Ladin! 2008/1
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Laura Vanelli
La formazione del plurale in ampezzano
Laura Vanelli
La formazione del plurale in ampezzano
1. La formazione del plurale nelle varietà ladine
Prima di descrivere il sistema di formazione del plurale in ampezzano è opportuno illustrare brevemente questo aspetto della morfologia nominale nelle varietà ladine in generale.
Come è noto, uno dei tratti considerati tradizionalmente peculiari del ladino, che lo differenziano dagli altri dialetti settentrionali, è dato dalla presenza di un plurale sigmatico. Ecco alcuni esempi tratti dal friulano (1) e dalle varietà ladine dolomitiche (2):
(1) fùc I fùcs 'fuoco/-i', Mane I blancs 'bianco/-i', cuarp / cuarps 'corpo/-i', armar / armàrs 'armadio/-i', lòfi lófs 'lupo/-i', cjan 1 1 cjans 'cane/-i', mal / mats 'matto/-i', ciantàt I ciantàts 'cantato/-i', man I mans 'mano/-i', piel / piels 'pelle/-i', cjaze I cjazis 'casa/-e'.
(2) bad. salf / salfs 'locale/-i', not / nòts 'notte/-i', gard. cian I cians 'cane/-i', ciar / ciares 'carro/-i', fass. pel I pels 'pelle/-i', ciamp I ciampes 'campo/-i', bad., gard., fass. bela / beles 'bella/-e'.
Alla base di questa strategia di formazione del plurale sta un fenomeno che all'origine era di carattere fonologico. Infatti, uno dei tratti linguistici che, a partire dagli studi di Graziadio Isaia Ascoli, definiscono il «tipo» linguistico ladino, è costituito dal fatto che «il S di antica uscita [del latino] si conserva» (Ascoli, 1883, p. 102). Questo elemento di conservazione oppone il ladino alle altre varietà dialettali italiane, che invece hanno subito nel corso della storia la caduta della -s latina finale. Il fenomeno in questione però non è importante solo dal punto di vista della fonetica storica, ma riveste un particolare rilievo proprio per i suoi effetti sulla struttura «morfologica» della lingua. Infatti la -s è stata utilizzata, nelle varietà che l'hanno conservata, come una desinenza con valore flessivo: in particolare, nei nomi e negli aggettivi la -s proveniente dalle desinenze dell'accusativo plurale -AS (I declinazione), -OS (II declinazione) e -ES (III declinazione) è diventata il morfema del plurale.
La presenza di un plurale sigmatico è una tipica caratteristica ladina, in opposizione all'italiano e in genere ai dialetti italiani, che invece utilizzano per lo più, per la distinzione singolare/ plurale, delle alternanze vocaliche (ad es. casal 'case, libro I libri, poeta I poeti, dente I denti, ecc.) 2 . Da questo punto di vista dunque il ladino va messo in relazione con le altre lingue romanze che hanno conservato la -s latina e che di conseguenza hanno anch'esse il plurale sigmatico : il riferimento è al romanzo occidentale
m Con il segno cj si indica la tipica consonante friulana occlusiva palatale sorda.
<2) In realtà, in alcuni dialetti italiani settentrionali, i dialetti cosiddetti gallo-italici, specialmente pie- montese, lombardo e emiliano-romagnolo, e soprattutto con i nomi maschili, molto spesso non c'è dif- ferenza morfologica tra sg. e pi. (ad es. piem. amis 'amico/-i', liber 'libroAi', milan. sakèt 'sacchettoAi', emil-romagn. amig 'amicoAi', sani 'santoAi', ecc.).
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e in particolare alle varietà gallo-romanze (francese, catalano, occitanico, ecc.).
