La vedova spiritosa/Nota storica
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NOTA STORICA.
A chi conosce Le Scrupule ou l’Amour content de lui-même del Marmontel (Contes moraux dell’A., di cui citiamo tra tante edizioni quella di Londra 1771, T. I) sarebbe superfluo ricordare con lo stesso Goldoni che di qua trasse il nostro commediografo la Ved. spiritosa (V. Premessa e Mem. II, XXXV); la Belise del racconto francese e donna Placida della commedia goldoniana la pensano allo stesso, stessissimo modo intorno alla scelta d’un secondo marito. Donna Placida, sagrificata sedicenne ad un uomo d’indole e d’età troppo diverse dalle sue, e vestita a bruno un anno intiero, intende ora, potendo, non rinunciare alla propria libertà; dico potendo, perchè anche in casa dello zio Berto, dove è passata riunendosi alla sorella minore Luigia, le ronzano intorno troppi adoratori, come l’amabile don Fausto, il valoroso capitano Ferramondo, e don Sigismondo un cavaliere malgrado le sue astrazioni assai compito, perchè un dì o l’altro la fortezza non abbia a cedere. E termina infatti col cedere, ma soltanto quando ella, dopo molto nicchiare, s’è intimamente persuasa che don Fausto, un buon tipo di avvocato onesto e di gentiluomo, l’ama intensamente, e che in fondo in fondo n’è cotticcia anche lei. Veramente pel nostro fortunato causidico sentiva del tenero anche la Luigia non era però morta di lui al punto da doversi quasi rimproverare a Goldoni l’aver troppo leggermente designata la rivalità tra le due sorelle, come pensa il Dejob (Les Femmes dans la Com. fr. et ital. au XVII siècle, p. 142). Alla Luigia premeva più che altro fuggire alle zanne bramose di don Anselmo, ipocritone in età matura, che uccellava alla dote di lei, e che con l’insinuarsi nelle buone grazie di don Berto, tutto buona fede, vi rammenta qualche po’ con le sue imposture, osservazione giustissima del Toldo (L’oeuvre de Molière et sa fort. en Italie, p. 393), l’insuperabile Tartufe. Un altro parassita e grande amico.... della tavola di don Berto; ossia don Isidoro, che pur di appagare le suggestioni della gola si presta a checchessia, financo a fare il mezzano (A. V. Sc. III). Ma la nostra vedovella è capitata in buon punto, e mette a posto col suo tatto finissimo persone e cose; Luigia sposerà don Sigismondo, e quei due tipacci di don Anselmo e di don Isidoro abbandoneranno scornati quella casa, di cui don Berto termina col proclamare la brava Placida donna e madonna.
Trama dunque abbastanza semplice, ma i caratteri scialbi o goffamente esagerati, se ne traete quello bene segnato della protagonista (Cfr. Schmidbauer, Das Kom. bei G., p. 101, 124, 138, 145). Non conveniamo quindi punto col Meneghezzi, secondo il quale, se la commedia non fosse stesa ne’ soliti antipatici martelliani, dovrebbe noverarsi tra i capolavori di bellezza e di finezza (Della vita e delle op. di C. G. p. 169); e ci sembra giusto invece il parere del nostro Galanti, che la pone fra quelle di second’ordine (C. G. e Ven. nel sec. XVIII. p. 245).
Comunque, al dire dello stesso Goldoni, la Ved. spiritosa (datasi per la prima volta a Venezia nell’autunno 1757, almeno secondo l’edizione Pitteri) ottenne un «succès très brillant et très-suivi» (Mem. I, cit.); successo di cui risuona ancora l’eco ne le Morbinose, quando l’A. fa dire dalla Bettina che chiacchiera con la madre e con la Felice intorno alle commedie di quei giorni (A. I, Se. VIII):
«Però i ha fatto ben i comici sto anno:
I ha fatto resaltar le vedoe spiritose».
