Le quattro tempore

Giuseppe Gioachino Belli

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La donna gravida (1833) Er Monno
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833

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LE QUATTRO TEMPORE.1

     Séte curioso voi! Avévio2 fame,
E nnun c’era antro3 da maggnà, nnun c’era!
Queste nun zo’4 rraggione pe’ jjerzera!5
De tempora, un par d’ova in ner tigame?!6

     No, nno, mmanco7 una fetta de salame.
Iddio nun porta in mano la stadera.
Com’è rrobba provìbbita, chi spera
Ne la pochezza è un giacubbino infame.

     Vedi: si ppuro8 avessi, padron Biascio,9
Le vertù dde millanta Salamoni,
Tant’e ttanto10 ar maggnà bbiggna annà adascio.11

     Perchè, ffratello, in quell’antri carzoni12
Pesa ppiù un ovo e una grosta de cascio,13
Che ttutte ste vertù dde li c.......

15 agosto 1833.

Note

  1. I quattro tempi dell’anno, cioè i digiuni e le astinenze dalle carni che la Chiesa prescrive nei giorni di mercoldì, venerdì e sabato più prossimi agli equinozi ed ai solstizi, per rendere forse benigna la natura in que’ critici momenti. Qualunque di questi dodici giorni si dice tempora: oggi è tempora, la quale voce deriva senza dubbio dalle parole quatuor tempora anni. [In Toscana, “le quattro tempora.„]
  2. Avevate.
  3. Non c’era altro.
  4. Non sono.
  5. [Ragioni che potessero valere iersera.]
  6. Nel tegame, nella tegghia.
  7. Neppure.
  8. Se pure: quando anche.
  9. Biagio.
  10. Ad ogni modo.
  11. Bisogna andare adagio.
  12. In quell’altro mondo. [Fratello, qui vale: “caro mio.„]
  13. [Crosta di cacio.]