Lettere (Machiavelli)/Lettera V a Francesco Vettori
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Magnifice orator mihi plurimum honorande etc.
Voi vorresti sapere per questa vostra lettera de' 21, quello io creda habbi mosso Spagna ad fare questa tregua con Francia, non vi parendo che ci sia drento el suo da nessun verso, in modo che, giudicando da l'un canto el Re savio, da l'altro parendovi habbi fatto errore, sete forzato ad credere che ci sia sotto qualche cosa grande, che voi per hora, né altri non intende. Et veramente el vostro discorso non potrebbe essere né più trito né più prudente; né credo in questa materia si possa dire altro. Pure, per parere vivo e per ubbidirvi, dirò quello mi occorre. A me pare, che questa dubitatione vostra, pro maiori parte sia fondata in su la prudenza di Spagna. Ad che io rispondo, non potere negare che quel re non sia savio; non di manco ad me è egli parso più astuto et fortunato che savio. Io non voglio repetere l'altre sua cose, ma verrò ad questa impresa ultimamente fatta contro ad Francia in Italia, avanti che Inghilterra fussi scoperto, nella quale impresa ad me parse et pare, non obstante che l'habbi hauto el fine contrario, che mettessi sanza necessità ad periculo tutti li stati suoi, il che fu sempre partito temerario in ogni huomo. Dico sanza necessità, perché lui haveva visto pe' segni dello anno dinanzi, dopo tante iniurie che 'l papa haveva fatte ad Francia, di assaltarli li amici, voluto farli ribellare Genova, et così dopo tante provocationi, che lui proprio haveva fatte ad Francia, di mandare le genti sue con quelle della Chiesa a' danni de' sua raccomandati; nondimanco sendo Francia vittorioso, havendo fugato el papa, spogliatolo di tutti e suoi eserciti, possendo cacciarlo di Roma, et Spagna da Napoli, non lo havere voluto fare; ma havere volto l'animo ad lo accordo, donde Spagna non poteva temere di Francia; né viene ad essere savia la ragione si allegassi per lui, che lo facessi per assicurarsi del Regno, veggiendo Francia non ci havere volto l'animo, per essere stracco e pieno di rispetti, e quali era per haverli sempre, perché sempre el papa non doveva volere che Napoli ritornassi ad Francia, et sempre Francia doveva havere rispetto al papa et timore della unione dell'altre potenze: il che sempre era per tenerlo indreto.
Et chi dicessi Spagna dubitava che, non si unendo lui con el papa ad fare guerra ad Francia, el papa non si unissi per sdegno con Francia ad fare guerra ad lui, sendo el papa huom rotto et indiavolato come era, et però fu constrecto pigliare simil partito, risponderei che Francia sempre sarebbe più presto convenuto in quelli tempi con Spagna che con el papa, quando havessi possuto convenire o con l'uno o con l'altro, sì perché la vittoria era più certa, e non ci si haveva a menare armi, sì perché allhora Francia si teneva sommamente infuriato dal papa e non da Spagna, et per valersi di quella iniuria et satisfare alla Chiesa del Concilio, sempre harebbe abbandonato el papa; di modo che ad me pare, che in quelli tempi Spagna potessi essere o mediatore d'una ferma pace, o compositore d'uno accordo securo per lui. Nondimanco, e' lasciò indreto tutti questi partiti, et prese la guerra, per la quale poteva temere che con una giornata ne andassino tutti li stati suoi, come e' temé quando e' la perdé ad Ravenna, che subito dopo la nuova della rotta ordinò di mandare Consalvo ad Napoli, ch'era come per lui perduto quel Regno, et lo stato di Castiglia li tremava sotto; né doveva mai credere che Svizzeri lo vendicassino et assicurassino, et li rendessino la reputatione persa, come advenne; talché, se voi considerrete tutti e maneggi di quelle cose, vedrete in Spagna astutia et buona fortuna più tosto che sapere o prudenza; et come e' si vede in uno grande simile errore, e' si può presumere che ne facci mille. Né crederrò mai che sotto questo partito hora da lui preso ci possa essere altro che quello che si vede, perché io non beo paesi, né voglio in queste cose mi muova veruna autorità sanza ragione. Pertanto concludo, che possa havere errato, quando sieno veri e discorsi vostri, et intesala male et conclusala peggio.
