Lettere (Machiavelli)/Lettera XXI a Francesco Vettori

Lettera a Francesco Vettori

../Lettera XX a Francesco Vettori ../Lettera XXII a Francesco Vettori IncludiIntestazione 18 settembre 2008 75% lettere

Lettera a Francesco Vettori
Lettera XX a Francesco Vettori Lettera XXII a Francesco Vettori

A Francesco Vettori oratore a Roma. Niccolò Machiavelli addì 10 di dicembre 1514 more florentino..

Voi mi domandate qual partito potesse pigliare la Santità di Nostro Signore, volendo mantenere la Chiesa nella reputatione che l'ha trovata, quando Francia con l'adherenza di Inghilterra et Venitiani volesse in ogni modo recuperare lo stato di Milano, et dall'altro canto e Svizzeri, Spagna et imperatore fossero uniti a difenderlo. Questa è in effetto la più inportante domanda vostra: perché tutte l'altre dependono da questa, et di necessità è, declararle volendo, declarare questa bene. Io non credo sia stato venti anni fa il più grave articolo di questo, né so cosa delle passate sì difficile ad intendere, sì dubbia ad iudicare, et sì pericolosa a risolvere et seguire: pure, sendo forzato da voi, io entrerrò in questa materia, disputandola fedelmente almeno, se non suffitientemente.

Quando un principe vuole conoscere quale fortuna debbino havere dua che conbattino insieme, conviene prima misuri le forze et la virtù dell'uno et dell'altro. Le forze, in questa parte di Francia et di Inghilterra, sono quelle preparationi che si dicono fanno quelli re per questo accquisto, come è assaltare i Svizzeri in Borgogna con ventimila persone, assaltare Milano con maggior numero, et con vie maggiore numero assaltare la Navarra per tumultuare et variare gli stati di Spagna, fare una grossa armata in mare et assaltare Genova o il regno, o dove altrove venga loro bene. Et queste preparationi che io dico, sono possibili a questi duoi re, et a volere vincere necessarie; et però io le presuppongo vere. Et benché e' sia nell'ultimo quesito vostro, et si potesse pensare che Inghilterra si spiccasse da Francia, dispiacendogli la sua grandezza in Italia, io voglio questa parte disputarla hora, perché quando si spiccasse Inghilterra da lui, sarebbe fornita ogni quistione. Io credo che la cagione perché Inghilterra si impiastrasse con Francia, fosse per vendicarsi contro a Spagna delle ingiurie fatteli nella guerra di Francia; el quale sdegno è suto ragionevole, né veggo cosa che così presto possa cancellare questo, et spegnere l'amore della affinità contracta intra quelli duoi re: né mi muove l'antica inimicitia delli Inglesi et Franzesi, che muove molti, perché i popoli vogliono quello che i re, et non i re quello che i popoli. Quanto a darli briga la potenza di Francia in Italia, converrebbe questo dovesse nascere, o per invidia o per timore: la invidia potrebbe essere quando anco Inghilterra non havesse dove honorarse, et havesse da rimanere otioso; ma potendo anco egli farsi glorioso in Spagna, la cagione della invidia cessa. Quanto al timore, havete ad intendere che molte volte si accquista stato, et non forze, et se considererete bene, vedrete come al re di Francia nello accquistare terre in Italia, quanto ad Inghilterra, è uno accquistare stato et non forze; perché con tanto exercito potrà egli assaltare quella isola senza stati in Italia, quanto con essi; et quanto alle diversioni per havere Milano, ne ha Francia a temere più, havendo uno stato infido, et non sendo spenti li Svizzeri da muoverli con danari contro di lui, i quali trovandosi offesi da quello, gli sarebbono inimici daddovero, et non come l'altra volta. Et perché e' potrebbe anco essere che, accquistando Francia Milano, Inghilterra mutasse lo stato di Castiglia, potrebbe Inghilterra con lo accquisto suo offendere più Francia, che Francia con lo accquisto di Milano lui, per le ragioni dette. Pertanto io non veggo perché Inghilterra in questo primo impeto della guerra si habbi a spiccare da Francia, et però affermo quelle unioni et preparationi di forze di sopra scritte essere necessarie et possibili. Restaci e Venitiani, che sono di quello momento alle cose di questi duoi re, che sono le forze di Milano a quella altra banda, le quali giudico poche et deboli, et da poter essere ritenute dalla metà delle genti che si truovano in Lombardia. Considerando hora e difensori di Milano, veggo i Svizzeri atti a mettere duoi exerciti insieme da potere conbattere con quelli franzesi che venissero in Borgogna, et con quelli che venissero inverso Italia, perché se in questo caso si uniscono tutti i Svizzeri, et che siano con li Cantoni i Grigioni et Vallesi, possono mettere insieme più che ventimila huomini per banda. Quanto allo imperadore, perché io non so quello si facesse mai, io non voglio discorrere quello che hora e' potesse fare. Ma raccozzato Spagna, imperadore, Milano et Genova, non credo possino passare quindicimila persone da guerra, non ci potendo Spagna sumministrare nuove forze, aspettando la guerra in casa. Quanto al mare, se non manca loro danari, credo che fra i Genovesi et Spagna potranno fare armata da temporeggiare in qualche parte con quella degli avversarii. Credo pertanto che queste sieno le forze dell'uno et dell'altro.