Ma, se è senz'altro vero che il plurale in -s è quello più diffuso nelle parlate ladine, va però anche osservato che non è questa l'unica strategia usata per marcare il plurale. Accanto al plurale sigmatico, sia nel ladino dolomitico che in friulano si trova anche un'altra strategia, seppur minoritaria: in particolare esiste una classe (chiusa) di parole maschili in cui l'opposizione singolare / plurale si manifesta attraverso un'alternanza della consonante finale: a una consonante non palatale nel singolare si oppone una consonante palatale nel plurale. Ecco alcuni esempi tratti rispettivamente dal friulano (3) e da varietà dolomitiche (4):
(3) a. dut I due' 3 'tutto/-i', chest I chesc' 'questo/-i', grant I granò 'grande/-i'
b. ros I ros 'rosso/-i', nàs / ?iàs 'naso/-i' (varianti carniche)
c. òcm 4 / bogn 'buono/-i', an I agn 'anno/-i'
d. cjavàll cjavàt 'cavallo/-i', biell biei 'bello/-i'
(4) a. bad. fant / fanc' 'servo/-i', punt I punc' 'ponte/-i'; gard. dèit / dèic' 'dito/-a',
davièrt / davièrc' 'aperto/-i'; fass. aut I auc' 'alto/-i', tet I tee' tetto/-i'
b. bas I bas 'basso/-i'; bad. mèis I mèis 'mese/-i'; gard. nes I nes 'naso/-i'; fass. ors I ors 'orso/-i'
c. bad. an /agn 'anno/-i', bun / bugn 'buono/-i'; liv. zoven / zovegn 'giovane/-i'; fass. fasan I fasegn 'fassano/-i'
d. bad. e fass. ciaval / ciavai 'cavallo/-i'; gard. e fass. dedell dedei 'ditale/-i', ciavel I ciavei 'capello/-i'; gard. beli bìei 'belloAi';
e. bad. bec / bec' 'beccoAi', bosc I bosc' 'boscoAi'; gard. blanc I Mane' 'biancoAi', Ione I Ione' 'lungoAi', bosc I bos 'boscoAi'; fass. sac I sac' 'saccoAi', lerc I lerc', 'largoAi', feci fes 'fuocoAi', amici amis 'amicoAi'
Come si vede dagli esempi, le parole che hanno questo tipo di plurale, oltre a essere tutte parole di genere maschile, hanno anche una condizione fonologica, che riguarda il tipo di consonante finale del sg.: in friulano la C è una coronale (con l'esclusione della -r), e cioè -t, -s, -n, l, nelle varietà ladino-dolomitiche, oltre alle stesse coronali, il plurale palatale si applica anche a parole terminanti con la C occlusiva velare -c (= [k]) 6 .
131 Con il segno c' si indica una consonante occlusiva (o affricata) palatale finale. 141 La nasale finale è in realtà realizzata come velare.
151 Va notato che nel caso delle parole terminanti con la laterale -l, il pi. non è dato dalla sostituzione di -l con la palatale corrispondente -gl (= [Y], bensì dalla semivocale [j]. Si potrebbe allora trattare questo tipo di plurale come un vero e proprio plurale vocalico in -i. Va però osservato che in questi casi, -i pi. alterna proprio con la -l del sg., per cui è forse più conveniente dal punto di vista descrittivo trattare questa -i come l'esito finale di quella che si può chiamare una «strategia di riparazione» (cfr. Calabrese 2005) messa in atto per eliminare segmenti non ammessi nell'inventario fonetico / fonologico. A cjavaj e sim. si arriverebbe dunque attraverso la forma con la palatale *cjavagl, che viene «aggiustata», dal momento che la C laterale palatale non esiste (o almeno non esiste più) nelle varietà ladine: la ripara- zione consiste nella perdita della lateralità, mentre la palatalità viene associata al segmento vocalico tipicamente palatale, cioè i. Da notare che proprio con le parole in -l il plurale palatale è produttivo.
(6) pi ura li palatali del tipo di quelli friulani, cioè limitati a parole maschili terminanti in C coronale, si trovano in realtà anche in altri dialetti settentrionali, anche se in aree limitate, specialmente in lombardo: v. ad es. il lomb. orientale gat I gac' 'gatto/-', azen / azegn 'asino/-i', an I agn 'anno/-i', alto valtellinese an I egn, grant / grenc' 'grande/-i' (dove si trova anche un isolato cavai I cavagl), ecc.
