Ladin! 2011/1
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Carlo Avoscan
Una proposta per ridare vita ai nostri paesi: l’albergo diffuso
Immobile abbandonato a Goima (Zoldo Alto).
Edifici di pregio architettonico ben si prestano ad essere restaurati e convertiti in albergo diffuso. (Foto Carlo Avoscan)
opportuna quando accanto ai proprietari partecipino all’impresa soggetti finanziatori.
Altra soluzione è la costituzione di un consorzio di proprietari che affidano la gestione ad altro soggetto.
L’ospite deve poter usufruire dei servizi tipici di una struttura alberghiera moderna, dalla reception, che fornisce accoglienza ed assistenza (apprezzato è l’angolo informativo, con mappa del territorio, dépliant, guida alle attrazioni locali, calendario delle manifestazioni, ecc.), al ristorante, anche convenzionato, agli altri spazi comuni (sala lettura, riunioni, giochi, televisione, Internet, area benessere, parcheggi), alla pulizia. Apprezzata è la cucina a chilometri zero, che somministra prodotti prevalentemente del territorio, a partire dalla prima colazione, preferibilmente a buffet con torte e marmellate caserecce, formaggi e salumi locali, ecc.
Altra caratteristica fondamentale di questa forma di ospitalità, il vero valore aggiunto, è il contatto diretto del turista con la comunità locale che per quanto piccola è ancor viva, con le sue tradizioni, il suo modo di vivere.
L’idea di albergo diffuso nasce in Carnia all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso, dall’intuizione di Giancarlo Dall’Ara, oggi docente di marketing del turismo all’Università di Perugia e presidente dell’Associazione Nazionale Alberghi Diffusi (ADI), allo scopo di favorire l’utilizzo a fini turistici dei borghi devastati e ricostruiti dopo il terremoto del 1976.
La Sardegna è la prima regione italiana a adottare una normativa specifica nel 1998. Oggi sono tredici le Regioni che hanno riconosciuto l’utilità di incoraggiare 1 questo tipo d’iniziativa, intervenendo con proprie leggi, e tra queste alcune delle più gettonate dai viaggiatori di tutto il mondo, soprattutto in Italia centrale e meridionale: Marche, Umbria, Toscana, Basilicata, Puglia, ma anche Friuli-Venezia Giulia; una cinquantina le strutture in attività.
L’affermarsi dell’albergo diffuso risponde alla crescente domanda di modelli di vacanza meno omologati, al di fuori dalle consuete rotte, di soggiorni meno asettici di quelli presso gli alberghi tradizionali, meno commerciali e più autentici, all’insegna di un turismo della conoscenza e delle emozioni, per persone che amano la vita di paese, le feste, le sagre, i mercatini e dove, in particolare lo straniero, possa provare e apprezzare lo stile di vita italiano. Nella nostra provincia vi sono diverse zone pregevoli dal punto di vista paesaggistico che ben si prestano all’iniziativa: si pensi al Cadore e al Comelico, con sicure potenzialità turistiche, fino ad ora in gran parte inespresse anche a causa del prevalere della monocultura dell’occhiale, oggi purtroppo in crisi.
Dei quaranta comuni dell’Alto Bellunese, tutti - eccetto Cortina d’Ampezzo - hanno meno di cinquemila abitanti, e tra questi sedici non arrivano a mille residenti (dati statistici riferiti al 31.12.2009). Il calo demografico degli ultimi anni ha reso disponibile un rilevante patrimonio immobiliare, la maggior parte inutilizzato o sottoutilizzato. L’intento è di convertire ad uso alberghiero edifici chiusi o case semiabbandonate, recuperare un patrimonio edilizio spesso di pregio cercando di rispettare architetture e materiali originali: è ben vero che spesso le proprietà sono parcellizzate, i proprietari all’estero, con conseguente difficoltà di iniziativa. Con 2 ciò si contribuirebbe anche a combattere il fenomeno delle seconde case e quindi a salvare l’identità dei paesi. Anche il settore edilizio ne avrebbe beneficio, con l’auspicabile conversione di molti «costruttori» in «restauratori». È evidente che affinché un progetto di albergo diffuso possa avere successo è indispensabile raggiungere un numero adeguato di posti letto in maniera da poter assicurare l’economicità dei servizi.
Questa sintonia con i luoghi circostanti rende l’albergo diffuso coerente con lo sviluppo sostenibile: l’offerta ricettiva viene ampliata senza deturpare il paesaggio, non si distrugge e non si costruisce nulla che già non esista.