Volendo al presente vedere donde la vittoria potesse pendere, dico che quelli re, per essere danarosi, possono tenere lungo tempo gli exerciti insieme; quelli altri, per essere poveri, non possono; di modo che, considerato l'armi, l'ordine et il danaio dell'uno et dell'altro, credo che si possa dire che se si viene subito a giornata, la vittoria starà dalla parte di Italia; se si temporeggia la guerra, che la se n'andrà di là. Dicesi, et pare ragionevole, che, conosciuta e Svizzeri questa difficultà, et per venire a giornata presto, voglino scontrare gli eserciti franzesi in su' monti di Savoia, acciò che quelli o, volendo passare, sieno forzati ad azzuffarsi o, non s'azzuffando, tornare indrieto, per la strettezza del sito et penuria di vettovaglie. Se questo può riuscire loro, bisognerebbe, a giudicarlo, essere perito del paese et della guerra; nondimanco dirò questo: che mai nelle cose antiche ho trovato essere riuscito ad alcuno tenere i passi, ma ho ben visti molti havere lasciati i passi et aspettato i nimici suoi ne' luoghi larghi, giudicando potere meglio difendersi, et con meno disordine esperimentare la fortuna della guerra. Et benché ci fosse qualche ragione da mostrare donde questo viene, le voglio lassare indrieto per non essere necessario a questo proposito discorrerle. Considerato adunque tutto, veggo per questa banda di qua solo una speranza: venire a giornata presto, la quale anco potrebbono perdete. Per la parte di Francia veggo etiam potere vincere la giornata, et conducendo la guerra in lungo, non la potere perdere; et veggo per la parte di qua, intra gli altri, nel maneggio della guerra duoi pericoli manifesti, l'uno che i Franzesi con l'armata loro, o per forza o d'accordo non entrino nel Genovese o nel Toscano, dove subito che fossero, tutto il paese di Lombardia sarebbe per loro, et di molti altri che vivono, chi paurosi et chi mal contenti, correrebbero loro sotto, di qualità che i Franzesi, trovando da essere ricevuti, potrebbono dondolare, et straccare i Svizzeri a loro piacere. L'altro pericolo è che quelli Cantoni che sono a' confini di Borgogna, a' quali toccherà tutto il pondo della guerra che si farà da quella parte, se la veggono durare troppo, non forzino gli altri a fare accordo con Francia. Di questo mi fa dubitare assai lo exemplo di Carlo duca di Borgogna, il quale gli havea, da quella parte guerreggiando et scorrendo, in modo stracchi, che gli mandarono il foglio bianco, et harebbegli spacciati in tutto, se non si fosse ad un tratto obbligato alla giornata. Et perché alcuno spera o teme che i Svizzeri per poca fede potrebbero voltarsi et accordarsi con il re et dare in preda questi altri, di questo io non ne dubito, perché e' combattono hora per l'anbitione loro, et se non è hora una delle soprascritte necessità che gli sforzi, credo che saranno nella guerra fedeli.

