Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1550)/Giorgione da Castel Franco

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Lionardo da Vinci Antonio da Coreggio

GIORGIONE DA CASTEL FRANCO

Pittor Veniziano

Quegli che con le fatiche cercano la virtú, ritrovata che l’hanno, la stimano come vero tesoro e ne diventano amici, né si partono già mai da essa. Con ciò sia che non è nulla il cercare delle cose, ma la difficultà è, poi che le persone l’hanno trovate, il saperle conservare et accrescere. Perché ne’ nostri artefici si sono molte volte veduti sforzi maravigliosi di natura, nel dar saggio di loro; i quali, per la lode montati poi in superbia, non solo non conservano quella prima virtú, che hanno mostro e con difficultà messo in opera, ma mettono oltra il primo capitale in bando la massa de gli studi nell’arte da principio da•llor cominciati; dove non manco sono additati per dimenticanti, ch’e’ si fossero da prima per stravaganti e rari e dotati di bello ingegno. Ma non già cosí fece il nostro Giorgione, il quale imparando senza maniera moderna, cercò nello stare co’ Bellini in Venezia, e da sé, di imitare sempre la natura il piú che e’ poteva. Né mai per lode che e’ ne acquistasse, intermisse lo studio suo; anzi quanto piú era giudicato eccellente da altri, tanto pareva a•llui saper meno, quando a paragone delle cose vive considerava le sue pitture; le quali, per non essere in loro la vivezza dello spirito, reputava quasi nonnulla. Per il che tanta forza ebbe in lui questo timore, che lavorando in Vinegia fece maravigliare non solo quegli che nel suo tempo furono, ma quegli ancora che vennero dopo lui. Ma perché meglio si sappia l’origine et il progresso d’un maestro tanto eccellente, cominciando da’ suoi principii, dico che in Castel Franco in sul Trevisano nacque l’anno MCCCCLXXVII Giorgio, dalle fattezze della persona e da la grandezza dell’animo, chiamato poi col tempo Giorgione. Il quale quantunque egli fusse nato di umilissima stirpe, non fu però se non gentile e di buoni costumi in tutta sua vita. Fu allevato in Vinegia, e dilettossi continovamente delle cose d’amore, e piacqueli il suono del liuto mirabilmente, anzi tanto, che egli sonava e cantava nel suo tempo tanto divinamente, che egli era spesso per quello adoperato a diverse musiche et onoranze e ragunate di persone nobili.

