Lettere (Machiavelli)/Lettera IX a Francesco Guicciardini
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Niccolò Machiavelli a messer Francesco Guicciardini.
Signor Presidente. Io ho differito a rispondere all'ultima vostra sino a questo dì, sì perché e' non mi pareva che gli inportassi molto, sì per non essere stato molto in Firenze. Hora, havendoci veduto il vostro maestro di stalla, et parendomi poter mandarle sicure, non ho voluto differire più. Io non posso negare che i rispetti havete, quali vi tengono dubbio, se gli è bene tentare quella faccenda o no per quel verso, non siano buoni, et saviamente discorsi; nondimeno io vi dirò una mia oppinione, la quale è che si erri così ad essere troppo savio, come ad essere un via là vie loro; anzi lo essere così fatto molte volte è meglio. Se Filippo et Pagolo havessino hauto questi rispetti, e' non facevono cosa che volessino, et se Pagolo non ha più figliole che dieno ordine alle altre, ne ha Filippo, il quale non vi ha pensato, pure che gli acconci la prima a suo modo; et non so se si è vero quello che voi dite, che voi metteresti la prima in Paradiso per mettere l'altre in Inferno; poiché questo fatto non vi farebbe con le altre in peggior conditione, che voi siate hora con tutte; anzi in migliore, perché gli altri generi, oltre ad havere voi, harebbono un cognato honorevole, et potresti trovare de' meno avari et più honorevoli: pure, quando non gli trovassi, lo havere per le altre di quella sorte che si troverebbono hora per questa non è per mancarvi. Infine, io tenterei il papa in ogni modo, et se io non venissi a mezza spada il primo tratto, io glie ne parlerei largo modo, dire'gli generalmente il desiderio mio, pregherre'lo me ne aiutasse, vedrei dove lo trovassi, andrei innanzi et mi ritirerei indietro, secondo che procedesse. Io vi ricordo il consiglio che dètte quel Romeo al duca di Provenza, che haveva 4 figliole femmine, et lo confortò a maritare la prima honorevolmente, dicendoli che quella darebbe regola et ordine alle altre, tanto che lui la maritò al re di Francia, et detteli mezza la Provenza per dote. Questo fece che egli maritò con poca dote le altre a tre altri re; onde Dante dice:
Quattro figlie hebbe, et ciascuna regina
della qual cosa al tutto fu cagione
Romeo, persona humile et peregrina.
Io ho caro intendere le quistione di quelli frati, le quali io non voglio decidere qui, ma in sul fatto, et noi sareno per andare con chi meglio ci farà. Ma io vi so ben dire che, se la fama gli sconpiglia, la presenza gli accapiglia.
Delle cose del mondo io non ho che dirvi, essendosi ciascuno raffreddo per la morte del duca di Pescara, perché innanzi alla sua morte si ragionava di nuovi ristringimenti et di simil' cose; ma morto che fu, pare che altri si sia un poco rassicurato, et parendoli haver tempo, si dà tempo al nimico. Et concludo infine che dalla banda di qua non si sia per far mai cosa honorevole o gagliarda da campare o morire giustificato, tanta paura veggo in questi cittadini, et tanto mal vòlti a fare alcuna oppositione a chi sia per inghiottirne, né ce ne veggo uno discrepante, in modo che chi ha a fare consigliandosi con loro, non farà altro che quello si è fatto sino a qui.
Addì 19 di Dicembre 1525.