La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro secondo/Capitolo XCI

Libro secondo
Capitolo XCI

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Il mio Duca, con tutto che Sua Eccellenzia avessi sentito questo favore che m’era stato fatto di quel poco della vista da questa eccellentissima Scuola, disse: - Io n’ho gran piacere che Benvenuto abbia aùto questo poco del contento, il quale sarà cagione che piú presto e con piú diligenzia ei le darà la sua desiderata fine; ma non pensi che poi, quando la si vedrà tutta scoperta e che la si potrà vedere tutta all’intorno, che i popoli abbino a dire a questo modo; anzi gli sarà scoperto tutti i difetti che vi sono, e appostovene di molti di quei che non vi sono; sí che armisi di pazienza -. Ora queste furno parole del Bandinello dette al Duca, con le quale egli allegò delle opere d’Andrea del Verocchio, che fece quel bel Cristo e San Tommaso di bronzo, che si vede nella facciata di Orsamichele; e allegò molte altre opere, insino al mirabil Davitte del divino Michelagnolo Buonaroti, dicendo che ei non si mostrava bene se non per la veduta dinanzi; e dipoi disse del suo Ercole e Cacco gli infiniti e vituperosi sonetti che ve gli fu appiccati, e diceva male di questo popolo. Il mio Duca, che gli credeva assai bene, l’aveva mosso addire quelle parole, e pensava per certo che la dovessi passare in gran parte in quel modo, perché quello invidioso del Bandinello non restava di dir male; e una volta infra molte dell’altre, trovandovisi alla presenza quel manigoldo di Bernardone sensale, per far buone le parole del Bandinello, disse al Duca: - Sappiate, Signore, che ’l fare le figure grande l’è un’altra minestra che ’l farle piccoline: io non vo’ dire ché le figurine piccole egli l’ha fatte assai bene; ma voi vedrete che là non vi riuscirà -. E con queste parolaccie mescolò molte dell’altre, faccendo la sua arte della spia, innella quale ei mescolava un monte di bugie.