Ma lasciamo questa parte et facciamolo prudente, et discorriamo questo partito come d'uno savio. Parmi che ad volere fare tale presupposto et rettamente ritrovare la verità della cosa, bisogni sapere se questa tregua è suta fatta dopo la morte del pontefice et absuntione del nuovo, o prima, perché forse si farebbe qualche differenza. Ma poi che io non lo so, presupporrò che la sia fatta prima. Se io vi domandassi addunque quello che voi vorresti che Spagna havessi facto, trovandosi ne' termini si trovava, mi risponderesti quello che mi scrivete: cioè che lui havessi in tutto facto pace con Francia, restituitogli la Lombardia, per obligarselo et per toni cagione di condurre armi in Italia, et per tale via assicurarsene. Ad che io rispondo, che, ad discorrere questa cosa bene, si ha ad notare, che Spagna fecie quella impresa contro ad Francia per la speranza haveva di batterlo, facciendo nel papa, in Inghilterra et nello imperadore più fondamento che non ha poi in facto veduto da farvi, perché dal papa e' presuppose trarre danari assai; credette che lo 'mperadore facessi una offesa gagliarda verso Borgogna, et che Inghilterra, sendo giovane et danaroso, et ragionevolmente cupido di gloria, qualunque volta e' fussi imbarcato, havessi ad venire potentissimo talmente che Francia, et in Italia et ad casa, havessi ad pigliare le conditioni da lui, delle quali cose non gliene è riuscita veruna, perché dal papa ha tratto danari nel principio et a stento, et in questo ultimo non solum non li dava danari, ma ogni dì cercava di farlo rovinare, et teneva praticha contro di lui; da lo 'mperadore non è uscito altro che le gite di Monsignore di Gursa et sparlamenti et sdegni; da Inghilterra, gente debole incompatibile con le sua. Di modo che, se non fussi lo adquisto di Navarra, che fu facto innanzi che Francia fussi in campagna, e' rimaneva l'uno et l'altro di quelli exerciti vituperato, ancora che non ne habbino riportato se non vergogna, perché l'uno non è uscito mai dalle machie di Fonterabi, l'altro si ritirò in Pampalona, et con fatica la difese; di modo che, trovandosi Spagna stracco in mezo di questa confusione d'amici, da' quali non che potessi sperare meglio, anzi temere ogni dì peggio, perché tutti tenevono ogni dì strette pratiche d'accordo con Francia, et veggiendo da l'altra parte Francia reggiere alla spesa, per accordato co' Vinitiani, et sperare ne' Svizeri, ha iudicato sia meglio prevenire con el Re, in quel modo ha possuto, che stare in tanta incertitudine et confusione, et in una spesa ad lui insopportabile perché io ho inteso di buono luogo, che chi è in Spagna scrive quivi non essere danari né ordine da haverne, et che l'exercito suo era solum di comandati, e' quali anche cominciavono ad non lo ubbidire. Et credo che disegno suo sia suto con questa tregua o fare conoscere a' collegati l'errore loro, et fargli più pronti alla guerra, havendo promessa la ratificazione, ecc., o levarsi la guerra da casa et da tanta spesa et periculo perché se ad tempo nuovo Pampalona havessi spuntato, e' perdeva la Castiglia in ogni modo. Et quanto alle cose d'Italia, potrebbe Spagna, forse più che il ragionevole, fondare in su le sue genti; ma non credo già che facci fondamento né in su Svizeri, né in sul papa, né in su lo 'mperadore più che si bisogni, et che pensi che qua el mangiare insegni bere ad lui et ad li altri Italiani. Et credo che non habbi facto più stretto accordo con Francia di darli el ducato etc., sì per non lo havere trovato seco, sì etiam per non lo havere iudicato utile partito per lui: per che io dubito che Francia non lo havessi facto, per non si fidare né di lui né delle sue armi, perché harebbe creduto che Spagna no 'l facessi per accordarsi seco, ma per guastarli li accordi con gli altri.
Quanto ad Spagna, io non ci veggo nella pace per lui, per hora, alcuna utilità, perché Francia diventava in Italia in ogni modo potente, in qualunque modo e' s'entrassi in Lombardia. Et se per adquistarla li fussino bastate l'armi spagnole, ad tenerla li bisognava mandarci le sua, et grossamente, le quali potevano dare e medesimi sospetti ad li Italiani et ad Spagna, che daranno quelle che venissino ad adquistarla per forza; et della fede et degli oblighi non si tiene hoggi conto, talché Spagna per questa ragione non ci vedeva securtà, et da l'altra parte ci vedeva questa perdita, perché o e' faceva questa pace con Francia, con el consenso de' confederati, o no: volendola fare con el consenso, e' la giudicava impossibile per non si potere adcordare papa et Francia et Vinitiani et imperadore. Havendola dunque ad fare contro al consenso loro, ci vedeva per lui una perdita manifesta, perché si sarebbe adcostato ad uno Re, faccendolo potente, che ogni volta ne havessi occasione, si sarebbe più ricordato delle iniurie vechie, che de' benifitii nuovi, et imitatosi contro tutti e potenti Italiani et fuora, perché, essendo stato lui solo el provocatore di tutti contro ad Francia, et havendogli poi lasciati, sarebbe