Se adunque la Santità del papa è forzata a pigliare partito, et pigli questa banda di qua, io veggo la victoria dubbia per le ragioni dette di sopra, et perché l'accessione sua non gli assicura in tutto, perché, se la toglie commodità et reputatione a' Franzesi, la non dà a quelli altri forze che bastino a potere tenere i Franzesi; perché havendo il re grossa armata in mare, et li Venitiani potendo anco loro armare qualche cosa, harebbe tanto che guardare, et di sopra et di sotto, il papa le sue marine, che le sue genti et le vostre qui a fatica basterebbero. Può bene essere che sua Santità fugga un pericolo prexente, quando loro se ne volessero assicurare, et truova ancora una presente utilità, potendo al prexente honorare i suoi. Se Sua Santità piglia la volta di Francia, quando e' si faccia in modo cauto che si possa senza pericolo aspettarlo, io giudico la vittoria certa, perché, potendo mettere per la via dell'armata in Toscana grossa gente insieme con la sua, farebbe in un subito tanto tumulto in Lombardia con le genti che i Venitiani vi havessero; ne seguiterebbe che gli Svizzeri et Spagnuoli non potrieno sostenere dua diversi exerciti da diversi lati, né difendersi dalla rebellione de' populi che sarebbe subitanea, in modo che io non veggo chi si potesse per questo tòrre la vittoria al re.

Desiderate, oltre di questo, intendere di chi fosse meno grave al papa l'amicitia o di Francia o de' Svizzeri, quando l'uno et l'altro vincesse con l'amicitia sua. Rispondo che io credo che da' vincitori Svizzeri et loro collegati et amici sarebbe al papa osservata la fede promessa per hora, et gli stati dati: ma, dall'altro canto, harebbe a sopportare i fastidii del vincitore; et perché io non riconoscerei vincitore se non i Svizzeri, harebbe a sopportare le ingiurie loro, le quali sarebbono subito di due sorte: l'una è per torli danari et l'altra amici, perché quelli danari che i Svizzeri dicono di non volere hora faccendo la guerra, crediate che gli vorranno in ogni modo, finita che la fia, et comincerannosi da questa taglia, la quale fia grave, et per parere honesta, et per paura di non gli irritare nel principio della caldezza della vittoria loro, non sarà loro negata. Credo, anzi sono certo, che il Duca di Ferrara, Lucchesi et simili, correranno a farsi loro raccomandati. Come e' ne hanno preso uno, actum erit de libertate Italiae, perché ogni giorno sotto mille colori taglieggeranno et prederanno, et varieranno stati, et quello che giudicheranno non potere fare hora, aspetteranno il tempo a farlo. Né si fidi alcuno che non pensino a questo, perché gli è necessario che ci pensino, et quando e' non vi pensassero, ve gli farà pensare l'ordine delle cose; che è che l'uno accquisto, l'una victoria dà sete dell'altra. Né si maravigli veruno che non habbino preso Milano apparentemente, et non habbino proceduto più oltre che potevano, perché il modo del governo loro, come egli è disforme in casa agli altri, così è disforme fuori, et ha per riscontro tutte le historie antiche; perché, se insino a qui e' si hanno fatto compagni, per lo avvenire e' si faranno raccomandati et censuarii, non si curando di comandarli né di maneggiarli particularmente, ma solo basta che gli stieno per loro nelle guerre, et che paghino loro l'annuale pensione; le quali cose e' si manterranno con la reputatione dell'armi di casa, et con il gastigare chi deviasse da questo. Per questa via, et presto, se tengono questa spugna, daranno le leggi a voi, al papa et a qualunque altro principe italiano; et quando voi vedete che pigliano una protectione, sciatis quod prope est aestas. Et se voi dicessi: — A cotesto fia rimedio, perché noi ci uniremo contro di loro, — vi dico che questo sarebbe un secondo errore et secondo inganno, perché l'unione di assai capi contro ad uno è difficile a farla, et poi, fatto che l'è, difficile a tenerla.

