Lettere (Sarpi)/Vol. I/112
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CXII. — A Francesco Priuli.1
Non è meraviglia che li corrieri tardino in questa stagione: piuttosto è da meravigliarsi come mai arrivino, atteso la qualità de’ tempi; i quali poichè sono sinistri sopra l’ordinario, è credibile che rallenteranno anche innanzi stagione, e lasceranno principiar presto le fazioni. La dieta di Halla, che si doveva fare al novembre passato, è stata differita sino al gennaro futuro; ed in questo mentre il principe di Anhalt è destinato in Francia a quel re; per dove2 si dice che già sii incamminato. Questo arguisce che la trattazione per mezzo dell’ambasciatore non sii stata con piena o con desiderata conclusione; ma quando la nave getta la maggior àncora, si mostra confidar poco della salute, e di poter fermarsi nel fondo dove non hanno potuto con le altre. Quel re, come principe savio ed esperto, conosce gl’inconventi della guerra, ed ama piuttosto esser arbitro delle cose in pace; cosa che riuscitagli prima in Italia, poi ne’ Paesi Bassi, può presuporre dovergli riuscire anco in Germania.
Di Roma, la corte stava in grande aspettativa dei cardinali; ma il pontefice, che fino al presente non ha mai fatto promozione ne’ témpori, forse non vuole che questa sii la prima. Se il vescovo di Padova fosse creato,3 il tempo serve che la nuova fosse venuta ormai. Le cose con la Repubblica passano in ottima concordia.
Mercordì fu sentenziato a morte pubblica un prete, di nazione Marchiano, curato di una villa vicina alle Gambarare, per furti violenti fatti in case ed alle strade. L’esecuzione si farà domani. Se di questo non si dirà altro a Roma, io crederò bene, senz’averne più dubbio, che non potrà nascere occasione di disgusto. Se vorranno dir qualche cosa, avranno, oltre la loro pretensione generale, da dire sopra il far morire in pubblico, e sopra il non aver usato la degradazione. La prima è circostanza da non mettere in considerazione; la seconda, per l’opinione dei dottori, non conviene in questa atrocità di scelleratezze, e si difenderà l’azione con ottime ragioni. Non credo che alcuno qui vi pensi per ancora; ma io, che sospetto di ogni cosa, vado pensando in me stesso tutto quello che possano dire. Furono retenti per queste stesse cause altri preti indiziati come complici; li quali, trovati innocenti, sono stati rilasciati. Ma al nunzio, che mandò alli signori Capi4 a dimandarli, offerendosi di giudicarli egli, fu data dal cavaliere Almorò Zane una così rigida risposta, che gli dà occasione di non mandar mai più.
Ho veduto il manifesto che V.E. manda al cavalier Molino, fatto dalli due principi in Dusseldorf; e perchè le cose sono comuni, debbo essere a parte a ringraziarlo. Con che facendo fine, le bacio riverentemente la mano.
- Venezia, 18 dicembre 1609.
Note
- ↑ Stampata come sopra, pag. 139.
- ↑ L’edizione di Verona ha “dover„ e il nostro Ms. “dovere;„ onde pare che l’errore sia nato da qualche scorso di penna che trovisi realmente nell’autografo.
- ↑ La suddetta edizione ha “certo;„ e così leggiamo ancora nella nostra copia a mano; dove però fu scritto tra le righe “creato.„ Fors’anche, dov’è detto qui appresso “il tempo serve,„ dovrebbe leggersi “il tempo sarebbe.„
- ↑ I capi del Consiglio de’ Dieci. Vedasi al principio della Lettera CXVI.