Francesco Minora

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Le proprietà collettive nel XXI secolo. Vecchie idee, nuovi orizzonti.
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Francesco Minora


Le proprietà collettive nel XXI secolo. Vecchie idee, nuovi orizzonti.


Note da un percorso di ricerca


In questo contributo si richiama la relazione presentata in occasione di un convegno organizzato dalle Regole di Cortina d’Ampezzo lo scorso 3 aprile 2009 intitolato appunto «Le proprietà collettive nel XXI secolo. Vecchie idee, nuovi orizzonti». In quell’occasione sono stati presentati i principali risultati di un percorso di ricerca condotto da me nell’ambito delle attività del dottorato di Pianificazione Urbana, Territoriale e Ambientale, recentemente concluso, che hanno visto tra i casi di studio approfonditi anche quello delle Regole di Cortina. Il testo che segue vuole porre alcuni quesiti ai regolieri e a tutti coloro che, pur non essendolo, abitano la conca ampezzana e hanno a cuore il suo futuro sviluppo. Lo scopo di questo contributo è quindi quello di avviare un dibattito che vuole mettere al centro della discussione l’idea che, oggi più che mai, occorra riaffermare la centralità di istituzioni di gestione volontaria della risorsa suolo e di forme auto organizzate di espressione della società civile come le Regole nei processi di sviluppo locale e, più in generale, nei processi di trasformazione territoriale.

1 - INTRODUZIONE PER PAROLE CHIAVE

COMUNITÀ: lo studio che ho effettuato mi ha portato ad approfondire le proprietà collettive «chiuse» diffuse nel centro - nord Italia, come le Regole di Cortina. Si è scelto di studiare questa particolare forma di gestione del territorio, poiché, sebbene a livello legislativo, soprattutto con la legge di riforma del 1927, si sia tentato in molti modi di assimilare questo ordinamento alle «terre civiche» o proprietà collettive «aperte», le proprietà collettive «chiuse», più delle altre, mi sembra esprimano con maggior chiarezza dei principi di organizzazione di comunità locali. Si sono scelte le Regole d’Ampezzo e le Partecipanze di Cento (e di Pieve di Cento che pure insiste sul comune di Cento) perché hanno mostrato nel corso dei secoli di essersi radicate con maggiore forza sul territorio in cui si sono insediate.

ISTITUZIONE: le proprietà collettive che sono state fatto oggetto di approfondimento, sono state studiate come delle «associazioni istituzionalizzate»: cioè sono state osservate come «organizzazioni» umane dotate di storia, in grado di adattarsi al contesto ambientale in cui è inserita sia in senso fisico che politico, che si dà una giustificazione di esistenza secondo un’ideologia ben precisa, che si dà delle regole di funzionamento mutuate dalle relazioni formali e informali interne ed esterne, che elabora dei propri codici valoriali e simbolici1

. Le proprietà collettive sono dei sistemi naturali complessi

1 (Selznick 1957) (Powell e Di Maggio 1991). che sviluppano dei meccanismi di autodifesa e di autopromozione, che però conservano al proprio interno una componente regolativa, anima della parte istituzionale della proprietà collettive, con cui queste ultime si manifestano verso i propri associati e verso le istituzioni esterne. Per brevità si userà il termine «istituzione».

CONTESTO LOCALE: l’oggetto di studio del mio percorso di ricerca non è rappresentato dalla proprietà collettiva in sé e dai suoi meccanismi di funzionamento interni atti alla gestione del proprio patrimonio, bensì dal contesto locale in cui le proprietà collettive sono inserite, con un approfondimento delle relazioni istituzionali esistenti ed esistite che legano appunto le istituzioni di proprietà collettive agli altri attori pubblici e privati presenti sulla scena.

TESI: la tesi che si sostiene è che le proprietà collettive esprimano un modello di gestione del territorio che viene da molto lontano nel tempo ma che è ancora oggi particolarmente attuale poiché in grado di interrogare i meccanismi e le pratiche di governo del territorio alla scala locale.

