Lettere (Machiavelli)/Lettera VIII a Francesco Vettori

Lettera a Francesco Vettori

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Lettera a Francesco Vettori
Lettera VII a Francesco Vettori Lettera IX a Francesco Vettori

Magnifico oratori apud Summum Pontificem Francisco Victorio patrono suo.

Signore ambasciadore. Voi non volete che questo povero re di Francia rihabbi la Lombardia, et io vorrei. Dubito che 'l vostro non volere, et il mio volere non habbino uno medesimo fondamento d'una naturale affectione o passione, che facci a voi dire no et a me sì. Voi adhonestate il vostro no col mostrare esserci più difficultà nel condurre la pace, quando il re habbi a tornare in Lombardia; io ho mostro, per adhonestare il mio sì, non essere così la verità, et dipoi che la pace presa per quel verso che io dico, sarà più secura et più ferma.

Et venendo di nuovo a' particulari, per rispondere a questa lettera vostra de' cinque, dico come io sono con voi, che ad Inghilterra harà sempre a parere strano essere venuto in Francia con tanto apparato, et haversi a ritirare: e' conviene pertanto che questo ritiramento sia fondato in su qualche necessità. Io giudicavo che la fussi assai necessità quella a che lo potessi costrignere Spagna et il papa, et giudicavo et giudico, che trovando Inghilterra da l'un canto la impresa difficile, da l'altro veggendo la volontà di costoro, che fusse facil cosa disporlo; et se ne restassi malcontento, mi pareva a pproposito, perché tanto più veniva o verrebbe a restare debole el re di Francia, el quale, essendo in tra gl'Inghilesi e' Svizeri inimici o sospetti, non potrebbe pensare ad occupare quel d'altri, anzi harebbe a pensare che altri havessi a mantenerli el suo; et il re di Spagna harebbe in questo caso la intentione sua fornita, perché io credo che oltre all'assicurarsi de' suoi stati, egli habbi pensato, come l'armi sue possino restare il gallo d'Italia; e in questo modo resterebbono; perché, non possendo Francia rispetto a' sospetti d'Inghilterra et la inimicitia de' Tedeschi, mandare grossa gente in Lombardia, li converrebbe adoperare l'armi spagnole in ogni modo. Né veggo perché e Svizeri soli sieno quelli che possino costringere l'Inghilesi a cedere, perché io non credevo né che possino, né che voglino servire Francia se non come stipendiarii, perché, sendo poveri et non confinando con Inghilterra, conviene a Francia pagarli et di molto fructo; perché e' può soldare lanzichinet, et trarne quella medesima utilità; et Inghilterra ne ha havere la medesima paura. Et se voi mi dicessi che Inghilterra può fare che Svizeri assaltino Francia in Borgogna, rispondo che questo è un modo che offende Francia; et a volere che Inghilterra cali, bisogna trovare un modo che offenda Inghilterra. Né voglio già che Spagna et il papa muovino l'armi cóntroli, ma voglio che l'abbandonino da l'un canto, da l'altro li mostrino che la cagione perché si faceva guerra a Francia era per rispetto alla Chiesa, et hora, che si è per desistere da offenderla, che non sono per offendere lui; et crederrei al tutto che senza medicina più gagliarda e' fussi per ritirarsi, havendo massime trovato, come io ho detto più volte, et trovando la 'mpresa di Francia dubbia; et ha Inghilterra a pensare, che se viene a giornata et perdela, che potrebbe essere che ne potrebbe cosí perdere el regno come Francia. E se voi mi dicessi: E' manderà danari grossamente a' Tedeschi et farà assaltare Francia da un'altra banda, rispondo a questo con la oppinione che è stata sempre, che vorrà, et per superbia et per gloria, spendere e sua danari nelle sua genti: et dipoi quelli che mandassi a lo imperadore sarebbano gittati via, et e Svizeri ne vorrebbono troppi. Credo ancora che la confidenza in fra Spagna et Francia possa nascere facilmente, perché per Spagna non fa distruggere el re di Francia per questa via; et Francia ne ha veduto un saggio, che nel mezo de' sua maggiori pericoli egli è cessato dall'armi; et tanto più ne confiderebbe Francia, quando per opera sua si vedessi restituito in Lombardia; et e benefitii nuovi sogliono fare sdimenticare le iniurie vecchie. Da l'altra parte, non harebbe da temere Spagna d'un re vecchio, stracco, infermiccio, posto tra gl'Inghilesi e' Tedeschi, l'un sospetto et l'altro nimico; né harebbe bisogno che solo l'autorità del papa lo difendessi, perché li basterebbe tenere nutrita quella nimicitia. Pertanto io non veggo, volendo condurre questa pace per quel verso che io vi scrissi, maggiori difficultà che per quel verso che scrivete voi; anzi se vantaggio ci è, io veggo vantaggio nella mia. Da l'altro canto, io non veggo nella parte vostra alcuna sicurtà, ma nella parte mia se ne vede qualcuna, di quelle però che si possono trovare in questi tempi.

