La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro secondo/Capitolo VI

Libro secondo
Capitolo VI

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In questo tempo il Duca di Ferrara s’accordò con papa Pagolo romano certe lor differenze antiche, che gli avevano di Modana e di certe altre città; le quali, per averci ragione la Chiesa, il Duca fece questa pace col ditto Papa con forza di danari: la qual quantità fu grande: credo che la passassi piú di trecento mila ducati di Camera. Aveva il Duca in questo tempo un suo tesauriere vecchio, allievo del duca Alfonso suo padre, il quale si domandava messer Girolamo Giliolo. Non poteva questo vecchio sopportare questa ingiuria di questi tanti danari che andavano al Papa, e andava gridando per le strade, dicendo: - Il Duca Alfonso suo padre con questi danari gli arebbe piú presto con essi tolto Roma, che mostratigliele - e non v’era ordine che gli volessi pagare. All’ultimo poi sforzato il Duca a fargnene pagare, venne a questo vecchio un flusso sí grande di corpo, che lo condusse vicino alla morte. In questo mezzo che lui stava ammalato, mi chiamò il ditto Duca e volse che io lo ritraessi, la qual cosa io feci innun tondo di pietra nera, grande quanto un taglieretto da tavola. Piaceva al Duca quelle mie fatiche insieme con molti piacevoli ragionamenti; le qual dua cose ispesso causavano che quattro e cinque ore il manco istava attento a lasciarsi ritrarre, e alcune volte mi faceva cenare alla sua tavola. In ispazio d’otto giorni io gli fini’ questo ritratto della sua testa: di poi mi comandò che io facessi il rovescio; il quale si era figurata per la Pace una femmina con una faccellina in mano, che ardeva un trufeo d’arme: la quale io feci, questa ditta femmina, in istatura lieta, con panni sottilissimi, di bellissima grazia; e sotto i piedi di lei figurai afflitto e mesto, e legato con molte catene, il disperato Furore. Questa opera io la feci con molto istudio, e la detta mi fece grandissimo onore. Il Duca non si poteva saziare di chiamarsi sattisfatto, e mi dette le lettere per la testa di Sua Eccellenzia e per il rovescio. Quelle del rovescio dicevano “Pretiosa in conspectu Domini”. Mostrava che quella pace s’era venduta per prezzo di danari.