DUE FASI DI RICERCA: si è così deciso da un lato di osservare proprietà collettive di antica data per vedere come queste istituzioni hanno risposto alle trasformazioni recenti del XX secolo, senza però sottovalutare l’intero percorso storico precedente che le ha contraddistinte, in modo da far emergere dodici elementi utili a ragionare sul processo di rinnovamento organizzativo interno dell’istituzione; dall’altro si è cercato di osservare proprietà collettive di «nuova» generazione, nate in contesti molto distanti dal nostro, in cui, con lo stesso tipo di gestione territoriale, si propongono interventi di trasformazione territoriale dalle finalità molto diverse rispetto a quelle cui siamo abituati a osservarle.

OBIETTIVI: gli obiettivi di questo breve scritto sono quelli di fornire, in forma di nota, una rappresentazione sintetica dei principali assi di trasformazione del contesto locale con cui anche le Regole di Cortina sono chiamate a confrontarsi e porre delle questioni e delle domande ai membri della comunità regoliera d’Ampezzo in merito alle iniziative che occorre intraprendere, per poter riacquisire una centralità nei processi di trasformazione territoriale alla scala locale.

2 - LE PROPRIETA’ COLLETTIVE NEL XX SECOLO: QUATTRO FRONTI DI SFIDA Nella figura a destra è rappresentato uno schema che sintetizza gli elementi e le relazioni tra essi che si sono osservati nel percorso di ricerca. Le trasformazioni che sono avvenute nel corso del XX secolo hanno riguardato le relazioni esistenti tra tutti gli elementi evidenziati in figura. Raggruppate su quattro assi principali, queste trasformazioni costringono l’istituzione a ragionare sulla propria rotta.

1. Da comunità «people based» a comunità «interest based»: verso una nuova missione

La comunità di Regolieri della Conca Ampezzana e la Comunità di Partecipanti del Comune di Cento hanno cambiato profondamente il proprio modo di «essere comunità» nel corso del XX secolo, sia per quanto attiene le relazioni tra gli individui associati membri della comunità che per quanto attiene il modo di relazionarsi con la risorsa messa in comune. In particolare quello che si è potuto osservare è che a causa delle trasformazioni di base produttiva, processo in cui gli stessi membri della comunità regoliera e partecipante hanno avuto un ruolo attivo e di primo piano, le tradizionali norme con cui veniva regolato l’uso del suolo in proprietà collettiva hanno perso di rilevanza, facendo quindi perdere di importanza il ruolo dell’istituzione che ha appunto il compito di definire le regole. Il vincolo di sangue che teneva assieme la comunità perde quindi di valore materiale per quanto riguarda la sua originaria funzione di limitare l’uso della risorsa ed emerge il suo significato dal punto di vista simbolico di attaccamento della comunità alla terra e alle sue radici storiche. L’antica discendenza comune è, ad esempio, una delle ragioni su cui si basa l’azione delle istituzioni delle Regole. Nel corso degli ultimi anni, inoltre, grazie anche all’istituzione di un Parco regionale è emerso che un altro degli interessi attorno a cui la comunità condivide oggi un sentire comune è la questione della tutela ambientale. È questo uno degli interessi comuni sulla base dei quali le Regole hanno oggi potuto riformulare la propria missione, dato che fino a qualche anno fa la tutela del patrimonio per la sopravvivenza della comunità era qualcosa di scontato e non esplicitato nel modo in cui lo è oggi. Ci si domanda se oltre alla tutela ambientale emergono altri interessi comuni ai membri della comunità. Segnalo tre condizioni organizzative fondamentali perché l’istituzione di proprietà collettiva possa avere successo, cioè possa ritornare ad avere un ruolo nella relazione con le istituzioni esterne. - un certo grado di libertà nell’autodeterminazione dei criteri di accesso all’istituzione: questo elemento va considerato come parte di un processo di riorganizzazione interno dell’istituzione tesa a ridefinire la propria missione. La libertà di definire nuove strategie associative è legata all’obiettivo di queste istituzioni di promuovere temi ed 24 Sezion 1 • Articole Scientifiche obiettivi di interesse comune tra i membri della comunità ed è condizionata forse più da ragioni interne di tradizione che da altro; - un certo grado di libertà di gestione territoriale: occorre che a pari libertà di accesso corrispondano pari libertà di manovra in alcuni specifici ambiti della gestione territoriale concordati tra la proprietà collettive e le istituzioni, siano esse pubbliche o private per conto delle quali opera la proprietà collettiva stessa; - un certo grado di attaccamento alla funzione per cui la proprietà collettiva è nata: la nuova missione dell’istituzione non può negare completamente la precedente e può, tra i suoi nuovi interessi, considerare come strategica la difesa e il mantenimento della riproducibilità della risorsa poiché elemento in grado di conferire prestigio da sfruttare per un riposizionamento istituzionale.