A Venezia, si ridiede al S. Samuele nel 5 dic. 1792 (Gazz. urb ven. 8 dic. 1792), e poi ai 25 nov. 1803 (v. Giornal. teatr.): in Bologna il 3 giugno 1829 all’Arena del sole dai filodrammatici Concordi (Cosentino. L’Arena del sole, p. 44), e al t. Re di Milano nel 1830 dalla Comp. Reale Sarda (Rec. della C. R. S. al T. Re di Milano) con lodi al Vestri nella parte d’Isidoro, e senza menomamente accennare alla Marchionni protagonista. Apprendiamo poi da Luigi Rasi che in detta produzione riscuoteva nutriti applausi Natalina Andolfati (Com. Ital. I, p. 49); e che la Ved. spir. entrava nel repertorio della compagnia Roffi, della quale faceva parte il famoso comico fiorentino Jacopo Corsini (ibid. p. 702-3).
Altri comici invece compromisero questa vedova sul serio, quando Goldoni la portò a Roma nel novembre 1759, riducendola in prosa e raccorciandola in 3 atti. Basti dire, che essendo alle donne vietato nella sede papale di calcare le scene, fu rappresentata da soli uomini. Donna Placida e donna Luigia erano due giovanetti romani, uno parrucchiere, e l’altro garzone di falegname. Il pubblico del Tordinona fischiò maledettamente, e la commedia priva del suo prediletto Pulcinella andò insomma a rotoli (Goldoni. Mem. II, 38; e Martucci. C. G. e il suo soggiorno in Roma, nella Rassegna nazionale 1.° Giugno 1886). Per poco il povero Autore non svenne; e sì, osserva Adolfo Albertazzi (nel Marzocco 25 febbr. 1907) «ch’egli aveva resistito a ben altre tempeste di fischi!» Manco male che in quell’anno medesimo molti melodrammi di lui correvano trionfanti i vari teatri romani; come al Valle Il Mercato di Malmantile, poi La Ritornata da Londra, con musica del Buranello; al teatro Pace l’Arcadia in Brenta; e con l’Arcifanfano re de’ pazzi al Tordinona si riparò in qualche modo all’insuccesso della Ved. spiritosa (Piovano. Bald. Galuppi. Estr. dalla Riv. music. ital. 1906 fasc. 4, 1907 fasc. 2, e 1908 fasc. 2). La quale venne anche pubblicata nella stessa Roma sempre in detto anno ’759 (V. Goldoni. Pref. nell’ediz. Pitteri; Goldoni. Catal. aggiunto ai Mém.; Pignatore. Elogio di C. G. e Spinelli. Bibl. Gold.) e se ne trova un esemplare nella Bibl. Nazionale di Parigi; dedicata, come quella in versi, alla duchessa Giacinta Orsini Boncompagni Ludovisi, la quale pare abbia ospitato il poeta nei primi giorni della sua dimora in Roma. Di un suo sonetto pubblicato per le nozze di un fratello di lei, D. Filippo Beranaldo Orsini con D. Teresa Caracciolo (Venezia Zatta 1762) discorre Aldo Ravà nel Fanfulla della Dom. 26 Sett. 1909.
C. M.
La Vedova spiritosa uscì a stampa la prima volta nel 1761 a Venezia, nel t. VII del Nuovo Teatro Comico dell’Avv. C. G., e l’anno stesso a Bologna (a S. Tomaso d’Aquino): fu impressa poi di nuovo a Venezia (Savioli VII, 1773; Zatta cl. 3, IX, 1793), a Torino (Guibert e Orgeas VII, 1775), a Livorno (Masi XVIII, 1791) a Lucca (Bonsignori XXIX, 1792) e forse altrove nel Settecento. Non si trova nei tomi editi dall’ed. Pasquali. La presente ristampa seguì principalmente l’ed. Pitteri curata dall’autore. Valgono i soliti avvertimenti. — Quanto all’Appendice, la nostra stampa fu compiuta sull’unica edizione del 1759, non scevra certamente di errori.