Lettere (Machiavelli)/Lettera XIX a Francesco Vettori
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A Francesco Vettori in Roma.
Voi, compare, mi havete con più avvisi dello amor vostro di Roma tenuto tutto festivo, et mi havete levato dallo animo infinite molestie, con leggere et pensare a' piaceri et alli sdegni vostri, perché l'uno non sta bene senza l'altro. Et veramente la Fortuna mi ha condotto in luogo, che io ve ne potrei rendere iusto ricompenso; perché, standomi in villa, io ho riscontro in una creatura tanto gentile, tanto delicata, tanto nobile, et per natura et per accidente, che io non potrei né tanto laudarla, né tanto amarla, che la non meritasse più. Harei, come voi a me, a dire i principii di questo amore, con che reti mi prese, dove le tese, di che qualità furno; et vedresti che le furono reti d'oro, tese tra fiori, tessute da Venere, tanto soavi et gentili, che benché un cuor villano le havesse potute rompere, nondimeno io non volli, et un pezzo mi vi godei dentro, tanto che le fila tenere sono diventate dure, et incavicchiate con nodi irresolubili. Et non crediate che Amore a pigliarmi habbia usato modi ordinarii, perché, conoscendo non li sarebbono bastati, tenne vie extraordinarie, dalle quali io non seppi, et non volsi guardarmi. Bastivi che, già vicino a cinquanta anni né questi soli mi offendono, né le vie aspre mi straccano, né le obscurità delle notti mi sbigottiscano. Ogni cosa mi pare piano, et a ogni appetito, etiam diverso et contrario a quello che doverrebbe essere il mio, mi accomodo. Et benché mi paia essere entrato in gran travaglio, tamen io ci sento dentro tanta dolcezza, sì per quello che quello aspetto raro et suave mi arreca, sì eziam per havere posto da parte la memoria di tutti e mia affanni, che per cosa del mondo, possendomi liberare, non vorrei. Ho lasciato dunque i pensieri delle cose grandi et gravi; non mi diletta più leggere le cose antiche, né ragionare delle moderne; tutte si sono converse in ragionamenti dolci; di che ringrazio Venere et tutta Cipri. Pertanto se vi occorre da scrivere cosa alcuna della dama, scrivetelo, et dell'altre cose ragionerete con quelli che le stimono più, et le intendono meglio, perché io non ci ho mai trovato se non danno, et in queste sempre bene et piacere. Valete.
Ex Florentia, die III Augusti 1514.