Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1550)/Ambruogio Lorenzetti

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Buonamico Buffalmacco Pietro Cavallini Romano

AMBRUOGIO LORENZETTI

Pittor Sanese

Grandissima senza dubbio è l’obligazione che doverebbono aver del continuo alla natura et al cielo gli artefici di bellissimo ingegno, ma molto piú grande doverebbe esser la nostra verso loro, veggendo ch’eglino con tanta sollecitudine riempiono tutte le città di proporzionatissime fabriche e di vaghissimi componimenti, e s’arrecano il piú delle volte grandissima fama e grandissime ricchezze nelle case loro, non togliendosi punto dall’arte; la qual cosa veramente mise in esecuzione Ambruogio Lorenzetti, pittor sanese, il quale fu inventore molto considerato nel comporre e situare in istoria le sue figure. Di che ne fa vero testimonio in Siena ne’ frati minori una istoria leggiadrissimamente dipinta da lui, che tien tutta la facciata d’un chiostro figurando in quella in che maniera un giovane si fa frate et in che modo egli et alcuni altri vanno a ’l Soldano, e quivi sono battuti e sentenziati alle forche et impiccati ad uno albero e finalmente decapitati, con la sopragiunta d’una orrenda e spaventevole tempesta. Nella qual pittura con molta arte contrafece destrissimamente il rabbaruffamento dell’aria e la furia della pioggia e de’ venti ne’ travagli delle figure, da le quali i moderni maestri hanno imparato il modo et il principio della invenzione, per la quale come inusitata anzi prima, meritò egli comendazione infinita. Fu Ambruogio pratico coloritore a fresco, e nel maneggiare a tempera i colori operò quegli del continuo con destrezza e con facilità grande, come si vede ancora nelle tavole finite da lui in Siena allo spedaletto, per sopranome Monna Agnesa, nel quale dipinse e finí una storia con nuova e bella composizione. Et allo spedal grande fece la Natività di Nostra Donna in muro, e ne’ frati di Santo Agostino di detta città il capitolo, e nella volta si veggono figurate di sua mano parte delle storie del Credo. Indi nella facciata maggiore sono tre storie di Santa Caterina martire, quando disputa co ’l tiranno in un tempio, e nel mezzo la Passion di Cristo con i ladroni in croce e le Marie da basso, che sostengono la Vergine Maria venutasi meno. Le quali cose furono finite da lui con assai buona grazia e con bella maniera. Fece ancora, nel palazzo della Signoria di Siena, in una sala grande la Guerra, la Pace e gli accidenti di quelle, dove figurò una cosmografia perfetta, secondo que’ tempi. E piú si veggono nel medesimo palazzo otto storie di verdeterra, lavorate eccellentemente da lui. Dicesi che mandò ancora a Volterra una tavola a tempera, che fu lodatissima cosa in quella città. Et a Massa, lavorando in compagnia d’altri una capella in fresco et una tavola a tempera, fece conoscere a coloro quanto egli di giudicio e d’ingegno nell’arte della pittura valesse. Finita tale opera si partí, et a Fiorenza capitando per tornarsene a Siena, desideroso vedere le lodate opere de gli artefici nuovi fiorentini, fece in San Procolo, nella detta città, una tavola et una cappella, dentrovi le storie di San Niccolò in figure piccole, a contemplazione de gli artefici pittori amici suoi curiosi di vedere il modo dell’operar suo; et in breve tempo, come destro e pratico di tale arte, ad ultimo fine condusse tutto il lavoro, che gli confermò il nome et accrebbe riputazione infinita. Fu grandemente stimato Ambruogio nella sua patria, non tanto per esser persona nella pittura valente, quanto per avere dato opera a gli studi delle lettere umane nella sua giovanezza. Le quali gli furono tanto ornamento nella vita, in compagnia della pittura che, praticando sempre con literati e studiosi, fu da quegli con titolo d’ingegnoso ricevuto e del continuo ben visto, e fu messo in opera dalla republica ne’ governi publici molte volte, e con buon grado e con buona venerazione. Furono i costumi suoi molto lodevoli e come di gran filosofo aveva sempre l’animo disposto a contentarsi d’ogni cosa che il mondo gli dava, e ’l bene e ’l male finché visse sopportò con grandissima pazienzia. Costui con bella grazia, nell’ultimo di sua vita, fece una tavola in Monte Oliveto di Chiusuri.

Furono dunque le pitture di questo artefice nel MCCCXLI, et egli, in età d’anni LXXXIII, felicissimamente e cristianamente passò da questa all’altra vita, e fu pianto da tutti quegli che avevano pratica con esso lui et i suoi cittadini, per l’onore ch’egli nell’una e nell’altra scienza aveva fatto alla patria, della morte di lui infinitamente e per molto tempo si dolsero, come si vede per la inscrizzione ch’essi gli fecero, ciò è:

AMBROSII INTERITVM QVIS SATIS DOLEAT?
QVI VIROS NOBIS LONGA AETATE MORTVOS
RESTITVEBAT ARTE AC MAGNO INGENIO?
PICTVRAE DECVS VIVAS ASTRA DESVPER!