La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro secondo/Capitolo XCIV

Libro secondo
Capitolo XCIV

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Nel nome di Dio mi parti’ di Firenze sempre cantando salmi e orazione innonore e gloria di Dio per tutto quel viaggio; innel quale io ebbi grandissimo piacere, perché la stagione si era bellissima, di state, e il viaggio e il paese dove io nonnero mai piú stato mi parve tanto bello che ne restai maravigliato e contento. E perché gli era venuto per mia guida un giovane mio lavorante, il quale era dal Bagno, che si chiamava Cesere, io fui molto carezzato da suo padre e da tutta la casa sua; infra e’ quali si era un vecchione di piú di settant’anni, piacevolissimo uomo: questo era zio del detto Cesere, e faceva professione di medico cerusico, e pizzicava alquanto di archimista. Questo buono uomo mi mostrò come quei Bagni avevano miniera d’oro e d’argento, e mi fece vedere molte bellissime cose di quel paese; di sorte che io ebbi de’ gran piaceri che io avessi mai. Essendosi domesticato a suo modo meco, un giorno in fra gli altri mi disse: - Io non voglio mancare di non vi dire un mio pensiero, al quale se Sua Eccellenzia ci prestassi l’orecchio, io credo che e’ sarebbe cosa molto utile: e questo si è, che intorno a Camaldoli ci si vede un passo tanto scoperto, che Piero Strozzi potria non tanto passare sicuramente, ma egli potrebbe rubar Poppi sanza contrasto alcuno - e con questo, non tanto l’avermelo mostro a parole, ch’egli si cavò un foglio della scarsella, nel quale questo buon vecchio aveva disegnato tutto quel paese in tal modo che benissimo si vedeva ed evidentemente si conosceva il gran pericolo esser vero. Io presi il disegno e subito mi parti’ dal Bagno, e quanto piú presto io potetti, tornandomene per la via di Prato Magno e da San Francesco della Vernia, mi ritornai a Firenze: e senza fermarmi, sol trattomi gli stivali, andai a Palazzo. E quando io fui dalla Badia, io mi scontrai nel mio Duca, che se ne veniva per la via del Palagio del Podestà: il quale, subito ch’e’ mi vide, ei mi fece una gratissima accoglienza insieme con un poco di maraviglia, dicendomi: - O perché sei tu tornato cosí presto? che io non t’aspettavo ancora di questi otto giorni -. Al quale io dissi: - Per servizio di Vostra Eccellenzia illustrissima son tornato, ché volentieri io mi sarei stato parecchi giorni a spasso per quel bellissimo paese. - E che buone faccende? - disse ’l Duca. Al quale io dissi: - Signore, gli è di necessità che io vi dica e mostri cose di grande importanza -. Cosí me n’andai seco a Palazzo. Giunti a Palazzo e’ mi menò in camera segretamente dove noi eravamo soli. Allora io gli dissi il tutto, e gli mostrai quel poco del disegno; il quale mostrò di averlo gratissimo. E dicendo a Sua Eccellenzia che gli era di necessità il rimediare a una cotal cosa presto, il Duca stette cosí un poco sopra di sé, e poi mi disse: - Sappi, che no’ siamo d’accordo con el Duca d’Urbino, il quale n’ha da ’aver cura lui; ma stia in te -. E con molta gran dimostrazione di sua buona grazia, io mi ritornai a casa mia.