Lettera a Diogneto/IV
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1. Non penso che tu abbia bisogno di sapere da me intorno ai loro scrupoli per certi cibi, alla superstizione per il sabato, al vanto per la circoncisione, e alla osservanza del digiuno e del novilunio: tutte cose ridicole, non meritevoli di discorso alcuno.
2. Non è ingiusto accettare alcuna delle cose create da Dio ad uso degli uomini, come bellamente create e ricusarne altre come inutili e superflue?
3. Non è empietà mentire intorno a Dio come di chi impedisce di fare il bene di sabato?
4. Non è degno di scherno vantarsi della mutilazione del corpo, come si fosse particolarmente amati da Dio?
5. Chi non crederebbe prova di follia e non di devozione inseguire le stelle e la luna per calcolare i mesi e gli anni, per distinguere le disposizioni divine e dividere i cambiamenti delle stagioni secondo i desideri, alcuni per le feste, altri per il dolore?
6. Penso che ora tu abbia abbastanza capito perché i cristiani a ragione si astengono dalla vanità, dall’impostura, dal formalismo e dalla vanteria dei giudei. Non credere di poter imparare dall’uomo il mistero della loro particolare religione.