2. Da comunità di insediamento a comunità residenziale: verso un nuovo ambito di intervento

Nel corso del XX secolo è cambiato il modo di rapportarsi della comunità locale nei confronti del contesto in cui è inserita ed è quindi cambiato il senso e il valore attribuibile alla risorsa messa in comune. Se nei secoli passati i Regolieri e i Partecipanti costituivano la maggior parte della popolazione locale e la risorsa della terra messa in comune aveva una funzione complementare rispetto al ciclo produttivo locale minimizzando gli investimenti fissi e i rischi associati alla forte variabilità dei raccolti dovuta a condizioni di instabilità ambientale, nel corso del XX secolo la proprietà comune è usata con differente finalità: il lavoro non è più nei campi, ma in altre attività e pertanto le aree comuni aperte si trasformano in luoghi di svago e, nella migliore delle ipotesi, in fonti di integrazione del reddito costituito per lo più da altre attività lavorative non connesse alla pratica agricola o silvicolturale. Ecco alcuni esempi che testimoniano questa trasformazione: a Cortina la vegetazione si avvicina sempre di più alle abitazioni e le viles si compattano progressivamente. La casa perde progressivamente il suo essere un luogo di sopravvivenza per diventare un ambiente residenziale. I nuovi abitanti di Cortina sono i turisti che usano il territorio come luogo in cui «risiedere» e non come un luogo in cui «abitare». Permangono tracce di un uso comune delle zone di pertinenza dell’abitazione, laddove è rimasta una concezione di uso del suolo che prevede la messa in comune. A Cento si assiste ad un processo differente nella forma, ma simile nella sostanza. I terreni di proprietà collettiva di pertinenza alle abitazioni, edificate nel corso dei secoli mano a mano che la comunità si insediava sulle terre di bonifica, perdono di valore. I Partecipanti sono interessati non più ad occupare il suolo per coltivarlo, ma ad usarlo in funzione della casa che vi è sopra che si trasforma in casa - laboratorio, casa - officina, casa - capannone ecc. per la nuova specializzazione produttiva rappresentata dal settore meccanico. Le istituzioni di proprietà collettiva hanno quindi perso il loro ruolo, messe al margine come le antiche funzioni di cui si sono sempre occupate. Occorre quindi individuare un nuovo ambito di intervento su cui esercitare la propria azione. Quello della produzione di qualità abitativa, intesa come la produzione di spazi pubblici, la promozione di pratiche di cura del territorio, la normazione e la definizione di standard di qualità e sicurezza dell’ambiente comune, l’accessibilità e la fruibilità nel tempo delle infrastrutture e dei servizi, la collaborazione intercomunale per la realizzazione di servizi di soglia sovra comunale, la realizzazione di interventi territoriali di adeguamento della dotazione infrastrutturale, sembra essere un ambito rispondente alle nuove esigenze sia della comunità dei regolieri, che dei turisti, che delle istituzioni pubbliche. Istituzioni come le Regole di Cortina hanno già iniziato a lavorare su questi fronti. Vi sono altre aree di lavoro che consentirebbero alle istituzioni di proprietà collettiva di ritornare ad avere un ruolo forte nel contesto locale? Per avere successo su questo nuovo fronte di sfida, cioè rispondere al meglio alle trasformazioni che il rinnovato contesto propone, le istituzioni di proprietà collettiva devono prestare la propria attenzione ai seguenti punti:

  • - diversificazione delle fonti di reddito o del grado di dipendenza dalla proprietà del

bene terra;

  • - presenza di meccanismi di compensazione delle trasformazioni territoriali;
  • - capacità di rappresentazione della performance istituzionale nella produzione di

beni comuni;

  • - propensione alla moltiplicazione istituzionale in settori di intervento prima ignoti;
  • - capacità di stabilire relazioni forti e costanti con altri attori pubblici e privati a

differenti livelli di governo.

