Ladin! 2013/6
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Mario Ferruccio Belli
Giovanni Battista Del Favero Valiér, guida alpina e cacciatore
La tragedia e la gloria
di sangue freddo, prudente e
che può esercitare con buoni
risultati il mestiere di guida
alpina. Preletto, confermato e
sottoscritto. Il dichiarante Pordon
Giuseppe. Visto il Sindaco
Belli Gioachino”.
In quegli anni di miseria, con un’emigrazione che svenava i paesi del Bellunese, fare la guida era l’aspirazione di tanti giovani, fra loro anche Giovanni Battista Del Favero, familiarmente Tita Valiér.
Era nato nel 1878 a San Vito, nella frazione di Costa, in faccia all’Antelao, quasi sotto i lunghi ghiaioni del Marcòra.
Per questa, e altre ragioni, era già pratico delle tre montagne sanvitesi più importanti e conoscitore di tutti i sentieri e passaggi difficili, “vallichi e forcelle”, come cacciatore di camosci. Essendo in più “prudente e di sangue freddo” era meritevole di appoggio e il sindaco accetta di caldeggiarlo alla sezione del Cai di Auronzo, una delle poche in Italia in grado di conferirgli il brevetto. “S. Vito Cadore, 11 settembre 1904. All’Onorevole Sezione del Club Alpino di Auronzo. Mi pregio inviare a codesta onorevole Sezione gli uniti documenti riferibili al giovane Del Favero Giovanni Battista Del Favero Valiér, nato a San Vito di Cadore nel 1878, è stato una guida alpina che ha onorato il suo paese. Sposato con Domenica De Vido (1898-1970), che gli diede i figli Giovanni (1926-1936), Antonio (1928-1936), Maria (1935), Giovanni (1939), è mancato nel 1952.
In un paio di documenti del 1904, ritrovati negli archivi del comune di San Vito, compaiono assieme le guide Giuseppe Pordon da Masarié e Giovanni Battista Zanucco, dove il primo caldeggia un giovane di nome Giovanni Battista Del Favero Valiér, che voleva diventare guida alpina. “Municipio di San Vito del Cadore. Davanti del sottoscritto Sindaco quest’oggi 28 maggio 1904 è comparso Pordon Giuseppe fu Giovanni di anni 55, di professione guida alpina da 22 anni, encomiato dai turisti più notevoli, il quale dichiara sotto la propria personale responsabilità che Del Favero Gio Battista di Giovanni, di anni 26, ha compiuto le ascensioni dei monti Marcora, Antelao, Pelmo, che è pratico dei sentieri, dei vallichi (sic), delle forcelle, sicuro Il libretto di guida, rilasciato il 17 giugno 1910 a Giovanni Battista Del Favero “Valiér” (Archivio Roberto Belli “Tadea”)
Del Favero era dunque più di una speranza per l’alpinismo e, in valle del Boite da Borca fino in Ampezzo, era conosciuto come formidabile (e invidiato) cacciatore. Dal 1893 egli teneva diligente Battista Antonio che prega di essere inscritto nell’album delle Guide alpine. Poiché delle guide attuali per l’età avanzata non tutte sono in caso di continuare il servizio, credo necessaria l’approvazione di elementi nuovi e faccio conferma speciale preghiera. Con osservanza. Il Sindaco Belli Gioachino”. Curiosamente, fra i due anziani, anzi di età avanzata, c’era Giuseppe Pordon Masarié che aveva appena 55 anni! mente un notes con l’elenco delle catture, anno dopo anno, in questo ordine: camosci, caprioli, volpi e aquile. Mezzo secolo più tardi, quando smetterà di annotare gli abbattimenti, o forse anche di andare a caccia? nell’anno 1946, il totale sarà: camosci 223, caprioli 111, volpi 71, aquile due. Queste le aveva sparate con il medesimo fucile a canna liscia, palla calibro nove, ovviamente ad un solo colpo che usava per i camosci. Peserà sui cinque chili, lungo un metro e mezzo, il figlio Giovanni lo custodisce tutt’oggi.
La prima aquila l’aveva sparata dietro la Torre dei Sabbioni, su richiesta di Sebastiano De Lotto Nadalin, pastore delle pecore della Regola grande di San Vito, che la vedeva portargli via agnelli. L’altra, dalla parte opposta della Forcella Grande, sotto gli appicchi della Punta Tajola, dove l’aveva scorta col binocolo, mentre mangiava la preda. Anche questa su preghiera del pastore. Dunque sempre a fin di bene (!) si sarebbe giustificato con la guardia.