Chi vuoi vedere se una pace è o duratura o secura, debbe intra l'altre cose examinare chi restono per quella malcontenti e da quella mala contentezza loro quello che ne possa nascere. Considerando pertanto la pace vostra, veggo rimanere in quella malcontenti Inghilterra, Francia et imperadore, perché ciascuno non ha di questi adempiuto il fine suo. Nella mia rimane malcontento Inghilterra, Svizzeri et imperadore per le medesime cagioni. Le male contentezze della vostra possono causare facilmente la rovina d'Italia et di Spagna; perché, subito che questa pace è fatta, non ostante che Francia l'habbi approvata, et Inghilterra non l'habbi ributtata, l'uno et l'altro di questi dua remuteranno fine et fantasia; e dove Francia desiderava tornare in Italia, et quell'altro domare Francia, si volgeranno alla vendetta contro a Italia et contro a Spagna; et la ragione vuole che faccino un secondo accordo fra loro, dove e' non haranno veruna dificultà in cosa che voglino fare, quando Francia si voglia scoprire, perché l'imperadore col favore d'Inghilterra e di Francia salta l'altro dì in Castiglia, passa in Italia a sua posta, facci ripassare Francia; et così in un sùbito questi tre insieme possono turbare et rovinare ogni cosa. Né·llarmi spagnuole et svizere, né i danari del papa sono bastanti a tenere questa piena, perché quelli tre harebbono troppi danari et troppe armi. Et è ragionevole che Spagna vegga questi pericoli, et che gli voglia evitare in ogni modo; perché Francia in questa pace non ha cagione veruna d'amarlo, et occasione grande d'offenderlo; la quale occasione Francia non sarebbe per lasciarla in alcun modo. Et però, se Spagna ha punto d'occhio di provedere le cose discosto, non è per consentirla, né per praticarla tanto, ché la verrebbe ad essere una pace, che susciterebbe una guerra maggiore et più pericolosa. Ma, facendosi una pace come io vi scrissi, dove rimanessino malcontenti Inghilterra, imperadore et Svizzeri, non potreno questi malcontenti, o uniti o di per sé, con facilità offendere li altri collegati, perché Francia, et di qua et di là da' monti, resterebbe come una sbarra, et farebbe, con il favore degl'altri, tale oppositione, che' collegati resterebbano sicuri, né quell'altri si metterebbono a fare alcuna impresa, veggendovi difficultà; et non rimarebbe cosa alcuna per la quale e collegati havessino a dubitare l'uno dell'altro, per havere, come io vi ho scritto più volte, ciascuno di loro la intentione sua fornita, et l'inimici sì potenti et sì pericolosi, che li terrebbono incatenati insieme.

Vedesi nella pace vostra un altro pericolo gravissimo per la Italia, el quale è che, ogni volta che si lascerà in Milano un duca debole, la Lombardia non fia di quel duca, ma de' Svizeri. Et quando mille volte quelli tre malcontenti della vostra pace non si muovessino, mi pare che questa vicinanza de' Svizzeri inporti troppo et meriti d'esser meglio considerata, che la non si considera. Né credo, come voi dite, che non sieno per muoversi, perché li harebbono rispetto a Francia, perché gl'harebbono el resto d'Italia contro, et perché basti loro dare una rastrellata e andare via; prima, perché Francia, come di sopra dissi, harà desiderio di vendicarsi, et havendo ricevuto iniuria da tutta Italia, harà caro di vederla ruinare, et più tosto sotto il mantello darà loro danari, et adcenderà questo fuoco, che altrimenti. Quanto alla unione delli altri Italiani, voi mi fate ridere: prima, perché non ci fia mai unione veruna a fare ben veruno; et se pure e' fussino uniti e capi, e' non sono per bastare, sì per non ci essere armi che vagliono un quattrino, dagli Spagnuoli in fuora, et quelli per essere pochi non possono essere bastanti; secondo, per non essere le code unite co' capi; né prima moverà cotesta generatione un passo per qualche accidente che nasca, che si farà a gara a diventare loro.