3. Dalla produzione di servizi in forma volontaria alla professionalizzazione delle prestazioni: verso un nuovo ruolo imprenditoriale

Nel corso del XX secolo la comunità non usa più le terre comuni per sopravvivere, consumando quanto prodotto, ma le usa per produrre servizi a beneficio dei membri della comunità e della società locale in generale. L’originario senso di cura gratuita e volontaria del territorio viene meno e rischia di scomparire, soprattutto nelle giovani generazioni. Tuttavia il senso di gratuità non perde di valore e viene usato dall’istituzione in un modo differente rispetto al passato; esso diventa un mezzo per costruire la fiducia con le altre istituzioni pubbliche e private con cui interagire: se i dirigenti prestano il proprio servizio in forma gratuita, come avviene ad esempio a Cortina, le altre istituzioni e la comunità stessa hanno la garanzia che gli amministratori non approfitteranno della fiducia fornita. La gratuità è quindi uno strumento utile a recuperare un certo prestigio istituzionale e consente alle istituzioni di proprietà collettiva di occupare un ruolo del tutto particolare che le differenziano dagli altri attori locali di natura privata. La fiducia richiesta e ottenuta dalle istituzioni di proprietà collettiva deve essere ripagata però da un sempre crescente livello di professionalizzazione delle prestazioni e dei servizi offerti: le istituzioni se non se ne occupano direttamente, imparano a risolvere problemi tecnici sempre più complessi e anche a selezionare professionisti di cui servirsi per i propri scopi. Oggi appare sempre più urgente recuperare la volontarietà intesa come azione spontanea di cura del territorio del membro del gruppo. In che modo questo processo può trovare il suo corso? Ha senso e in che modo responsabilizzare il singolo regoliere di fronte agli interessi istituzionali? Per il successo istituzionale, inteso come la capacità di fare fronte a questi cambiamenti, appare fondamentale riflettere su questi tre punti:

  • - richiesta di adesione alla missione istituzionale in forma volontaria;
  • - grado di assimilazione di competenze professionali tecniche nelle pratiche di gestione;
  • - capacità di composizione dei saperi spontanei derivati dalla partecipazione volontaria

e dei saperi tecnici istituzionalizzati nelle pratiche di gestione.

4. Dall’espulsione alla convivenza forzata: verso una nuova posizione istituzionale

Se l’800 ha lasciato una profonda frattura nelle relazioni tra istituzioni di proprietà collettiva e Stato, non vi è dubbio che in questi ultimi anni si è registrata almeno su alcuni fronti, una certa inversione di tendenza. Grazie alle leggi sulla montagna e a Cortina, grazie anche all’azione della Regione Veneto, lo Stato si è reso conto che le proprietà collettive possono avere un ruolo nella prevenzione del degrado e dell’abbandono dei territori più vulnerabili e a rischio di spopolamento, quali quelli montani e rurali. Tuttavia questo cambio di rotta, dalla opposizione totale alla parziale considerazione, non ha portato ad una promozione attiva di queste forme di gestione nel nostro paese. Non è questo il caso di altri paesi europei, come ad esempio nel Regno Unito, di cui si dirà tra breve. A livello locale, ambito di azione privilegiato dalle proprietà collettive, queste istituzioni si trovano a convivere fianco a fianco con l’amministrazione comunale e difficilmente si instaurano delle partnership per lo sviluppo del territorio. Le proprietà collettive agiscono nella misura in cui le trasformazioni toccano i propri possedimenti. Tuttavia, vista la massa e la rilevanza che le Regole hanno a Cortina e le Partecipanze a Cento, appare troppo limitato questo ruolo. Possono le proprietà collettive ambire ad avere un ruolo differente, che rispecchi la loro funzione riflessiva sulle pratiche pubbliche di governo del territorio? Possono queste istituzioni occupare un ruolo che vada oltre il fatto di essere dei semplici proprietari di una parte cospicua del suolo ampezzano? Uno degli elementi su cui le istituzioni di proprietà collettiva si trovano a riflettere oggi appare quello di come porsi nei confronti dell’amministrazione comunale, evitando il rischio di pericolose collusioni su questioni di interesse comune (voti in cambio di favori) ed evitando lo scontro frontale su competenze concorrenti. Le proprietà collettive sono organizzazioni di scopo, che cioè risolvono problemi concreti e in questa dimensione appare importante riflettere su quale sia:

  • - il grado di partecipazione al processo di decisione delle trasformazioni territoriali

finalizzata alla costituzione di un clima istituzionale di «tensione creativa».