Tornando al nostro aspirante guida di montagna, non si conoscono le ragioni per le quali la segnalazione che il sindaco di S. Vito aveva spedito nel 1904, troverà risposta favorevole soltanto sei anni dopo, nel 1910. E CAMOSCI CAPRIOLI VOLPI E AQUILE Anni Venti. Giovanni Battista Del Favero “Valiér” durante un’ascensione al Sorapis (Archivio Roberto Belli “Tadea”)
Il totale delle ascensioni è veramente da manuale. In poco più di diciassette anni, perché durante la guerra ne fa soltanto quattro come vedremo, si contano 70 volte l’Antelao, 46 il Pelmo, 15 il Sorapìs - Marcòra, una la Cima Piccola di Lavaredo,17 salite della Torre dei Sabbioni, più altre vette minori, come il Bel Pra tre volte, la Punta Tajola due, la Rocchetta una e inoltre una traversata invernale della Val d’Oten da S. Vito a Calalzo, per finire con un’altra traversata invernale della Forcella Grande da S. Vito a Misurina.
Durante la grande guerra, a partire dal 1915, fece il solnon dal Cai di Auronzo, ma invece dal Consorzio Intersezionale Veneto per l’arruolamento e la disciplina delle Guide e dei Portatori delle Alpi Venete con sede a Venezia, che rilascia a Del Favero Giovanni Battista di Giovanni da S. Vito il libretto di guida n. 11.
Egli vi è così descritto. “Nato il 14 luglio 1878 a S. Vito di Cadore provincia di Belluno. Altezza m 1,63; corporatura snella; capelli neri; fronte reg; sopracciglia nere; occhi castani; naso reg; bocca reg; mento reg; barba nera; colorito sano. Visto il Sindaco di S. Vito, Ossi Lorenzo, 24 luglio 1910”.
Il prezioso documento custodito dalla famiglia riporta le ascensioni effettuate dal 1910 al 1931 con le annotazioni, tutte lusinghiere, dei clienti, la maggior parte italiani, salvo una manciata di tedeschi. dato sulle Tofane, dove ebbe un paio di volte l’occasioni di guidare il suo reparto lungo vie alpinistiche da lui conosciute, e una volta con un drammatico scontro a fuoco con le sentinelle austriache, come raccontava nella tarda età.
Di vere ascensioni che risultano sul libretto di guida ce SETTANTA VOLTE SULL’ANTELAO Anni Trenta. Giovanni Battista Del Favero “Valiér” (ultimo a destra in piedi) con alcuni escursionisti in cima all’Antelao. Tra i sei si riconosce Giusto (Iusto) De Vido, primo a sinistra in piedi con la corda a tracolla (Archivio Roberto Belli “Tadea”) Anni Quaranta. San Vito di Cadore, località Costa. Giovanni Battista Del Favero “Valiér” con il fucile a tracolla (Archivio Roberto Belli “Tadea”)
spedale militare di Padova, da dove, guarito, venne congedato. Era la fine del 1918, il paese è ridotto in miseria. Nel 1919 riprese il lavoro di guida, con una unica ascensione sul Pelmo; l’anno dopo, 1920, ancora un Pelmo ed un Antelao. Il turismo stava appena riprendendo, ma ci vorranno ancora diverse stagioni per i consueti ritmi. Di fatto, nel 1932, il vecchio bloc notes non ha più pagine bianche ed egli chiede il secondo libretto di Guida, che viene emesso dal Consorzio Nazionale Guide e Portatori del Cai Lombardo Veneto a Cortina d’Ampezzo, firmato da Bepi Degregorio, il noto scrittore di montagna responsabile delle Poste di Cortina, ma pure Presidente della sezione del Cai.
due quintali, meritandosi i complimenti per i tanti problemi risolti nella scalata. “Battista del Favero ha guidato con molta sapienza e prudenza la carovana di 10 persone tra portatori e operatori al Monte Antelao, malgrado le difficili condizioni della neve. Ci dichiariamo perfettamente soddisfatti del servizio da lui prestato. Dottor Antonio Manoni (?) ing. geog. dell’ Ist. Geog. Milit. Cap. ? ….”.
Il 9 agosto ritorna sull’Antene sono tre nei giorni 4, 14 e 19 settembre 1916, quando porta due signori di Firenze nell’ordine: sull’Antelao, sul Pelmo e sulla Torre dei Sabbioni. Forse militari? Essi non lo dicono, salvo definirsi fiorentini e soddisfatti della guida. Di certo erano invece militari dell’esercito, anzi ufficiali, quelli che accompagnò nel 1917 sul Sorapìs, dalla cui vetta probabilmente volevano avere una visione allargata del fronte dolomitico.