Dovvi per exemplo Francia, contro al quale havea congiurato ognuno, tamen subito Spagna fece triegua, et i Vinitiani gli diventarono amici, i Svizzeri l'assalirono tiepidamente, lo imperadore non si rividde mai, et infino Inghilterra si congiunse con lui; perché se quello, contro a chi è congiurato, è di tanta virtù, che non ne vadia subito in fumo, come feciono e Venitiani, troverrà sempre in molte oppinioni rimedio, come ha trovato Francia, et come si vedea harebbero trovato i Venitiani se potevano sostenere dua mesi quella guerra. Ma la debolezza loro non potette aspettare la disunione de' collegati, il che non interverrebbe a' Svizzeri, i quali sempre troverranno, o con Francia o con lo imperadore o con Spagna o con li potenti di Italia, modo, o da non li lasciare unire tutti, o pure, unendosi, a disgiungerli. Io so che di questa oppinione molti se ne faranno beffe, et io ne dubito tanto, et tanto la credo, che, se a' Svizzeri riesce il tenere questa piena, et noi viviamo ancora insieme sei anni, spero ricordarvelo.

Volendo voi dunque sapere da me quello che il papa può temere de' Svizzeri vincendo, et essendo loro amico, concludo che può dubitare delle subite taglie, et in brieve tempo della servitù sua et di tutta Italia, sine spe redemptionis, sendo republica, et armata senza esemplo di alcuno altro principe o potentato. Ma se sua Santità fosse amico di Francia, et vincesse, credo gli osserverebbe medeximamente le conventioni, quando le fossono convenienti, et non di sorte che la troppa voglia havesse fatto chiedere troppo al papa, et concedere troppo al re; credo che non taglieggierebbe la Chiesa, ma voi, et doverrebbe havere riguardo a lei rispetto alla conpagnia di Inghilterra, et a' Svizzeri, che non rimarrebbano morti tutti, et a Spagna, che, quando bene e' fosse cacciato da Napoli, restando vivo, sarebbe di qualche consideratione. Però parrebbe ragionevole che volesse dal suo la Chiesa reputata et amica, et così li Venitiani. In somma, in ogni evento di queste vittorie, veggo la Chiesa havere a stare a discretione d'altri, et però io giudico sia meglio stare a discretione di quelli che sieno più ragionevoli, et che per altri tempi havesse conosciuti, et non di quelli che, per non gli conoscere bene, io non sapessi ancora quello che si volessero.

Se quella banda da chi la Santità di nostro Signore si adherisse, perdesse, io temerei di ridurmi in ogni extrema necessità, et di fuga, et di exilio, et di ogni cosa di che può temere un papa; et però quando uno è forzato a pigliare uno de' duoi partiti, debbe, intra l'altre cose, considerare dove la trista fortuna di qualunque di quelli ti può ridurre, et sempre debbe pigliare quella parte, quando l'altre cose fossero pari, che habbi il fine suo, quando fosse tristo, meno acerbo. Senza dubbio meno acerba sarebbe la perdita con Francia amica, che con gli altri amici; perché, se sua Santità ha Francia amica, et perda, e' le rimane lo stato di Francia, che può tenere un pontefice honorato, resta con una fortuna, che per la potenza di quel regno può risurgere in mille modi, resta in casa sua, et dove molti papi hanno tenuta la loro sede. Se egli è con quelli altri et perda, e' conviene vadia o in Svizzerìa a morirsi di fame, o nella Magna ad essere deriso, o in Spagna ad essere expilato, tale che non è comparatione dal male che si tira drieto la cattiva fortuna dell'uno a quello dell'altro.