3 - UNO SGUARDO FUORI DALL’ITALIA IL CLIMA POLITICO ISTITUZIONALE: nel Regno Unito è da diversi secoli che si ritiene che le comunità locali abbiano un ruolo fondamentale nel garantire obiettivi di efficacia ed efficienza delle pratiche e delle politiche di governo. In epoca contemporanea, dopo molti anni di accentramento del potere nelle mani del governo centrale, si è ritornati a discutere della funzione e del ruolo del governo alla scala locale. In questo dibattito viene dato notevole peso alla contrattazione degli obiettivi di governo tra gli attori pubblici locali e le comunità di cittadini che si vuole espressamente coinvolgere nel processo di decisione pubblica e nella fornitura di servizi di interesse generale.

TRASFERIMENTO DI BENI FISICI A COMUNITÀ LOCALI: nel Regno Unito, a partire dalla Scozia, ma soprattutto in Inghilterra, si sono avviate numerose iniziative di finanziamento pubblico, talvolta anche cospicue, a favore della organizzazione di cittadini che desiderano avere un ruolo attivo nel processo di esercizio della funzione pubblica. Il governo centrale favorisce e appoggia comunità locali che desiderano acquisire la terra su cui desiderano vivere e gli edifici da usare per le finalità che la comunità ritiene più opportune (servizi alla popolazione locale).

I COMMUNITY LAND TRUST: ho deciso di approfondire i Community Land Trust, una particolare forma di istituzione che ha numerosi elementi in comune dal punto di vista della gestione del territorio su base comunitaria, con le proprietà collettive come le Regole e le Partecipanze. La terra viene acquisita da una comunità locale e tolta per sempre dal mercato, affidata ad una istituzione che la amministra a beneficio degli associati in perpetuo e senza finalità di lucro, attuando degli interventi di miglioramento della proprietà stessa.

LA QUESTIONE ABITATIVA: il caso analizzato presso la cittadina di Stroud in Inghilterra, una delle realtà locali più dinamiche sul fronte dell’impegno civico a difesa dell’ambiente, mette in evidenza che questa formula di gestione del territorio può essere usata non solo per gestire aree a destinazione rurale, ma può essere usata anche per fronteggiare emergenze abitative causate dalle distorsioni del mercato immobiliare. La terra costituisce infatti circa il 30% del prezzo dell’immobile e se affidata nelle mani di una istituzione che la detiene senza finalità di lucro, i prezzi di acquisto delle case sono ribassati di un terzo. Tramite dei meccanismi di vincolo contrattuale al momento dell’acquisto dell’alloggio queste organizzazioni riescono a garantire che le abitazioni rimangano nel prezzo contenuto per sempre, a beneficio di futuri inquilini.

ALCUNE FUNZIONI CHIAVE: i Community Land Trust hanno una funzione di ripensamento delle pratiche di governo del territorio, in particolare contribuiscono al riconoscimento del fatto che ogni territorio è popolato da comunità diverse e presenta risorse e caratteristiche diverse.

Pertanto va trattato in un modo diverso da politiche pubbliche specifiche. Inoltre essendo enti che adottano logiche di natura privata per la realizzazione di azioni di interesse generale presteranno particolare attenzione alla esplicitazione di quali debbano essere gli obiettivi da raggiungere in merito alla performance. Queste organizzazioni contribuiscono ad individuare alcuni parametri di valutazione in accordo con gli obiettivi di governo stabili dall’attore pubblico.