Quanto al bastar loro dare una rastrellata et andar via, vi dico che voi non vi riposiate né confortiate altri che si riposi in su simile oppinioni, et vi prego che voi consideriate le cose degl'huomini come l'esser creduto et le potentie del mondo, et maxime della repubblica, come le creschino; et vedrete come agl'huomini prima basta potere difendere se medesimo et non esser dominato da altri; da questo si sale poi a offendere altri et a volere dominare altri. A' Svizeri bastò prima difendersi da' Duchi d'Austria, la quale difesa li cominciò a fare stimare in casa loro; dipoi bastò loro difendersi dal duca Carlo, il che dette nome fuora di casa loro; dipoi è bastato loro pigliare li stipendii da altri, per mantenere la iuventù loro in su la guerra, et honorarsi. Questo ha dato loro più nome, hagli fatti più audaci per haver considerato et conosciuto più provincie et più huomini; et ancora ha misso loro nell'animo uno spirito ambitioso et una volontà di volere militare per loro. Et Pellegrino Lorini mi disse già che quando si vennono con Beumonte a Pisa, spesso havieno ragionamento seco della virtù della militia loro, et che l'era simile a quella de' Romani, et quale era la cagione che non potessino fare un dì come e Romani; vantavansi d'haver dato a Francia tutte le vittorie haveva haute fino a quel dì, et che non sapevano perché e' non potessino un giorno combattere per loro proprii. Hora è venuta questa occasione, et loro l'hanno presa; et sono entrati in Lombardia sotto nome di rimettervi questo duca, et in fatto son duca loro. Alla prima occasione e' se ne insignoriscono in tutto, spegnendo la stirpa ducale et tutta la nobiltà di quello stato; alla seconda scorreranno tutta Italia per loro, faccendo el medesimo effetto. Pertanto io concludo, che non sia per bastar loro dare una rastrellata, et tornarsene, anzi si ha da temere maravigliosamente di loro.

Io so che a questa mia opinione è contrario uno naturale difetto degl'huomini: prima, di voler vivere dí per dì; l'altra di non credere che possa essere quel che non è stato; l'altra, far sempremai conto d'uno ad un modo. Per questo non fia nessuno che consigli, che si pensi di cavare e Svizeri di Lonbardia, per rimettervi Francia, perché non vorranno correre e presenti pericoli che si correrebbe a tentarlo, né crederranno e futuri mali, né penseranno di potersi fidare di Francia. Compar mio, questo fiume tedescho è sì grosso, che gl'ha bisogno d'un argine grosso a tenerlo. Quando Francia non fussi mai stato in Italia, et che voi non fussi freschi in su la insolentia, sazievolare et taglia franzese, le quali son quelle che vi sturbano questa deliberatione, voi saresti già corsi in Francia a pregarlo che venissi in Lombardia; perché e remedii a questa piena bisogna farli hora, avanti che si abbarbino in questo stato, et che comincino a gustare la dolcezza del dominare. Et se vi si appiccano, tutta Italia è spazzata, perché tutti e malcontenti li favoriranno et faranno scala alla loro grandezza, et alla ruina d'altri; et ho paura di loro soli, et non di loro et dello imperadore, come vi ha scritto el Casa, ancora che sarebbe facil cosa che s'unissino, perché così come l'imperatore è stato contento che corrino la Lombardia et diventino signori di Milano, che non pareva ragionevole in verun modo, per le medesime ragioni che voi mi scrivete, così non obstante quele, potrieno loro contentarsi che lui facessi in Italia qualche progresso.

Signore ambasciadore, io vi scrivo più per satisfarvi, che perché io sappia quelo che io mi dica; et però vi prego che per la prima vostra voi mi advisiate come stia questo mondo, et quel che i pratichi et quel che si speri et quel che si tema, se voi volete che in queste materie gravi io possa tenervi el fermo, altrimenti vi beccherete un testamento d'asino, o qualcuna di quelle cose simili al Biancaccino. Raccomandomi a voi.

Addì X d'agosto 1513.

Niccolò Machiavelli in villa.