Le piacevoli notti (1927)/Notte decimaterza/Favola quinta

Notte decimaterza - Favola quinta

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FAVOLA V.

Vilio Brigantello amazza un ladro, il quale era posto nelle insidie
per amazzar lui.


Dice il famosissimo poeta, che chi prende diletto di far frode, non si die’ lamentar s’altrui l’inganna. Io molte volte e quasi sempre ho veduto quelli che vogliono ingannare, rimanere ingannati. Il che avenne ad un ladro il quale volendo uccidere un artegiano, fu ucciso da lui.

In Pistoia, città di Toscana, tra Firenze e Lucca, abitava un artegiano molto ricco e pieno di danari, e chiamavasi Villo Brigantello. Costui per paura de’ ladri fingeva di esser costituto in gran povertà, e abitava solitario senza donna e senza servi in una picciola casetta, ma ben molto piena e fornita di tutte quelle cose, che sono alla umana vita necessarie. E per dar fede della scarsa e picciola sua spesa nel vivere, vestiva un abito vile, abietto e lordo, e faceva la guardia al scrigno de’ suoi danari. Era Vilio vigilantissimo e molto sollecito al lavorare, ma misero e avaro nel spendere; e il suo mangiare, non era altro che pane e vino, con formaggio e radici d’erbe. Alcuni ladri giotti e astuti, istimando ragionevolmente che Vilio avesse gran quantità di danari, andarono una notte, all’ora che parve atta al loro proposito, per rubbarlo. E non potendo con suoi ferri e altri ordegni aprir la porta, nè romperla, e dubitando che per lo strepito non concitassero i vicini in sua mala ventura, s’imaginarono d’ingannarlo per un’altra via.

Era tra questi ladri uno che era molto familiare e domestico di questo Vilio, e dimostrava di esserli suo grande amico; e alle volte l’aveva menato a desinare seco. Posero questi tristi un suo compagno, ch’era capo e guida loro, in un sacco come [p. 210 modifica]morto, e portaronlo a casa di questo Vilio artegiano: pregandolo grandemente questo simolato amico suo, che lo tenesse in salvo, fin che ritornassero a tuorlo, che non molto dimorarebbono. Vilio, non sapendo piú oltre, per la preghiere del simulato amico, lasciò porre questo corpo in casa in salvo. Avevano e’ ladri dato ordine tra loro, che quando Vilio fusse addormentato, dovesse uscir del sacco e ucciderlo, e tuorli i danari con l’altre cose migliori, che s’attrovasse. Essendo adunque il sacco col corpo posto in casa, ed essendo Vilio appresso il lume attento al lavorare, risguardando per aventura, come è costume di quelli che sono timidi e paurosi, il sacco dove nascoso era il ladro, gli parve che quel corpo si movesse nel sacco. Onde, levatosi da sedere, subito prese un bastone di mirto, pieno di nodi, e lo menò sul capo del ladro, e percosselo di sí fatta maniera, che lo amazzò, e di simolato e finto il fece un vero morto. I compagni del ladro, avendolo aspettato fin appresso il giorno, vedendo ch’el non veniva, diedero la colpa al sonno; e dubitando, non del compagno, ma del giorno che s’approssimava, ritornarono alla casetta dell’artegiano, e gli addimandarono il suo deposito. Il qual dato loro, poi ch’ebbe molto ben serrato l’uscio e bene puntelato, dissegli ad alta voce: — Voi mi deste un corpo vivo in luogo d’un corpo morto. — Il che udito, i ladri sbigottiti rimasero; e aperto il sacco, trovarono morto il fedelississimo suo compagno. E per onorare il valor del magnanimo suo capitano, dopo molte lagrime e sospiri, lo diedero al mare che lo nascondesse; e cosí quello che se aveva imaginato di tradire e ingannar l’artegiano, fu tradito e ingannato da lui. —