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La presenza di questo tipo di plurale in alternativa a quello sigmatico è stata ampiamente analizzata e studiata, specialmente dal punto di vista storico (vanno citati almeno Ascoli 1880-83, p. 436, Gartner 1883, § 99 e 105, Elwert 1943, § 246, Kramer 1976, pp.31-32, Benincà/ Vanelli 1978, 2005, Belardi 1983, pp. 136 ss.): si è riconosciuto nella «palatalità» della C finale un «segno» della presenza di una -i originaria. E dal momento che in linea generale le parole che hanno tuttora un plurale palatale appartenevano alla II declinazione latina (ed è questo il motivo per cui le parole con il plurale palatale sono tutte maschili), si è interpretata questa -i come continuazione della desinenza -/ del Nominativo plurale. Ma abbiamo detto che in ladino la forma più normale di plurale è quella in -s, e questa -s proviene dalla desinenza dell'Accusativo. Per le forme nominali di II declinazione si trovano dunque in ladino sia parole con plurale palatale < Nom. -/ (ANNI > agri, NASI > nàs I nes), sia parole con plurale in -s < Acc. -OS (MUROS > mùrs).
A partire da questa osservazione, si è ricostruita per il ladino l'esistenza di una antica declinazione bicasuale, che renderebbe conto della presenza simultanea nel pi. della -i del Nominativo, che ha causato la palatalizzazione della consonante precedente e poi è caduta, e della -s dell'Accusativo, che si è conservata nel resto del lessico 7 .
2. La formazione del plurale in ampezzano
A partire da questi punti di riferimento, analizzeremo ora in modo dettagliato le strategie di formazione del plurale presenti nel ladino ampezzano, una delle varietà più spiccate del ladino cadorino (per una descrizione delle varietà ladino-cadorine, cfr. Battisti 1947, Pellegrini 1979, Zamboni 1984, Cason 2004). I dati empirici presentati e commentati sono essenzialmente tratti dal dialetto di Cortina d'Ampezzo, assunto come esponente del tipo ampezzano.
I dati provengono da diverse fonti: 1) da inchieste personali condotte dalla scrivente con parlanti nativi; 2) dallo spoglio dell' Atlant linguistich di ladin dolomitich y di dialec vejins, la peri (1998) (punto 92); 3) dalla descrizione contenuta nella Grammatica ampezzana (2003) e dallo spoglio del Vocabolario ampezzano (1986).
Nella misura in cui l'ampezzano rientra nel novero delle varietà ladine, ci aspettiamo che anche per quanto riguarda la formazione del plurale vengano utilizzate le due strategie che abbiamo visto per le altre parlate ladine, e cioè il plurale sigmatico e il plurale palatale. Vedremo più avanti come queste due modalità siano effettivamente entrambe presenti in ampezzano, anche se applicate con modalità peculiari. Ma prima di analizzarle nel dettaglio, è importante osservare che l'ampezzano applica anche una terza strategia, molto diffusa e produttiva, che non si può ascrivere al tipo ladino, ma che richiama invece il tipo morfologico veneto-italiano. Si tratta infatti di un plurale vocalico, caratterizzato dal morfema -e, che alterna nella gran maggioranza dei casi con un singolare in -o, ma anche con un singolare in -r e -n (o gn), e che è limitato esclusivamente a nomi e aggettivi maschili. Ad esempio:
Il sistema bicasuale ricostruito delle parlate ladine è stato naturalmente messo a confronto con l'ana- logo sistema, questa volta non ricostruito, ma attestato storicamente, dell'antico francese e dell'anti- co provenzale.
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(5) iato I iate 'gatto/-i', outo I oute 'alto/-i', amigo famiglie 'amicoAi', bianco I bianche 'bianco/-i', baio I baie 'bacio/-i', anielo I aniele 'angelo/-i', burlo I burle 'bruttoAi', diedo I diede 'ditoAa', loo I loe 'lupo/-i', ecc.
(6) a. colori colore 'colore/-i', cuori cuore 'cuoreAi', murèr / murère 'muratoreAi', ecc. b. dan I dane 'dannoAi', san / sane 'sanoAi', segn / segne 'segnoAi', bacan / bacane
'contadinoAi', ecc.