Nei giorni della ritirata dopo Caporetto, assieme alla sua compagnia di alpini al comando di Olivo Sala, ultimi soldati italiani a lasciare Cortina d’Ampezzo, Del Favero arretrò sul Monte Grappa, dove combatte fino a che si ammalò di tifo. Fu fortunato perché lo ricoverarono nell’o
Il nuovo manuale contiene le dichiarazioni di alpinisti a partire dal 1933, 1934 e 1935. Nessuna nel 1936, anno della disgrazia del figlio Giovanni. Le ultime salite le compie nel 1937. Riepilogando, nell’anno 1933 vi sono quattro arrampicate. La prima è senza data, ma importante, perché accompagna sull’Antelao dieci tecnici dell’Istituto geografico militare che vi installano il teodolite pesante quasi lao. “La celebrata guida cadorina che nella via del ritorno essendo io stanca è stato incitatore egregio d’energia. A lui i miei cordiali ringraziamenti, dott. Clementina di San Lazzaro da Bologna”.
Il 12 agosto sale “alla vetta del Sorapis; gita bellissima, ascensione interessante; ottima come sempre la guida Del Favero che ben conoscevamo per le ascensioni fatte con lui all’Antelao e Pelmo. Prof. Giovanni Cavagnis , Vittorio Cavagnis, Cai Padova”.
Il 28 agosto: “Io mio fratello e Franco Morassutti abbiamo compiuto l’Ascensione al Pelmo accompagnati dalla guida Del Favero che è stata con noi principianti di una prudenza e pazienza veramente ammirabili. Nenia Busetto”. Nel 1934 compie tre ascensioni. Il 9 luglio: “Al Pelmo con l’ottima guida Del Favero, abile, prudente e buon compagno di gita … Maria P….”. Il 21 agosto: “Fatto con la provetta guida Del Favero l’ascensione dell’Antelao e superate tutte le difficoltà che essa presenta per un inesperto grazie alla parola saggia e suggestiva di fiducia e all’oculatezza e prudenza della guida stessa. Prof. Guido Baroni del R. Istituto Nautico di Trieste”. “L’8 settembre 1934 anno XII, colla bravissima guida, provetta e prudente guida Battista del Favero abbiamo attraversato i ghiacciai dell’Antelao... Avv. Antonio...”.
IL FASCISMO E LA TRAGEDIA
Il 12.9. 1935 con una turista tedesca sull’Antelao: “… Mein Führer Herr Battista del Favero hatte ... mit viel ... Dr. Olga ... D.O.A.V.” .
Nel 1936 non c’è alcuna salita in montagna. In febbraio il figlio Giovanni, di dieci anni, viene travolto da un treno della Ferrovia delle Dolomiti, ad un passaggio a livello non custodito, mentre scendeva con lo slittino. Si trattava di un convoglio straordinario, non segnalato e dunque non conosciuto. A bordo portava un unico passeggero, il
Nel 1935 fa otto arrampicate. L’8 agosto: “Alla Punta Tajola per prima ascensione con l’ottima guida Del Favero. Molto soddisfatta, non ho che parole di elogio. Violetta Cabella Cai Genova”.
Il 12 agosto: “All’Antelao con tempo splendido in quattro ore e mezza di salita dal Rifugio Galassi. Molto ringrazio la bravissima guida G.B. Del Favero Violetta Cabella CAI Genova”.
Il 13 agosto: “Alla scalata dell’Antelao con tempo pessimo e pioggia. Abbiamo ammirato la prudenza dell’ottima guida Del Favero. Rita Venditti, Ugo Bolognani (?) Paolo Bagni (?)”.
“Il 22.8.1935 XIII. Abbiamo salito il Sorapìs guidati dall’ottimo G.B. Del Favero. Dott. Marcello Rossi, dott. Pallavicino Giacomo, Silvio Zavagna”.
Il 24 agosto: “Anche oggi favoriti dal bel tempo abbiamo salito il Pelmo. Gita interessantissima in cui la bravissima guida del Favero ebbe agio di manifestare tutte le sue buone doti. Violetta Cabella, Genova”.
Il 31 agosto: “Sempre con tempo magnifico abbiamo effettuato l’ascensione al Sorapis... Un arrivederci ad un altr’anno! Violetta Cabella, Genova”.
