Le mie prigioni/Cap XCIV
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Capo XCIV.
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Pordenone, Conegliano, Ospedaletto, Vicenza, Verona, Mantova mi ricordavano tante cose! Del primo luogo era nativo un valente giovane, stàtomi amico, e perito nelle stragi di Russia; Conegliano era il paese ove i secondini de’ Piombi m’aveano detto essere stata condotta la Zanze; in Ospedaletto era stata maritata, ma or non viveavi più, una creatura angelica ed infelice, ch’io aveva già tempo venerato, e ch’io venerava ancora. In tutti que’ luoghi insomma mi sorgeano rimembranze più o meno care; ed in Mantova più che in niun’altra città. Mi parea ieri che io v’era venuto con Lodovico nel 1815! Mi parea jeri che io v’era venuto con Porro nel 1820! - Le stesse strade, le stesse piazze, gli stessi palazzi, e tante differenze sociali! Tanti miei conoscenti involati da morte! tanti esuli! una generazione d’adulti i quali io aveva veduti nell’infanzia! E non poter correre a questa o quella casa! non poter parlare del tale o del tal altro con alcuno!
E per colmo d’affanno, Mantova era il punto di separazione per Maroncelli e per me. Vi pernottammo tristissimi entrambi. Io era agitato come un uomo alla vigilia d’udire la sua condanna.
La mattina mi lavai la faccia, e guardai nello specchio se si conoscesse ancora ch’io avessi pianto. Presi, quanto meglio potei, l’aria tranquilla e sorridente; dissi a Dio una picciola preghiera, ma per verità molto distratto; ed udendo che già Maroncelli movea le sue grucce e parlava col cameriere, andai ad abbracciarlo. Tutti due sembravamo pieni di coraggio per questa separazione; ci parlavano un po’ commossi, ma con voce forte. L’uffiziale di gendarmeria che dee condurlo a’ confini di Romagna è giunto; bisogna partire; non sappiamo quasi che dirci; un amplesso, un bacio, un amplesso ancora. — Montò in carrozza, disparve; io restai come annichilato.
Tornai nella mia stanza, mi gettai in ginocchio, e pregai per quel misero mutilato, diviso dal suo amico, e proruppi in lagrime ed in singhiozzi.
Conobbi molti uomini egregi, ma nessuno più affettuosamente socievole di Maroncelli, nessuno più educato a tutti i riguardi della gentilezza, più esente da accessi di selvaticume, più costantemente memore, che la virtù si compone di continui esercizi di tolleranza, di generosità e di senno. Oh mio socio di tanti anni di dolore, il Cielo ti benedica ovunque tu respiri, e ti dia amici che m’agguaglino in amore e mi superino in bontà!