Si tratta, come si è detto, e come dimostra chiaramente la presenza del singolare in -o, di un plurale costruito sul modello del plurale vocalico veneto, di tipo veneziano per l'esattezza (corrispondente a quello italiano), che alterna sg. -o / pi. -i (la presenza in ampezzano di -e invece di -i è dovuta all'applicazione di un processo fonologico di abbassamento, che riguarda in generale le -i postoniche: si veda ad es. lapes per lapis 'matita'). Anche nel caso delle parole terminanti in nasale e vibrante, il modello morfologico è quello veneto: va infatti ricordato che in veneziano in questi casi la -o finale è caduta, per cui l'alternanza sg. / pi. è data da 0 / -i (-e in ampezzano).
Questo, come ci si aspetta, è in pratica l'unico tipo di plurale usato nella resa dei prestiti dal veneto/italiano, ma è diffuso anche in molti elementi lessicali di origine sicuramente autoctona (ad es. outo, diedo, loo, ecc.). In questi casi il tipo lessicale è quello originario, come è mostrato anche dalla presenza di fenomeni fonologici tipici dell'ampezzano (si veda il dittongo ow di outo < ALTU e il dittongo je di diedo in corrispondenza di una I (e E) latina < DÌ (GI)TU(M)). Il vocalismo atono finale, che porta la marca morfologica di numero, non è invece un tratto autoctono. Le varietà ladine infatti, come in generale i dialetti settentrionali, ad eccezione appunto del veneto centro-meridionale, hanno subito la caduta della vocali atone finali, tranne -A.
Ci sono dunque dei buoni argomenti, per i quali si rimanda in particolare a Menegus 1981 e Zamboni 1984, per ritenere che queste vocali finali siano state ripristinate (nelle parole terminanti in consonante ostruente diversa da -s) per influsso del veneziano, determinante a partire dal 1420, quando il Cadore passò a far parte della Repubblica di Venezia (anche se l'area ampezzana venne quasi un secolo dopo aggregata all'impero asburgico). Il ripristino delle vocali ha dato origine a un modello morfologico (sg. -o / pi. -e < -i), che è diventato il modello di riferimento per i nuovi termini entrati in seguito nell'ampezzano.
Accanto a questo tipo di plurale, che è il più recente (e produttivo) ed è, come si detto, di origine esogena, l'ampezzano presenta una vasta tipologia di plurali autoctoni (più antichi) assimilabili a quelli descritti nel § 1. per il ladino in generale. Distingueremo in primo luogo tra una Classe A, comprendente il plurale sigmatico, e una Classe B, comprendente il plurale palatale. Ciascuna di queste classi presenta a sua volta una ricca articolazione interna.
2.1. Il plurale sigmatico.
Il plurale sigmatico si può dividere in due sottoclassi: Classe Al : pi. -s.
Formano il plurale in questo modo solo parole che al singolare terminano in vocale (si vedano invece gli esempi friulani e ladini in (1) e (2) dove la -s può essere
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aggiunta anche a parole terminanti al sg. in consonante). La vocale può essere atona o tonica. Se è atona, è costituita da -a o -e, oppure dalla semivocale j. Se la vocale atona finale è -a, al plurale viene innalzata ad -e. Si formano così le seguenti alternanze sg. / pi.:
I a .: sg. con vocale finale atona -a (produttivo: parole f., solo poche m.):
(7) femena I femenes 'donna/-e', ciasa I ciases 'casa/-e', barba / barbes 'zio/-f Ib.: sg. con vocale finale atona -e (produttivo: parole m. e f.):
(8) dente I dentes 'dente/-i', ponte I pontes 'ponte/-i', pare I pares 'padre/-i, parte I partes 'parte/-i', note / notes 'notte/-i, pree I prees 'prete/-i, mare / mares 'madre/-i, cuode / cuodes 'cote/-i'
le: sg. terminante con -i semivocale; l'aggiunta della -s produce l'abbassamento di -j a -e:
(9) troi I troes 'sentiero/-i, arsuoi I arsuoes 'aratro/-i' IL: sg. con vocale finale tonica (parole m. e f.):
(10) pel pès 'piede/-i', pare/ parés 'parete/-i', di/ dis 'giorno'-i', parù / parùs 'palude/-i', dedà I dedàs 'ditale/-i', lenzuó /lenzuós 'lenzuolo/-a', sartuó I sartuós 'sarto/-i', vestì/ vestìs 'vestito/-i', ré/ rés 're', zità/ zitàs 'città'
Se analizziamo queste parole dal punto di vista diacronico, possiamo notare che nella quasi totalità dei casi la vocale tonica si viene a trovare in posizione finale in virtù dell'applicazione di alcuni processi di apocope che hanno riguardato prima la vocale atona finale, poi la consonante rimasta in finale di parola (si faccia il confronto con le corrispondenti parole italiane dove non si sono verificati questi fenomeni). In alcuni casi (in particolare, ma non solo, nei participi passati e in alcune parole la cui parte finale proviene dal lat. -ATU(M)), l'apocope si applica solo alle forme del singolare: pra 'prato, pecà 'peccato', cognà 'cognato', nasù 'nato', vedù 'visto',/ò 'fuoco', luó 'luogo', cu 'sedere', saó 'sapore'; al plurale invece la consonante postonica non viene cancellata e il plurale non è più di tipo sigmatico (ricordiamo che il plurale sigmatico è solo postvocalico), ma è di tipo vocalico in -e: prode, pecade, cognade, nasude, vedude, foghe, luoghe, cule, saore.