Il 2.9.1935 XIII: “Scalata dell’Antelao. Tempo splendido. Panorama incantevole. Guida valentissima che onora la schiera delle forti guide cadorine. Gen. M.V.S.N. Duccio Alberti CAI Roma”.
ministro e federale fascista Farinacci diretto a Cortina per il trofeo sci-alpinistico “Segretario del Partito”. Il trauma per la famiglia fu enorme. Quell’anno Tita, non solo non compì ascensioni, ma non andò nemmeno a vidimare il libretto di guida.
Senza omettere che alla tragedia si sommarono pure le angherie delle autorità fasciste, essendo “La guida Del Favero Giovanni Battista notoriamente contrario al partito”.
Peraltro egli reagì nel 1937, ultimo anno di attività, in
Giovanni Battista Del Favero “Valiér” primo a sinistra, durante una battuta di caccia con alcuni compaesani
tamente la nostra gratitudine. Luigi Alzona, Giorgio Bisconi (?) di Bologna”.
Il 3 settembre, ancora sull’Antelao, con Mari Baer e Aldo Gianbartolomei. Il 4 settembre, di nuovo e per l’ennesima volta sull’Antelao, con Maria Adele Cozzi di Trieste. Questa è l’ultima cliente.
Sulla pagina seguente compare anche l’ultimo timbro Consorzio Nazionale Guide e Portatori del CAI, Cortina d’Ampezzo, 28 marzo 1938 anno XVI Il Presidente (firmato) Degregorio e, accanto, la scritta Guida emerita. Seguono le pagine bianche. messo di costruire una casa su un terreno che possedeva nei cui compie cinque ascensioni.
Il 12 agosto accompagna clienti su montagna non indicata: “La guida Del Favero è stata per le nostre due compagne di gita un aiuto indispensabile, gentilissimo, sicuro e di grande esperienza. Ne siamo rimasti assolutamente soddisfatti. Marco Morosini Guf. Roma, Sonia Guadalupi, Liliana Fergnani”.
Il 18 agosto porta un turista tedesco sul Sorapis.
Il 20 agosto: “Abbiamo scalato l’Antelao con il prezioso aiuto di Del Favero Battista che ci ha fatto gustare molto la gita mercé la sua abilità ed esperienza Egli merita compleNel 1931 aveva ricevuto dal Comune di San Vito il perpressi dell’emporio di Ulisse Fiori, ai bordi della strada per andare a Serdes.
“San Vito, li 18 dicembre 1931 Anno X. Ill.mo Signor Del Favero Battista Valiér. Il sottoscritto dà il Nulla Osta per la costruzione di una villa in località Val del Cristo secondo il progetto presentato il 16 corrente mese. Il fabbricato dovrà essere ultimato il 16 XII 1932, a sensi del regolamento di edilizia. Nel concedere il suddetto nulla osta il sottoscritto avverte il richiedente che nella località denominata Val del Cristo, e precisamente nei pressi del sentiero campestre che partendo dalla svolta di Col de Comun arriva alla strada vecchia della Vallesella, all’altezza del vicinato De Vido Coletti, dovrà essere costruita una latteria moderna.
Il predetto avvertimento è ritenuto necessario per la migliore o più opportuna ubicazione del fabbricato civile che ella à chiesto di costruire. Come la S.V. è a conoscenza una piccola porzione del suo fondo verso il Boite, è cioè la parte più a valle, potrebbe essere dichiarata indispensabile allo scopo della costruzione del suddetto caseificio. Con osservanza. Il Podestà. Menegus”.
La villa non è stata più co
LA VILLA MANCATA
San Vito di Cadore, negli anni ante prima guerra. In basso a destra la località Val del Cristo dove Tita Valiér intendeva costruire la villa. (Archivio Roberto Belli “Tadea”)
candoli al “sicuro” alle Poste di San Vito.
Ai figli diceva con amarezza distaccata: “Mai sparagnà i solde parcé che al governo, prima o daspò, al se li magna”.
I disegni erano stati fatti da Gelindo Martinelli, Ine Santa, anche lui appassionato cacciatore, ma altresì professore di disegno alle Scuole Industriali di Cortina.
struita. Prima, a causa della tragedia del 1936; poi, per lo scoppio della seconda guerra quando venne richiamato, seppure per poco tempo, rimandando l’inizio dei lavori.
