di bene al regno ed al pubblico, per continuare segreta intelligenza e confidenza. Ed acciò ne abbia occasione, egli le porterà una mia lettera. A lui ho consegnata l’instruzione pel signore di Thou: resta ch’egli faccia come scrissi per la lettera interpretata da... Poco buona speranza si può avere di Condé, essendo hostium artibus infectus. Dio faccia che tutto riesca a sua gloria.
- Venezia, 31 agosto 1610.
Note
- ↑ Dalla Raccolta edita in Capolago ec., pag. 225.
- ↑ Non può qui parlarsi del celebre Lodovico, il quale era morto sino dal 1571. È curiosa tuttavolta la ripetizione del nome, con quella di certe notabili circostanze: il che non può non ricordarci che il Castelvetro ebbe un fratello (Gian Maria) e forse nipoti, esuli al pari e insieme con lui, e propendenti alla religione riformata.
- ↑ Achille di Harlay I giacchè non bisogna confonderlo con altri suoi omonimi, uno de’ quali fu anch’egli primo presidente del Parlamento. La sua rinunzia pare che fosse motivata dall’età, avendo egli allora presso a 75 anni. Gii elogi che ne fa il Sarpi concordano pienamente con quelli che gli sono prodigati dai biografi, sì per la sua integrità, come pel civile coraggio.
- ↑ Cristoforo Giustel, autore di un’opera intitolata: Codice dei Canoni della chiesa universale.
- ↑ Giuseppe Scaligero, figlio di Giulio Cesare, e che l’anno innanzi era mancato di vita in Leida.