Ma in alcuni casi avviene anche il processo contrario. In alcune parole terminanti in consonante nasale, questa, mentre si conserva al sg., cade al plurale, innescando così un plurale in -s postvocalico. Formano così il pi. tutte le parole che al sg. terminano in -in:
(11) camìn / camìs 'camino/-i', pin / pis 'pino/-i', morin / morìs 'mulino/-i', cadorìn / cadorìs 'cadorino/-i'
E inoltre anche:
(12) man I mas 'mano/-i', len I les 'legno/-i', pien / pies 'pieno/-i', pasión I pasiós 'dispiacere/-i', prezón/ prezós 'prigione/-i'.
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Classe A2: pi. -es.
Formano il plurale con il morfema -es una classe di parole che al sg. terminano in -r, -n l-ml -gn, -l e -s. Si vedano i seguenti esempi:
(13) a. ciar/ciares 'carro/-i', fer/feres 'ferro/-i'
b. an I anes 8 'anno/-i, suiaman / suiamanes 'asciugamani', pioan / pioanes 'parroco/-i', lun / lumes 'luce/-i', zen I zemes 'gomitolo/-i', cogn I cognes 'cuneo/-i', pugni I pugnes 'pugno/-i'
c. pioli pioles 'poggiolo/-i', col/ coles 'collo/-i, colle/ -i', pel/peles 'pelle/-i', val/vales 'valleAi'
d. eros lerozes 'croce/-i', os I ozes 9 'voce / voci'
Nella maggior parte dei casi, però, le parole che terminano in -s mantengono la stessa forma anche al plurale 10 :
(14) mus 'asino/-i', pes 'pesce/-i', pules 'pulce/-i', pores 'pollice/-!', panegas 'passero/-i'
2.2. Il plurale palatale.
Il plurale palatale riguarda un insieme di parole, tutte maschili, caratterizzate dall'uscita al sg. in -l, -n e -s. Se confrontiamo i plurali palatali dell'ampezzano con quelli delle altre varietà ladine, notiamo che ci sono delle differenze che riguardano sia l'estensione della classe cui questa strategia si applica, che i particolari esiti che assume in ampezzano il processo di palatalizzazione. Per il primo punto va osservato che i contesti fonologici che innescano questo tipo di plurale sono più ridotti che nelle altre varietà: infatti sono assenti in ampezzano i contesti con consonante finale occlusiva coronale -t (o -d) e velare -c (o -g). In realtà l'esclusione di questi contesti è dovuta al fatto che non esistono in ampezzano moderno parole terminanti in -t (-d) o -c (-g), in quanto proprio in questo tipo di parole si è generalizzato il ripristino della vocale finale, - la o di origine veneziana, di cui abbiamo parlato in precedenza. La restituzione della vocale ha avuto l'effetto di eliminare un possibile contesto per la palatalizzazione. Per questa ragione, di fronte ad ess. tratti dalle altre varietà ladine come quelli di (4) (bad. fant I fanc' 'servo/-i', gard. dèit I dèic' 'ditoAa', fass. aut / auc' 'alto/-i', bad. bec I bec' 'becco/-i', bosc I bosc' 'boscoAi', gard. blanc / blanc' 'biancoAi', fass. sac I sac' 'saccoAi'), troviamo in ampezzano diedo / diede 'ditoAa', outo I oute 'alti/-i', bianco I bianche 'biancoAi', loo I loe 'lupo/lupi', bosco I bosche 'bosco/4', amigo I amighe 'amicoAi', ecc., con l'alternanza sg. -o / pi. -e di tipo «veneziano».
