Le rime di M. Francesco Petrarca/Canzone XXXVI
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CANZONE XXXVI.
Da por sua cura in cose altere, e nove,
E dispregiar di quel ch’a molti è ’n pregio:
Quest’ancor dubbia del fatal suo corso
5Sola pensando, pargoletta, e sciolta,
Intrò di primavera in un bel bosco.
Era un tenero fior nato in quel bosco
Il giorno avanti; e la radice in parte
Ch’appressar nol poteva anima sciolta:
10Che v’eran di lacciuo’ forme sì nove,
E tal piacer precipitava al corso;
Che perder libertate iv'era in pregio.
Caro, dolce, alto, e faticoso pregio,
Che ratto mi volgesti al verde bosco,
15Usato di sviarme a mezzo ’l corso.
Ed ho cerco poi ’l mondo a parte a parte;
Se versi, o pietre, o suco d’erbe nove
Mi rendesser' un dì la mente sciolta.
Ma, lasso, or veggio che la carne sciolta
20Fia di quel nodo ond’è ’l suo maggior pregio,
Prima che medicine antiche, o nove,
Saldin le piaghe ch’i’ presi in quel bosco
Folto di spine: ond’i’ ho ben tal parte,
Che zoppo n’esco, e ’ntraivi a sì gran corso.
25Pien di lacci, e di stecchi un duro corso
Aggio a fornire; ove leggèra, e sciolta
Pianta avrebbe uopo, e sana d’ogni parte.
Ma tu, Signor, ch’hai di pietate il pregio,
Porgimi la man destra in questo bosco:
30Vinca ’l tuo Sol le mie tenebre nove.
Guarda ’l mio stato, alle vaghezze nove
Che ’nterrompendo di mia vita il corso
M’han fatto abitator d’ombroso bosco:
Rendimi, s’esser può, libera, e sciolta
35L’errante mia consorte; e fia tuo ’l pregio,
S’ancor teco la trovo in miglior parte.
Or' ecco in parte le question’ mie nove;
S’alcun pregio in me vive, o ’n tutto è corso,
O l’alma sciolta, o ritenuta al bosco.