Lettere (Andreini)/Lettera LXIV

LXIV. Scherzi amorosi,& honorati.

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LXIV. Scherzi amorosi,& honorati.
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Scherzi amorosi, & honorati.


S
E ogn’uno per natura fugge la morte, com’esser può, ch’io contra l’istinto di natura segua continuamente voi, che la mia morte siete? e, se ogn’uno ama il suo simile, com’esser può, ch’io ami voi, che tutto siete contrario alle mie voglie? dunque, perche i’ sia essempio d’infelicità si confondono per me gli ordini di Natura? E si dice, che duo contrarij in uno medesimo suggetto star insieme non possono, e pure mal mio grado, sono sforzata à conoscere, anzi con mio danno a provare quest’impossibile. Non sono al parer mio

[p. 62v modifica]cose più contrarie del mal, e del bene, onde non si dovrebbono in un medesimo tempo, e ’n un medesimo luogo insieme ritrovare, e pur in un tempo medesimo trovo esser voi solo la vera cagione del mio bene, e del mio male. Dicono, che la similitudine è cagion d’amore, hora, trà noi non solo, non ci è similitudine; ma dissimilitudine, e grandissima, essendoche io son per voi tutta amore, e voi per me tutt’odio, io à voi leale, voi à me disleale, io l’istessa fermezza, voi l’istessa incostanza, io per voi piango, voi di me ridete, io vi bramo pace, voi mi desiderate guerra, io voglio il vostr’utile, voi volete il mio danno, io vorrei la vostra felicità, voi la mia infelicità, io la vostra vita, voi la mia morte, io insomma vorrei poter mettervi nell’altezza del Cielo, e voi vorreste poter precipitarmi nella bassezza dell’Inferno, con tutto ciò pur è nato amor trà noi, e se non dal canto vostro, almen dal mio. L’esser, e ’l non esser secondo alcuni star insieme non possono, ilche io non affermo, perche sò, ch’io son morta à i diletti, e viva a i guai, ecco dunque, ch’io son, e non sono, e morta, e viva. Non sarà men vero, che Amore non possa star senza speranza, poich’io son disperata affatto, e nondimeno chiudo ardentissimo amor nel seno. Io per me non approvo l’openion di coloro, iquali vogliono, che ciascun’operi secondo la natura sua, poiche voi, cuor mio, siete d’un freddissimo ghiaccio composto, e pure con l’operar vostro, in me accendete fuoco inestinguibile. Finalmente non sarà men vero, che l’acqua spenga il fuoco, poiche l’acqua del mio continuo pianto, non [p. 63r modifica]hà potuto spegner giamai picciola favilla del mio ardore, ilquale quanto pìu misera piango, tanto più, con maraviglia di me medesima cresce. Godete dunque ingrantissimo, poiche, tutte le cose insolite m’avvengono, per farvi appieno de’ miei martiri contento.