Per quanto riguarda gli esiti della palatalizzazione, questi collimano con quelli ladini in due casi, ed esattamente per la -l che viene palatalizzata al pi. in -i, e per la -s che al plurale diventa la corrispondente palatale -s. Eesito è diverso invece per la
|g) Accanto al pi. anes si trova anche la variante ane.
l9) Si noti l'alternanza tra la consonante sorda in finale di parola e sonora in posizione interna davanti
alla vocale. 1101 Ma si veda bus, che al plurale fa buze.
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consonante nasale: mentre nel resto del ladino l'esito è la nasale palatale -gn (= [<]), in ampezzano alla nasale del singolare corrisponde al plurale una -i. Lesito è dunque lo stesso di quello della laterale l, ma i due processi di palatalizzazione della laterale e della nasale sono parzialmente diversi. Come si è accennato nella n. 5, l'esito -i della laterale deriva direttamente dalla laterale palatale gì (= [Y]), che si trasforma in i per un processo di «riparazione» motivato dal fatto che gl non è presente nell'inventario fonetico / fonologico delle varietà ladine. Per quanto riguarda la nasale, a -i si arriva ugualmente attraverso la palatale gn, che però non passa direttamente a -i (il processo non trova documentazione altrove), ma attraverso la trafila seguente, al contrario ben attestata: la palatale gn si «sdoppia» nei due segmenti i+n, uno dei quali, la i, porta, per così dire, la palatalità, mentre l'altro, la n, porta la nasalità 11 . Il passo successivo porta alla caduta della nasale finale, per cui alla fine rimane solo la -i. Ma vediamo nel dettaglio i diversi tipi:
Classe Bl : sg. ..i/pl. ...i
I. -ài/ ài; -òli -ói 12 ; -èli -éi:
(15) a. zall zai 'gallo/-?, caàll caài 'cavallo/-i', farai / farài 'lanterna/-e'
b. fazól Ifazói 'fagiolo/-?, /rd£ I fiói 'figlio/-i'
c. ciaél I ciaéi 'capello/-?
IL: -èl I -iéi (al pi, oltre al passaggio -l > -i, si ha anche il dittongamento di -è- in -ié-):
(16) bèi I biéi 'bello/-i', anèl / aniéi 'anello/-i', ciapèl / ciapiéi 'cappelloni', castèl / castiéi 'castello/-?
Classe B2 : sg. ...%/pl. ...i I.: -ón/ -ói (produttivo):
(17) boni boi 'buono/-i', tarónl tarói 'tallone/-?, ciantón/ ciantói 'cantone/-?, brasción I brasciói 'albero/-?, comedón / comedói 'gomito/-?, parón / parói 'padrone/-?
IL: -àn I -éi (non produttivo):
(18) cian I cei 'cane/-?, gran I grei 13 'grande/-?
Al pi. la presenza della -i palatalizza la -à precedente che passa a -é. Il fenomeno è generale in ampezzano, come si vede anche negli esiti del lat. -ARIU(M) che diventa -ei: ad es. TE LARI UM > teréi 'telaio', ARMARIUM > arméi 'armadio')
Classe B3: sg. ...s/pl. ...§ (produttivo^):
(19) bas I bas 'basso/-?, gras / gras 'grasso/-?, mes I mes 'mese/-?, sas I sas 'sasso/-?, ros I ros 'rosso/-?, /is / fis 'spesso/-?.