I Community Land Trust cercano di abbinare i redditi più alti con persone dal reddito inferiore per sostenere a livello finanziario l’iniziativa abitativa senza perdere di vista la finalità sociale. Infine i Community Land Trust producono una democratizzazione in senso diretto del processo di trasformazione territoriale, nel senso che forniscono la possibilità a dei cittadini attivi di costruirsi l’ambiente di vita che più desiderano, conoscendo a priori gli abitanti del quartiere in cui andranno a vivere. PUNTI DI CONTATTO E DIVERSITA’ CON LE REGOLE: la principale differenza con le Regole è la strutturazione interna; ci sono infatti tre consigli di amministrazione: uno dei membri associati che godono della proprietà, uno dei simpatizzanti, che potranno un giorno usare la proprietà in forma diretta e un consiglio che racchiude tutti gli attori pubblici e privati alla scala locale che in qualche modo sostengono finanziariamente l’azione dell’istituzione e la legittimano.

La principale somiglianza è che sia le Regole che i Community Land Trust producono beni di interesse generale servendo una comunità locale minoritaria. Ci si domanda: quanto è opportuna la legittimazione dell’ente pubblico nell’agire delle Regole perché queste istituzioni vengano riconosciute con il giusto peso sulla scena politica locale come produttori di beni di interesse a beneficio della collettività allargata? Quali sono le formule istituzionali che è più opportuno adottare per fare in modo di ottenere il maggior riconoscimento possibile dall’amministrazione pubblica?

4 - CHE FARE A CORTINA? ALCUNE STRATEGIE DI AZIONE LO SPOPOLAMENTO: la tabella a destra mette in evidenza che il problema principale del Comune di Cortina è il progressivo spopolamento della valle. I regolieri calano, ma in forma minore.

Il problema dell’abitazione sembra essere quello che più tocca da vicino oggi l’intera vallata. I prezzi delle abitazioni contribuiscono ad allontanare persone che non si sognerebbero mai di allontanarsi dalla valle. In che modo è possibile fronteggiare questa emorragia? Perché mai le Regole dovrebbero occuparsi di questa partita?

FRONTEGGIARE L’INSTABILITÀ: l’idea che mi sono fatto è che le istituzioni di proprietà collettiva abbiano come visione di fondo della propria azione quella di fronteggiare l’instabilità ambientale e sociale. Il loro scopo è quello di rendere il contesto locale, sia nel senso di dotazioni fisiche che di forme di tutela sociale e di sviluppo economico, più resiliente, cioè in grado di rispondere agli urti prodotti dalle trasformazioni che provengono dall’esterno, attutendo gli impatti di queste forze, talvolta opponendosi ad esse oppure riadattandole alle esigenze della popolazione locale. Se un tempo a Cortina era indispensabile preservare la popolazione dall’instabilità ambientale prodotta dall’avanzare della foresta sui pascoli o dalle frequenti frane, oggi appare più rilevante occuparsi di nuovi fronti di instabilità ad esempio determinati dai prezzi della case troppo influenzati dalla rendita urbana che costringe numerose famiglie ad abbandonare la valle.

RIDONDANZA ISTITUZIONALE: una possibile strategia di intervento potrebbe essere quella di incrementare il numero di istituzioni: ad esempio negli ultimi anni è nato il Parco, che rappresenta una istituzione dentro l’istituzione, oppure la stessa comunanza regoliera è un nuovo organo istituzionale che si somma alle regole tradizionali. Si possono pensare istituzioni che si occupino del tema casa?

SCALA SOVRACOMUNALE: se è vero che l’obiettivo delle Regole è quello della tutela ambientale, allora questa istituzione non può non rendersi conto che la fuoriuscita di popolazione dalla conca ampezzana produce uno spreco di suolo nei vicini territori e quindi è in aperto contrasto con le stesse finalità istituzionali. Oggi appare necessario ragionare secondo una logica attenta alle connessioni con i territori vicini, con cui le Regole confinano.

AUTONOMIA FINANZIARIA: un’altra strategia per rendere le istituzioni di proprietà collettive più attuali è quella di far dipendere sempre meno i propri associati da fonti di finanziamento esterne. Un azione interessante da questo punto di vista è la Evoluzione demografica nel Comune di Cortina d’Ampezzo 30 Sezion 1 • Articole Scientifiche realizzazione di piccole centrali idroelettriche che garantiscono un afflusso economico che deve ricadere sui membri del gruppo. Ci si domanda in che modo sia opportuno spendere questa nuova autonomia acquisita. Ad esempio, avrebbe senso investirla per aiutare regolieri in difficoltà sul fronte casa? E se sì in che modo?

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Riferimento e-mail: francesco.minora@polimi.it