Le laudi/VI
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(Magl. VII, 1159)
– O Signor mio, ben fu l’ amor tuo forte,
Che ti condusse a così crudel morte!
Chi t’ à condotto in su quel crudel1 legno
Con le tuo membra, forte conficcate?
5E’ t’ à condotto amore e non2 isdegno,
E’ t’ à condotto la tua caritate.
Di te preso non ài punto piatate,
Pur che dirizzi nostre opere torte.
Quando risguardo in quel tuo santo viso
10Alla faccia battuta e sanguinosa,
Gli occhi velati; e se’ morto e deriso,
E la testa forata e non si posa,
La bocca asciutta; com’ è cruda cosa
A vederti condotto a cotal sorte!
15Contemplo quella piaga del costato,
Che gitta tanto sangue ed acqua insieme,
Che tutto el mondo se n’ è rinfrescato,
E cresciuto n’ è pur questo tuo seme.
O Signor mio, da tutti e’ lati geme
20Pace e benignità che ci conforte. –
– Patito ho molte pene e gran martìre
Per campar te dalle pene eternale,
Perchè tu viva, ho voluto morire,
E tu se’ stato di te micidiale:
25Da te rimane el farti celestiale:
Aperto t’ ò del regno mio le porte. – 3