Questo sdoppiamento della gn in in è ampiamente documentato a livello interlinguistico: è anch'esso una sorta di «riparazione» in quelle lingue che non ammettono nel loro inventario la nasale palatale: il processo è presente anche in alcune varietà friulane, nelle quali al posto dei pi. bogn o agn si ha boìn e ain. Ma se la vocale è atona, al pi. si innalza a -u: ad es. ròdol I ròduì 'greggeAi', débol I débili 'debole/-i'. Ma al femminile granda I grandes.
Ma mus I muse Viso/-i' e pes I pese 'peso/-i' (la -s- intervocalica è sonora).
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Le due classi illustrate fin qui, che raggruppano le parole con il plurale sigmatico e quelle con il plurale palatale, vanno integrate con una terza classe, che in un certo senso attiva contemporaneamente entrambe le strategie.
Classe C: sg. ...éi / pi. ...és (classe produttiva"):
(20) codéi I codès 'bossolo/-i della cote', teréi / terès 'telaio/-i', tantéi I tantès 'campanaccio/-i', purinéi / purinès 'pollaio/-i'
Questo tipo di plurale si può spiegare come il risultato dell'applicazione di due processi successivi: 1) l'aggiunta al sg. del morfema -s, per cui si avrebbe *codéis, 'teréis, ecc.; 2) la palatalizzazione della -s in -s da parte della -%- precedente, che viene contemporaneamente assorbita dalla palatale, per cui -éis > ès. In questo senso, si configurerebbe appunto come un «doppio plurale», marcato sia come sigmatico che come palatale.
3. Osservazioni conclusive
Nel § 2. abbiamo illustrato le diverse modalità di formazione del plurale che si applicano nella varietà ampezzana di Cortina. Dalla classificazione presentata si possono trarre alcune osservazioni generali conclusive:
1) il plurale sigmatico, carattere identificatorio del tipo morfologico «ladino», è ampiamente presente nell'ampezzano, ma con una distribuzione diversa rispetto a quella del resto delle varietà ladine. Si applica infatti a) alle parole che terminano in vocale (atona e tonica): la classe più produttiva è quella costituita dalle parole (femminili, tranne poche eccezioni) che hanno il singolare in -a (vedi ess. in (7)); b) alle parole in sonorante e in -s, nella forma -es (v. ess. in (13)).
2) Lassenza di plurali sigmatici dopo consonante ostruente è il risultato finale di un processo di interferenza che l'ampezzano ha mutuato dal veneto (veneziano) e che è consistito nel ripristino delle vocali finali (diverse da -a) dopo consonante ostruente (tranne -s). Ma la pressione veneziana non si è esercitata solo a livello fonologico: oltre al recupero della vocale finale, l'ampezzano ha mutuato anche il modello morfologico di formazione del plurale, per cui ha accolto nel suo sistema anche il tipo di opposizione sg. / pi. di tipo vocalico (-0 vs. -e < -i), che ha esteso anche alle parole in sonorante (ancora sul modello veneziano). Questo tipo morfologico si è così aggiunto a quelli autoctoni, e anzi è diventato il modello più produttivo (va anche osservato che è lo stesso di quello italiano).
3) Lampezzano mostra chiare evidenze di quello che abbiamo chiamato plurale palatale, processo autoctono e condiviso con il friulano e il resto del ladino dolomitico. Ma anche in questo caso si manifestano delle differenze importanti: a) per la mancata applicazione alle consonanti occlusive coronali (-t / -d) e velari (-c / -g), come conseguenza dell'assenza generalizzata di questo contesto (v. quanto detto al punto 2); b) per l'esito particolare che ha la palatalizzazione nel caso della sua applicazione alla consonante nasale, che produce una -i e la caduta della nasale stessa.
4) La presenza di più modelli morfologici di origine diversa dà origine talvolta a
usi Tranne arm éi 'armadio', che ha il pi. armère.