È un’opportunità per rivitalizzare i piccoli centri, purtroppo sempre più spesso paesi per vecchi, creare nuovi posti di lavoro, Un’opportunità per i paesi attraversati dalla ciclabile «Lunga Via delle Dolomiti»: puntare sugli alberghi diffusi dedicati agli appassionati della bicicletta. 3 Nel restauro degli immobili è fondamentale il rispetto delle architetture e dei materiali originali. Nella foto dettaglio di un edificio a Falcade Alto. 4
5 fermare l’emorragia della popolazione.
Per qualcuno potrebbe costituire un’integrazione del reddito.
L’albergo diffuso può favorire il mantenimento o il rifiorire di attività complementari al turismo nei settori del commercio (negozi e botteghe tipiche che propongono specialità locali, bar, edicola, farmacia, ecc.), dell’agricoltura (spacci di vendita dei prodotti della terra) e dell’artigianato (ferri battuti, sculture in legno, tessuti con materie prime locali, occhiali, ecc.).
Una ricerca condotta dall’Associazione Nazionale Alberghi Diffusi ha mostrato che l’esistenza di questo tipo di strutture è capace di allungare le stagioni turistiche, indipendentemente dal clima e dalla collocazione geografica.
La presenza sul territorio bellunese di «specificità» fa sì che gli alberghi diffusi possano specializzarsi in determinati temi: per ciclisti in Val Boite; religiosi a Canale d’Agordo, a Lorenzago di Cadore e nelle varie località situate lungo il Cammino delle Dolomiti; culturali a Pieve di Cadore; gastronomici - deltaplano - vela - windsurf in Alpago, ecc.
Perché l’albergo diffuso possa avere successo, alla comunità ospitante si richiede di sviluppare la cultura dell’accoglienza.
Preziosa è l’opera delle pro loco e delle associazioni culturali che possono assicurare l’apertura di chiese, musei ed altri luoghi di interesse turistico presenti sul territorio. Fondamentale è il contributo di guide turistiche, naturalistiche ed alpine per l’organizzazione di escursioni a piedi, in mountain bike oppure a cavallo. Anche iniziative culturali quali la proiezione di film e documentari, la presentazione di libri, l’organizzazione di corsi di cucina locale possono rendere non monotona la permanenza. Più in generale è indispensabile il lavoro di squadra, saper far sistema.
Ai potenziali gestori si domanda entusiasmo, spirito imprenditoriale, volontà di rifuggire dai particolarismi, dalla rassegnazione o dal piangersi addosso che nasce dal confronto con realtà già affermate, quali quelle dei vicini altoatesini o trentini. Utile può essere la partecipazione a corsi formativi, anche da parte di eventuale personale dipendente, oppure ad educational tour presso alberghi diffusi già affermati. Non può mancare una buona strategia di marketing mediante un sito Internet ben fatto, costantemente aggiornato e un sistema di prenotazione on line oppure cercando convenzioni con CRAL aziendali o agenzie di viaggio. Indispensabile è favorire il passaparola da parte del cliente con ottimi servizi, offerte speciali, eventi, ecc.
Agli enti pubblici, in particolare regione, comunità montane e comuni, si richiede di alleggerire le trafile burocratiche e favorire con sgravi fiscali, finanziamenti agevolati, anche attraverso le iniziative dei gruppi di azione locale - GAL, o studi di fattibilità le ristrutturazioni finalizzate all’apertura degli alberghi diffusi. Anche una maggiore cura dell’arredo urbano, della segnaletica, delle infrastrutture sportive e dei sentieri possono rendere più attraenti le località e convenienti gli insediamenti
- ↑ Il turismo religioso ha grandi potenzialità, ancora non sufficientemente sfruttate, in provincia di Belluno, percorsadal Cammino delle Dolomiti, che tocca tra le altre località, Canale d’Agordo, paese natale di Papa Luciani, eLorenzago di Cadore (foto), centro di villeggiatura di Papa Wojtyla e Papa Ratzinger.(Foto Carlo Avoscan)
- ↑ La montagna bellunese ha località di grande valenza ambientale nel cuore delle Dolomiti, adatte ad ospitare unalbergo diffuso. Nella foto abitazione non utilizzata a Colcerver (Forno di Zoldo).
- ↑ Nella foto Valle di Cadore.
- ↑ (Foto Carlo Avoscan) (Foto Carlo Avoscan)
- ↑ Bibliografia consultata*- Giancarlo Dall’Ara, Manuale dell’Albergo Diffuso, Franco Angeli, Milano 2010;*- www.alberghidiffusi.it