Le campane
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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834
LE CAMPANE
Le campàn1 de le cchiese, sor Grigorio,
Sò2 dde metall’infuso3 e bbattezzate,
E vve fanno bbellissime sonate
A cchi ha cquadrini da pagà er mortorio.
Nun c’è ddiasilla, o pprego, o rrisponzorio4
Che, ar modo che le cose sò aggiustate,
Pozzi mejjo d’un par de scampanate
Delibberà cchi ppena in purgatorio.
Da la condanna ch’er bon Dio je diede
Je se ne scala un anno pe’ oggni tocco,
E ggiacubbino sia chi nnun ce crede.
E ppe’ cquesto quassù, cchi nnunè ssciocco,
Ner morì llassa l’obbrigo a l’erede
Che jje ne facci dà ttanti a bbajocco.
21 aprile 1834
Note
- ↑ Campane. Questa apocope non si creda già qui usata per servire al verso. Niuna mai di queste riprovevoli figure, o licenze poetiche abbiam noi adoperata, ma tutto sempre e ingenuamente espresso secondochè purgato suole uscire dalla bocca dei nostri modelli. Di tanto ci rendemmo responsabili nella prefazione, e tanto abbiamo scrupolosamente eseguito.
- ↑ Sono.
- ↑ Metallo fuso.
- ↑ La diessilla, il devoto prego e il responsorio sono la merce che vendono i ciechi alle porte delle chiese, in suffragio delle anime sante del purgatorio.