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esiti differenti per i quali è difficile trovare delle generalizzazioni valide. In particolare, sono difficilmente predicibili i comportamenti morfologici delle parole che terminano in consonante sonorante, che rientrano in diverse classi di formazione del plurale. Si vedano ad es.: a) le parole in -r, che hanno o un pi. in -e (il più produttivo: es. cuore, pitore, ecc.), ma anche in -es (ciares, feres); b) le parole in -l, che alternano plurali in -es (tutti i nomi femminili come vales, ma anche alcuni maschili, come coles e pioles), e pi. in -i (es. caai, fioi, biei) 16 ; c) ma la variazione maggiore si trova con le parole in consonante nasale coronale -n, dove le forme che alternano sono quattro: Cj) pi. -e (parole maschili come dane, sane, ecc.); c 2 ) pi. in -s (con cancellazione di -n) (parole maschili e femminili come pis (sg. pin), mas (sg. man), pies (sg. pien), ecc.; c 3 ) pi. -es (suiamanes 17 , pìoanes); c 4 ) pi. in -i (con cancellazione di -n) (parole maschili come boi, paroi, cei, ecc.).
La variazione è così ricca che alcune parole presentano più forme di plurale opzionali: ad es. sg. an vs. pi. ane I anes, sg. talaran vs. pi. talaras I talarane I talaranes.
1161 E c'è anche la forma in -e di cule (sg. cu).
1171 E si noti che nel composto 'asciugamani', 'mani' costruisce il pi. diversamente dalla parola semplice: -manes vs. mas.
Riferimenti bibliografici
G. I. Ascoli (1880-83), Saggio di morfologia e lessicologia soprasilvana, «Archivio Glottologico Italiano», 7, pp. 406-602.
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Sezion 1 • Articole Scientifiche
- E Benincà / L. Vanelli (2005), Linguistica friulana, Padova, Unipress, 2005, Cap. 7.
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1906. Cortina d'Ampezzo - Campo di Sotto. A destra il primo ristorante «Tiziano».
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Sezion 1 • Articole Scientifiche
Riferimenti bibliografici
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Glottologico Italiano», 7, pp. 406-602.
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attraverso la documentazione scritta, «Ladinia», 7, pp. 129-191.
- - P. Benincà / L. Vanelli (1978), Il plurale friulano. Contributo allo studio del plurale
romanzo, «Revue de Linguistique Romane», 42, pp. 241-292. Sezion 1 • Articole Scientifiche esiti differenti per i quali è difficile trovare delle generalizzazioni valide. In particolare, sono difficilmente predicibili i comportamenti morfologici delle parole che terminano in consonante sonorante, che rientrano in diverse classi di formazione del plurale. Si vedano ad es.: a) le parole in -r, che hanno o un pl. in -e (il più produttivo: es. cuore, pitore, ecc.), ma anche in -es (ciares, feres); b) le parole in -l, che alternano plurali in -es (tutti i nomi femminili come vales, ma anche alcuni maschili, come coles e pioles), e pl. in -i (es. caai, fioi, biei) 16; c) ma la variazione maggiore si trova con le parole in consonante nasale coronale -n, dove le forme che alternano sono quattro: c1 ) pl. -e (parole maschili come dane, sane, ecc.); c2 ) pl. in -s (con cancellazione di -n) (parole maschili e femminili come pis (sg. pin), mas (sg. man), pies (sg. pien), ecc.; c3 ) pl. -es (suiamanes17, pioanes); c4 ) pl. in -i (con cancellazione di -n) (parole maschili come boi, paroi, cei, ecc.). La variazione è così ricca che alcune parole presentano più forme di plurale opzionali: ad es. sg. an vs. pl. ane / anes, sg. talaran vs. pl. talaras / talarane / talaranes. (16) E c’è anche la forma in -e di cule (sg. cu). (17) E si noti che nel composto ‘asciugamani’, ‘mani’ costruisce il pl. diversamente dalla parola semplice: -manes vs. mas.
- - P. Benincà / L. Vanelli (2005), Linguistica friulana, Padova, Unipress, 2005, Cap. 7.
- - A. Calabrese (2005), Markedness and Economy in a Derivational Model of Phonology,
Berlin/New York, Mouton de Guyter.
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Sprachatlas des Dolomitenladinischen und angrenzender Dialekte, 1. Teil, Wiesbaden, L. Reichert Verlag, 4 voll.
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ladino bellunese, Belluno, Istituto Bellunese di ricerche sociali e culturali. 1906. Cortina d’Ampezzo - Campo di Sotto. A destra il primo ristorante «Tiziano». (Archivio Print House)