Infine l’inflazione succeduta a quegli anni drammatici per il nostro paese, e anzi per il mondo intero, si mangiò i soldi che aveva risparmiato durante anni di fatica, collo
Sulla Rassegna bimestrale illustrata “Cadore. Organo della Magnifica Comunità Cadorina”, anno II, n. 4 luglio-agosto 1943 XX, diretta da Andrea Pais, Tipografia Panfilo Castaldi Feltre, apparve questo articolo, “Una guida cadorina”, a firma Ursus, pseudonimo del dottor Antonio Milani, allora abituale villeggiante a San Vito che, in seguito, fonderà a Padova la casa editrice CEDAM: “Salgo al villaggio di Costa, frazione di S. Vito, e domando dove abita Tita Del Favero. Mi indicano l’ultima casa i alto del villaggio, che mi affretto a raggiunger. La casa domina una profonda scarpata, in fondo alla quale scorre il Ru Secco, affluente del Boite. Prima di entrare do un’occhiata all’intorno. Sovrastano i Becchi d’In pò Sponda, il Sorapìs, il Bel Prà, lo Scotèr e l’Antelao. Sono tutti qui d’attorno i giganti che parlano il sublime linguaggio della montagna. Per questo il nostro Tita, con uno scenario simile costantemente sotto gli occhi, non poteva essere diverso da quello che è stato. Doveva diventare guida o per lo meno cacciatore, ed egli è diventato l’uno e l’altro in modo superlativo. Entro nel cortiletto che sta davanti alla casa e lui, che mi ha visto dalla stua (salotto) attraverso le inferriate delle finestre, mi viene incontro sorridente...
Forte e buono. Testa ben squadrata, moschettone alla brava, fronte spaziosa. Dimentica, dopo poco, il ritegno iniziale e si apre in un largo sorriso e in un fluente conversare... Pover’uomo! Una sciagura spaventosa lo ha colpito qualche tempo fa. Un giorno mentre era a casa, sono venuti ad avvertirlo che il suo figliuolo maggiore si era fatto male al passaggio del treno. Accorse pieno di spavento e lo trovò dilaniato. Da quel dì egli è un po’ diverso, e, sebbene invitato parecchie volte a salire in montagna come guida, non si mosse...
“Caro Tita, quante ascensioni avete fatto?”. “Parecchie, specialmente se dovessi contare quelle giovanili. Ma quelle, diremo così ufficiali, sono annotate nei miei libretti di guida che sono qui”.
Me li mostra, sono due. Leggo e sommo. Settantotto salite sull’Antelao. Cinquantadue sul Pelmo. Ventiquattro sul Sorapìs. Quattordici sulla Torre dei Sabbioni. Quattro sul Bel Prà. Una sulla Punta Tajòla. Tre traversate invernali da S. Vito per Forcella piccola a Calalzo. Una traversata invernale da S. Vito per Forcella Grande a Misurina. Una salita alla Cima Piccola di Lavaredo.
Perbacco! Uno stato di servizio che può rendere orgoglioso ogni uomo...”. “Come avete incominciato?”. “Da ragazzo. Nei giorni di festa scappavo di casa e correvo di prima mattina ad aggrapparmi alle crode”. “Dite, caro Tita, dopo quarantacinque anni di affascinanTita Valier, guida alpina
IL PERSONAGGIO NELLA STORIA COLORE
Un secondo articolo, ma sotto il profilo di cacciatore, apparve sul n. 5, settembreottobre 1942 XX dello stesso “Cadore”, ancora a firma Ursus. Nulla dice oltre ciò che già sappiamo. Le armi, l’attrezzatura alpinistica e di caccia, i due libretti di Guida alpina, le fotografie, le pubblicazioni e i testi vari sulla guida più nota di San Vito, (fra cui un paio di articoli a firma Ovidio Menegus), sono custoditi nella casa (Hotel Barancio) di Giovanni, l’ultimo figlio della guida Tita te vagabondaggio per queste montagne, se vi chiedessero una specie di testamento da lasciare in eredità agli uomini delle montagna che cosa direste voi?”. “Direi prima di tutto che colui che è non dotato di speciali qualità naturali, grande calma, grande prudenza e grande attenzione, resti a casa... E finisco: si è detto che due sono le fonti di piacere per chi va in montagna: quella fisica dovuta all’esercizio, e quella dello spirito dovuta alle superbe visioni. Io dirò solo che ogni passo è salute e gioia”.
Valiér, nato nel 1939, che il padre volle per ricordare in lui il primo nato, rubatogli dal destino.
Forse sarebbe tempo che il paese di San Vito, cui questa guida tenace e limpida ha dato conoscenza nel mondo degli alpinisti, ne ricordasse il nome con una piazza o, meglio ancora, dedicandogli una delle vie che portano alle montagne da lui tante volte salite.