Lo stare neutrale non credo che fosse mai ad alcuno utile, quando egli habbia queste conditioni: che sia meno potente di qualunque di quelli che conbattono, et che egli habbia gli stati mescolati con gli stati di chi conbatte; et havete ad intendere prima, che non è cosa più necessaria ad un principe che governarse in modo con li sudditi, et con gli amici et vicini, che non diventi o odioso, o contemnendo, et se pure egli ha a lasciare uno di questi duoi, non stimi l'odio, ma guardisi dal disprezzo. Papa Giulio non si curò mai di essere odiato, pure che fosse temuto et reverito; et con quello suo timore messe sottosopra il mondo, et condusse la Chiesa dove la è. Et io vi dico che chi sta neutrale conviene che sia odiato da chi perde, et disprezzato da chi vince; et come di uno si comincia a non tenere conto, et stimato inutile amico, et non formidabile inimico, si può temere che gli sia fatta ogni ingiuria, et disegnato sopra di lui ogni rovina; né mancano mai al vincitore le iustificationi, perché, havendo li suoi stati mescolati, è forzato ricevere ne' porti hora questo et hora quello, riceverli in casa, sovvenirli di alloggiamento, di vettovaglia: et sempre ognuno penserà di essere ingannato, et occorreranno infinite cose che causeranno infinite querele; et quando bene nel maneggiare la guerra non ne nascesse alcuna, che è inpossibile, ne nasce doppo la vittoria, perché li minori potenti, et che hanno paura di te, subito corrono sotto il vincitore, et dànno a quello occasione di offenderti. Et chi dicesse: — Egli è il vero, e' ci potrebbe essere tolto questo, et mantenutoci quello, — rispondo che gli è meglio perdere ogni cosa virtuosamente, che parte vituperosamente, né si può perdere la parte che il tutto non triemi. Chi considera pertanto gli stati tutti della Santità di Nostro Signore, et dove sieno, et quali sieno i minori potenti che ci si includino, et chi sieno quelli che combattono, giudicherà Sua Santità essere di quelli che a nessuno modo possa tenere questa neutralità, et che l'habbi, pigliando simil partito, a rimanere inimica di chi vince et di chi perde, et che ognuno desideri fare male: l'uno per vendetta et l'altro per guadagno.

Voi mi domandate ancora se, quando il papa si accordasse con gli Svizzeri, imperadore et Spagna, e' facesse per Spagna et imperadore ingannarlo et adherirsi a Francia. Io credo che l'accordo infra Spagna et Francia sia inpossibile, et che non si possa fare senza consentimento di Inghilterra; et che Inghilterra non possa farlo se non contro a Francia, et per questo Francia non possa ragionarne, perché, essendo quel re giovane et in su la boria della guerra, non ha dove voltarse con l'armi, se non o in Francia o in Spagna: et come la pace di Francia metterà guerra in Spagna, così la pace di Spagna metterebbe guerra in Francia. Però il re di Francia, per non si perdere Inghilterra, per non tirare addosso a sé quella guerra et per havere mille cagioni di odiare Spagna, non è per porgere gli orecchi alla pace, che, se Francia o volesse o potesse farla, la sarebbe fatta, tanti partiti a danno d'altri gli debbe havere messi innanzi quel re, in modo che, quanto si appartenesse a Spagna, io credo che il papa potrebbe ragionevolmente dubitare di ogni cosa; ma, quanto si appartenesse a Francia, ne possa stare sicuro. Et quanto allo imperadore, per essere vario et instabile, si può temere di ogni mutatione, o faccia o non faccia per lui, come quello che sempre in queste variationi è vissuto et nutrito. Se Vinitiani si adherissino a questa parte di qua, sarebbe di gran momento, non tanto per conto dell'accessione delle loro forze, quanto per rimanere questa banda più schietta inimica di Francia, a che adherendosi ancora il papa, troverrebbero li Franzesi, et nello scendere et nello appiccarsi in Italia, infinite difficultà. Ma io non credo che i Venetiani piglino questo partito, perché io credo che gli habbino hauti migliori patti da Francia, che non harebbono da questi altri, et havendo seguito una fortuna franzese, quando era presso che spenta, non pare ragionevole l'habbino hora ad abbandonare che la è per resurgere, ma temo che non dieno parole, come sogliono a loro proposito.

Concludo adunque, per venire al fine di questo discorso, che, essendo più riscontri di vittoria dalla parte franzese, che da questi altri, et potendo il papa con l'accessione sua dare la victoria a Francia certa, et non a questi altri; che, sendo meno formidabile et più sopportabile Francia amico et vincitore, che questi altri; et essendo meno dura la perdita con Francia amico, che con questi altri; che, non potendo sicuramente stare neutrale; che la Santità di Nostro Signore debbe o adherirsi a Francia, o vero adherirsi a questi altri, quando vi si adherissono ancora li Venitiani, et non altrimenti.