Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1550)/Margaritone

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Gaddo Gaddi Giotto

MARGARITONE

Aretino Pittore

Entrò molto grande spavento ne’ vecchi maestri pittori, per le gran lode che gli uomini sentivano di Cimabue e di Giotto suo discepolo, che già per l’altrui terre ancora s’udiva la grandezza, e ’l maraviglioso grido del vago operar loro nella pittura. Perché, sentendo i maestri pittori l’arte essere accompagnata dallo studio di questi artefici, quegli che il supremo grado tenevano e già da’ popoli erano adorati, venivano perdendo della fama e del principato loro, tanti anni già posseduto. E, fra gli uomini che alla greca lavoravano, era tenuto eccellente Margaritone Aretino, il quale lavorò a fresco in Arezzo molte tavole e molte pitture; et in San Clemente, badia de’ frati di Camaldoli, oggi rovinata e spianata tutta, insieme con altri edifizii, per avere il duca Cosimo de’ Medici non solo in quel luogo, ma intorno intorno a quella città, disfatte le mura vecchie, le quali da Guido Pietramalesco Vescovo e padrone di quella città furon già rifatte, et oggi per ordine di questo principe si vanno gittando per terra e riducendo fortissime alla moderna. Aveva Margaritone, non senza grandissimo tempo e fatica, quasi tutta questa chiesa dipinta in piú quadri, ne’ quali si vedevano figure grandi e piccole; et ancora che elle fussino lavorate alla greca, ci si conosceva dentro un buon giudizio et un grandissimo amore, come può far fede quel che si vede di suo rimasto in quella città, e massime in San Francesco, dove ora è messa in uno ornamento moderno, in la cappella della Concezzione, una tavola dentrovi una Nostra Donna, tenuta da que’ frati in grandissima venerazione. Fece nella medesima chiesa, alla greca, un Crocifisso grande, oggi posto in quella cappella dove è la stanza degli operai, il quale è in su l’asse dintornato la croce; e di questa sorte ne fece molti per quella città. Lavorò nelle monache di Santa Margherita una opera che ora è posta nel tramezzo della chiesa appoggiata a quello, et è una tavola con istorie di figure piccole, da lui con assai miglior maniera, che le grandi, e con piú diligenzia e grazia condotte. Fece per tutta la città pitture infinite, e fuori della città similmente, a Sargiano, convento de’ frati del Zoccolo; et in una tavola un San Francesco ritratto di naturale, et in questa opera scrisse il suo nome, parendogli piú del solito aver bene operato. Fece in legno un Crocifisso grande lavorato a la greca, il quale fu portato a Firenze e posto in Santa Croce tra la cappella de’ Peruzzi e quella de’ Giugni, sopra il pilastro che regge gli archi di quelle. Et a Ganghereto, luogo sopra Terra Nuova in Valdarno, un’altra tavola di San Francesco. Ma abbandonò finalmente la pittura in vecchiezza, e diedesi a lavorare Crocifissi grandi di legno tondi, e molti ne fece finché giunse all’età d’anni LXXVII, infastidito (per quel che si disse) d’esser tanto vissuto, vedendo variato l’età e gli onori ne gli artefici nuovi. Fu sepolto Margaritone nel duomo vecchio fuori d’Arezzo, in una cassa di trevertino, l’anno MCCCXVI, con questo epitaffio:

HIC IACET ILLE BONVS PICTVRA MARGARITONVS
CVI REQVIEM DOMINVS TRADAT VBIQVE PIVS.