Attese al disegno e lo gustò grandemente; et in quello la natura lo favorí sí forte, che egli innamoratosi di lei non voleva mettere in opera cosa, che egli da ’l vivo non la ritraessi. E tanto le fu suggetto e tanto andò imitandola, che non solo egli acquistò nome di aver passato Gentile e Giovanni Bellini, ma di competere con coloro che lavoravano in Toscana et erano autori della maniera moderna. Diedegli la natura tanto benigno spirito, che egli nel colorito a olio et a fresco fece alcune vivezze et altre cose morbide et unite e sfumate talmente negli scuri, ch’e’ fu cagione che molti di quegli che erano allora eccellenti confessassino lui esser nato per metter lo spirto nelle figure e per contraffar la freschezza della carne viva, piú che nessuno che dipignesse non solo in Venezia, ma per tutto. Lavorò in Venezia nel suo principio molti quadri di Nostre Donne et altri ritratti di naturale, che son e vivissimi e belli; come ne può far fede uno che è in Faenza in casa Giovanni da Castel Bolognese intagliatore eccellente, che è fatto per il suocero suo; lavoro veramente divino, perché vi è una unione sfumata ne’ colori, che pare di rilievo piú che dipinto. Dilettossi molto del dipignere in fresco, e fra molte cose che fece, egli condusse tutta una facciata di ca’ Soranzo in su la piazza di San Polo. Nella quale oltra molti quadri e storie et altre sue fantasie, si vede un quadro lavorato a olio in su la calcina; cosa che ha retto alla acqua, al sole et al vento, e conservatasi fino ad oggi. Crebbe tanto la fama di Giorgione per quella città che avendo il Senato fatto fabricare il palazzo detto il Fondaco de’ Todeschi al ponte del Rialto, ordinarono che Giorgione dipignesse a fresco la facciata di fuori; dove egli messovi mano si accese talmente nel fare, che vi sono teste e pezzi di figure molto ben fatte e colorite vivacissimamente, et attese in tutto quello che egli vi fece, che traesse a ’l segno delle cose vive, e non a imitazione nessuna della maniera. La quale opera è celebrata in Venezia, e famosa non meno per quello che e’ vi fece, che per il comodo delle mercanzie et utilità del publico. Gli fu allogata la tavola di San Giovanni Grisostimo di Venezia che è molto lodata, per avere egli in certe parti imitato forte il vivo della natura, e dolcemente allo scuro fatto perdere l’ombre delle figure. Fugli allogato ancora una storia che poi, quando l’ebbe finita, fu posta nella scuola di San Marco in su la piazza di San Giovanni e Paulo, nella stanza dove si raguna l’Offizio, in compagnia di diverse storie fatte da altri maestri; nella quale è una tempesta di mare, e barche che hanno fortuna, et un gruppo di figure in aria e diverse forme di diavoli che soffiano i venti, et altri in barca che remano. La quale per il vero è tale e sí fatta, che né pennello, né colore, né immaginazion di mente può esprimere la piú orrenda e piú paurosa pittura di quella, avendo egli colorito sí vivamente la furia dell’onde del mare, il torcere delle barche, il piegar de’ remi et il travaglio di tutta quell’opera, nella scurità di quel tempo, per i lampi e per l’altre minuzie che contraffece Giorgione, che e’ si vede tremare la tavola e scuotere quell’opera come ella fusse vera. Per la qual cosa certamente lo annovero fra que’ rari che possono esprimere nella pittura il concetto de’ loro pensieri. Avvenga che, mancato il furore, suole addormentarsi il pensiero, durandosi tanto tempo a condurre una opera grande. Questa pittura è tale per la bontà sua, e per lo avere espresso quel concetto difficile, che e’ meritò di essere stimato in Venezia et onorato da noi fra i buoni artefici. Lavorò un quadro d’un Cristo che porta la croce, et un giudeo lo tira; il quale col tempo fu posto nella chiesa di Santo Rocco, et oggi per la devozione che vi hanno molti, fa miracoli, come si vede. Lavorò in diversi luoghi, come a Castel Franco e nel Trevisano, e fece molti ritratti a vari principi italiani; e fuor di Italia furon mandate molte de l’opere sue, come cose degne veramente, per far testimonio che se la Toscana soprabbondava di artefici in ogni tempo, la parte ancora di là vicino a’ monti non era abbandonata e dimenticata sempre dal cielo. Mentre Giorgione attendeva ad onorare e sé e la patria sua, nel molto conversar che e’ faceva per trattenere con la musica molti suoi amici, si innamorò di una madonna, e molto goderono l’uno e l’altra de’ loro amori. Avvenne che l’anno MDXI ella infettò di peste non ne sapendo però altro, e praticandovi Giorgione al solito, se li appiccò la peste di maniera, che in breve tempo nella età sua di XXXIIII anni, se ne passò a l’altra vita, non senza dolore infinito di molti suoi amici che lo amavano per le sue virtú. E ne increbbe ancora a tutta quella città; pure tollerarono il danno e la perdita con lo essere restati loro duoi eccellenti suoi creati, Sebastiano Viniziano che fu poi frate del Piombo a Roma, e Tiziano da Cador che non solo lo paragonò, ma lo ha superato grandemente. Come ne fanno fede le rarissime pitture sue et il numero infinito de’ bellissimi suoi ritratti di naturale, non solo di tutti i principi cristiani, ma de’ piú belli ingegni che sieno stati ne’ tempi nostri. Costui dà vivendo vita alle figure che e’ fa vive, come darà e vivo e morto fama et alla sua Venezia et alla nostra terza maniera. Ma perché e’ vive, e si veggono l’opere sue, non accade qui ragionarne.