Lettere (Machiavelli)/Lettera XXVI a Francesco Vettori
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Al molto mio magnifico Francesco Vettori.
Honorando Francesco mio. Poi che la triegua fu fatta a Roma, et che si vidde come la non era voluta da questi imperiali osservare, messer Francesco scrisse a Roma come egli era necessario pigliare uno de' tre partiti; o ritornare alla guerra con tali termini, che tutto il mondo intendesse che mai più si haveva a ragionare di pace, acciò che Francia, Viniziani et ognuno, senza rispetto o sospetto, facesse suo debito, dove mostrò essere ancora molti rimedii, volendo maxime il papa aiutarsi; o vero, quando questo non piacesse, pigliare il secondo, che sarebbe al tutto contrario a questo primo, di tirare drieto a questa pace con ogni diligenzia, et mettere il capo in grembo a questo viceré, et lasciarsi per questa via governare alla Fortuna; o veramente, stracco nell'uno di questi partiti, et invilito nell'altro, pigliare un terzo partito, quale non importa, et non accade dire hora. Ha questo dì messer Francesco risposta da Roma, come il papa è volto a pigliare quel secondo partito, di gittarsi tutto in grembo al viceré et alla pace; il quale se riuscirà, sarà per hora la salute nostra; quando non riesca, ci farà in tutto abbandonare da ognuno. Se gli è per riuscire o no, voi lo potete giudicare come noi; ma solo vi dico questo: che messer Francesco ha fatto in ogni evento questa deliberazione, di aiutare le cose di Romagna, mentre che vede a 16 soldi per lira che le si possino difendere; ma, come le vedrà indefensibili, senza rispetto alcuno abbandonarle; et con quelle forze italiane che si troverrà, et con quelli danari che gli saranno rimasi, venirne a cotesta volta per salvare in qualunque modo Firenze et lo stato suo. Et state di buona voglia, che si difenderà in ogni modo.
Questo esercito imperiale è gagliardo et grande; nondimeno, se non riscontra chi si abbandoni, e' non piglierebbe un forno. Ma è ben pericolo che per fiacchezza non cominci una terra a girarli sotto, et come cominci una, tutte le altre vadino in fumo; il che è nel numero di quelle cose che fanno pericolosa la difesa di questa provincia. Nondimanco, quando la si perdesse, voi, se non vi abbandonate, vi potrete salvare; et difendendo Pisa, Pistoia, Prato et Firenze, harete con loro uno accordo, che se sarà grave, non fia al tutto mortale. Et perché quella deliberazione del papa è per ancora segreta rispetto a questi collegati, et per ogni altro rispetto, vi priego non communichiate questa lettera. Valete.
Addì 5 d'Aprile 1527.