Giuseppe Gioachino Belli

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Manco una pe le mille Er Nibbio
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832

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LE FREBBE

     Succede istessamente a mmi’ marito.
Si nun è una, è ll’antra sittimana,
Turutuf1 j’arïoca2 la terzana,
Che ssi lo vedi è ppropio arifinito.

     Li ggiorni che nun viè sta frebbe cana,
Sta mmosscio e arresta llì ttutto anniscito;3
E mme ggira pe’ ccasa cór marito,4
Freddo ppiù dde la pietra de funtana.

     Cuann’esce er zole, verz’er mezzoggiorno
Tanto s’azzarda mezz’oretta a spasso;
Ma cquanno piove me sta ssempre attorno.

     La notte poi lo lasso stà lo lasso.
Mo ffra de noi che cce pò èsse? un corno.5
Sia pe’ l’amor de Ddio: fascemo passo.


Roma,8 dicembre 1832

Note

  1. Segno di ripetizione o sopravvegnenza.
  2. Traslato preso dal giuoco dell’oca, e vale: “ripetere il punto.„
  3. Tristanzuolo, assiderato, accidioso: di tutte queste cose un poco.
  4. Caldano.
  5. Nulla.