suta troppa grande iniuria. Donde di questa pace fatta come voi vorresti, e' vedeva surgere la grandeza del Re di Francia certa, lo sdegno de' confederati contro di lui certo, et la fede di Francia dubia, in su la quale sola bisognava si riposassi, perché havendo facto Francia potente et li altri sdegnosi, li bisognava stare seco, et li huomini savi non si rimettono mai, se non per necessità, ad discretione d'altri. Donde io concludo, che gli habbi facto più securo partito fare tregua, perché con epsa e' dimostra a' collegati l'errore loro; fa che non si possono dolere, dando loro tempo ad ratificarla; levasi la guerra di casa; mette in disputa et in garbuglio di nuovo le cose di Italia, dove e' vede che è materia ancora da disfare et osso da rodere. Et, come io dixi di sopra, spera che 'l mangiare insegni bere ad ogniuno et ha ad credere che al papa, ad lo Imperadore et a' Svizeri non piaccia la grandeza de' Vinitiani et Francia in Italia, et se non fieno bastanti ad tenerli che non occupi la Lombardia, iudica che sieno bastanti seco ad tenerli che non passino più oltre, et crede che 'l papa per questo se gli habbi ad gittare in grembo, perché e' può presummere che 'l papa non possa convenire co' Vinitiani, né con suoi adherenti rispetto alle cose di Romagna. Et così con questa tregua e' vede la vittoria di Francia dubia, non si ha ad fidare di lui, et non ha da dubitare della alienatione de' confederati perché o lo 'mperadore et Inghilterra la ratificheranno, o no: se la ratificano, e' penseranno come questa tregua habbi ad giovare ad tutti, se non la ratificano, e' doverrebbono diventare più prompti ad la guerra, et con altre forze che l'anno passato assaltare Francia, et in ogniuno di questi casi Spagna ci ha lo intento suo. Dico di nuovo, addunque, el fine di Spagna essere stato questo: o costringere lo 'mperadore et Inghilterra ad fare guerra dadovero, o con la reputatione loro, con altri mezi che con l'armi, posar le cose ad suo vantaggio; et in ogni altro partito vedeva periculo, o seguitando la guerra o faccendo la pace, et però prese una via di mezo, di che ne potessi nascere guerra o pace.
Se voi havere notato e consigli et progressi di questo cattolico Re, voi vi maraviglierete meno di questa tregua. Questo Re, come voi sapete, da poca et debole fortuna è venuto a questa grandeza, et ha hauto sempre ad combattere con stati nuovi et subditi dubii, et uno dei modi con che li stati nuovi si tengono, et li animi dubii o si fermano o si tengono sospesi et irresoluti, è dare di sé grande expectatione, tenendo sempre li huomini sollevati con lo animo nel considerare che fine habbino ad havere e partiti et le 'mprese nuove. Questa necessità questo Re la ha conosciuta et usatala bene; di qui sono nati li assalti d'Affrica, la divisione del Reame, et tutte queste altre intraprese varie, et sanza vederne el fine, perché el fine suo non è tanto quello od questo, o quella vittoria, quanto è darsi reputatione ne' populi, et tenerli sospesi colla multiplicità delle faccende. Et però lui fu sempre animoso datore di principii, a' quali e' dà poi quel fine che li mette innanzi la sorte, o che la necessità l'insegna: et insino ad qui e' non si è possuto dolere né della sorte né dello animo. Provo questa mia opinione con la divisione fecie con Francia del Regno di Napoli, della quale doveva credere certo ne havessi ad nascere guerra intra lui et Francia, sanza saperne el fine ad mille miglia, né poteva credere haverlo ad rompere in Puglia, in Calavria et al Garigliano. Ma a·llui bastò cominciare, per darsi quella reputatione, sperando o con fortuna o con arte andare avanti, et sempre, mentre viverà, ne andrà di travaglio in travaglio, sanza considerarne altrimenti el fine.
Tutte le sopra dette cose io le ho discorse presupponendo la vita di Iulio; ma quando egli havessi inteso la morte dell'uno et la vita dell'altro, credo harebbe facto quello medesimo, perché se in Iulio e' non poteva confidare, per essere instabile, rotto, furioso et misero, in questo e' non può sperare extraordinariamente, per essere savio. Et se Spagna ha prudenza, non lo ha ad muovere l'interessi contratti in minoribus, perché allora egli ubbidiva, hora comanda; giuocava quel d'altri, ora giuoca el suo; faceva per lui la guerra, hor fa la pace; et debba credere Spagna, che la Santità di N. S. non voglia mescolare inter Christianos né sua danari né sua armi, nisi coactus, et credo che ognuno harà rispetto ad sforzarlo.
Io so che questa lettera vi ha ad parere uno pescie pastinaca, né del sapore vi credevi. Scusimi lo essere io alieno con l'animo da tutte queste pratiche, come ne fa fede lo essermi riducto in villa, et discosto da ogni viso humano, et per non sapere le cose che vanno adtorno, in modo che io ho ad discorrere al buio, et ho fondato tutto in su li advisi mi date voi. Però vi prego, mi habbiate per scusato; et raccomandatemi costà ad ognuno, e in spetie ad Pagolo vostro, quando non sia ancora partito.
Florentie, die 29 aprilis 1513.