Lettere (Filippo Sassetti)/Lettera IV
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IV.
Al medesimo
Molto Magnif. ed Eccell. Sig. mio osserv.
Messer Giovanni Buondelmonti nostro mi dette una Lettera di VS. che, ancorchè breve, è cara molto, accompagnerà massime dalle buone nuove, che egli mi dette a bocca della salute di VS. della quale, avendo inteso i molti travagli passati, non potevo non istare senza molto pensiero; e pur troppo mi diaspiacque, che quella pietra Bazar così tosto si avesse a sperimentare in suggetto sì caro. Piaccia a nostro Signore Iddio guardare VS. da siffatte occasioni. Intesi, e mi rallegrai infinitamente delle seconde nozze, e l’allegrezza crebbe, sentendo, che s’incamminava al fine, per quale elle si fanno; resta adesso, che ella si colmi, sentendo il parto felice, sicchè faccendole compagnia il nostro Francesco, la casa si rifondi in maniera, che ’l molto tempo passato non ce ne possa minacciare rovina. Francesco dovrà avere conferito a VS. la mia risoluzione del passare fino in India, cosa da me lungamente, e fino da fanciullo deliberata. Di satisfare a questo mio desiderio si è scoperta occasione da poche settimane in quà, ed io sono dreto a pigliarla sempre; e sebbene io non ho per ancora conchiuso niente, mi pare di poter dire, che io mi metterò a cammino sicuramente. Andrei con molta mia soddisfazione, se ne’ negozi fatti di quà io avessi avuto tanta ventura di dar contento, o almeno non disgusto a coloro, che per far bene a me, s’interessarono in essi; tuttavia e’ resteranno ben chiari, che la perdita, che vi fusse, è stata comune, cioè, che io in particolare non ho fatto il caso mio, cosa molto ordinaria in questi paesi; ma di questo non più. Io penserò, andando in India, farlo con onesto avviamento, e da sperare di spuntare il mal animo della fortuna. La partita, se sarà, sarà in fine di Marzo, di maniera che quando VS. non avesse sino a quì sentito altro, ella pure avrà tempo a comandarmi, se qualcosaa avrà, che quì avanti al partire, per viaggio, o là giunto, io potessi fare per lei. Il viaggio è di tremila leghe, sedici delle quali sono sessanta miglia delle nostre. Forniscesi in poco più di cinque mesi, se ne consuma uno a Mozambique, che è una Isoletta abitata da’ Portoghesi di là dal Capo di Buona Speranza in diciassette gradi dalla parte di Mezzogiorno. La stanza in mare è lunga, ma le navi sono come castelli, ed io avrò sopra esse qualche autorità, o comodità. La compagnia sarà di Giovanni Buondelmonti, giacchè tanto è, che lo desiderai, e di Orazio Neretti, se suo padre ne sarà contento. La stanza sarà parte in Goa, parte in Cochim, amendue nella costa d’India, quella in sedici gradi, e questo in dieci. Goa è la Metropoli de’ Portoghesi, ed è la terra loro, e vi risiede la Giustizia, e ’l Vicerè. Im Cochin tengono la fortezza; la città è d’un Re Gentile; gli abitatori sono ghezzi, e di pessimi costumi, senza fe, senza onore, senza vergogna. Riluce in que’ paesi la setta Pittagorica in molti di quei cani, quanto sia pel vivere, o per meglio dire, pel mangiare, perchè e’ si astengono da ogni sorte di cosa animata, eccetto, che delle piante; e mangiano erba, e riso senza più, e bevono acqua. Basta, se io mi condurrò là, dirò alcuna cosa di que’ costumi, e della felicità di que’ paesi, se felicità si può chiamare l’avervi abbondanza di quelle cose, che noi addomandiamo preziose, pure, al creder mio, per qualche altra cagione, che per averne noi mancamento. Vedrò nel viaggio la declinazione, ch’e’ dicono, della Calamita, come ora sta sopra la linea meridiana, ora se ne allontana, e va discostandosi fino ad un certo che, e poi si viene a rappressare, e torna sopra al Mezzogiorno un’altra volta, cosa, che i Portoghesi la sanno, ma confusamente, sicchè non si può fermare un effetto certo per andare discorrendo intorno alla cagione. Vedrò le quattro stelle.
- Non viste mai, fuor che alla prima gente
e mi chiarirò, se elle sono ne’ piedi del Centauro, una delle quarantotto immagini, come io stimo, o se pure elle non sono parte di alcuna delle Figure celesti, come molti Dottori di questi di quà, che sono in volgare, affermano. Penserò fra molto brevi giorni aver determinato quello, che avrà da essere di me, e al primo di Gennajo andrò fino a Seviglia per satisfazione de’ miei maggiori, per tornarmene quì dipoi ad aspettare il tempo della partenza; e intanto VS. mi favorirà di rispondermi a questa Lettera, affinchè io sappia, se per lei avrò a far qualche cosa, e che ella mi mantenga nella sua grazia, con che le bacio le mani, e le prego da Dio ogni felicità.
Di Lisbona a’ 18 di Dicembre 1581
Di VS. affezionatis. servit.
Filippo Sassetti.