Le devozzione de la padrona

Giuseppe Gioachino Belli

1845 Indice:Sonetti romaneschi V.djvu sonetti letteratura Le devozzione de la padrona Intestazione 25 dicembre 2024 75% Da definire

La notte de Pasqua Bbefanìa Er predicatore de chiasso
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1845

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LE DEVOZZIONE DE LA PADRONA.

     Uh a pproposito, Pèppe, de toletta,
Sai? domatina svéjjeme a bbon’ora,
Ch’ho da chiamà ppiù ppresto la siggnora,
Che vvò annà a cconfessasse in parrocchietta.[1]

     Volevo dìtte un’antra cosa... ah, aspetta:
Da’ un zompo[2] cqui da Marta la sartora,
Che llei[3] pe’ mmezzanotte, o ddrent’o ffòra,[4]
Vò ll’abbito, o ddiventa una saetta.

     Poi tu a ddiesciora trovete vistito
In riverèa,[5] pe’ accompaggnalla in chiesa
Avanti che sse svejji su’ marito.

     Portata che cce l’hai, vièttene via:
Lassela puro, e ttu vva’ a ffà la spesa;
Ché ar ritorno cià un’antra compaggnia.

10 gennaio 1845.

Note

  1. [La parrocchietta è quella stanza attigua alla chiesa e per lo più a pian terreno, nella quale il curato dà le sue udienze a’ parrocchiani, e spesso anche confessa le persone privilegiate, che non vogliono confessarsi in chiesa, come tutti gli altri mortali.]
  2. [Fai una corsa. — Zompo, salto; zompà, saltare.]
  3. [Detto cosi assolutamente, s’intende sempre “la padrona.„]
  4. [O dentro o fuori, cioè: “una delle due.„ E s’usa anche in Toscana.]
  5. [Livrea. Ci annettono l’idea di riverire.]