La tutela internazionale della proprietà intellettuale: il fenomeno del copyleft/Introduzione
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A partire dalla metà degli anni ‘90, la rivoluzione digitale ha pian piano sconvolto le nostre esistenze: la potenza di calcolo dei computer, in costante aumento, appariva ormai incomparabile con quella di soli dieci anni prima; videocassette, musicassette e perfino i più recenti floppy disk venivano scalzati dai nuovi supporti (CD-ROM, DVD-ROM e ancor più recentemente Blu-ray disk) lanciati sul mercato in rapida successione; Internet intraprendeva la sua irresistibile ascesa come mezzo di comunicazione di massa.
È così che il rapido sviluppo delle moderne tecnologie digitali e il fenomeno della crescente interconnessione di massa hanno rivoluzionato la nostra vita privata, consentendo a chiunque lo desiderasse di accedere, produrre e condividere contenuti tramite l’utilizzo di apparecchiature e connessioni sempre più sofisticate, conducendoci a ciò che oggi viene comunemente chiamato “Web 2.0”.
Com’è naturale, non vi è stata uniformità di giudizi sul fenomeno del crescente successo di programmi e iniziative basate sulla condivisione e sulla partecipazione attiva di utenti collegati alla stessa rete. Molti sono stati e sono gli interrogativi sulla affidabilità, sulla stabilità, perfino sulla utilità di alcune iniziative. Interrogativi talvolta fugati da espressioni di sufficienza o insofferenza, talvolta forieri di utili riflessioni sulla loro reale qualità, così come sulle loro implicazioni giuridiche, economiche e sociali.
Ma il processo può ormai considerarsi irreversibile e ci pone di fronte all’affermazione di un modello innovativo di accesso, produzione e fruizione di contenuti, molto lontano da quello classico di cui disponevamo solo fino a qualche anno fa, cosi come è inconfutabile che le nuove forme di interconnessione stanno portando alla soluzione di problemi che si ritenevano insuperabili o difficilmente risolvibili.
Gli stessi attori “istituzionali” (emittenti radiotelevisive, editori di giornali e riviste, case editrici, aziende cinematografiche, aziende di programmi informatici e così via) hanno dovuto riconoscere, per esempio, la loro “permeabilità” nei confronti di contenuti multimediali prodotti da persone “non professioniste” che oggi hanno la possibilità di immettere e pubblicizzare il proprio materiale in un libero circuito che ne permette la divulgazione (c.d. user generated content).
Un effetto dirompente si è avuto nel campo del diritto d’autore: la “democratizzazione” nella produzione di opere ha dato avvio alla ricerca di innovativi modelli di gestione dei diritti d’autore. Nasce così il modello copyleft, affermatosi fra la fine degli anni ‘90 e l’inizio degli anni 2000, che sostanzialmente prevede maggiore libertà nella fruizione di opere dell’ingegno. Questo modello, che sarà al centro dell’analisi, costituisce un’evoluzione delle classiche licenze d’uso ed è stato favorito proprio dalla rivoluzione digitale.
La possibilità per l’autore di rivolgersi direttamente al mercato, scavalcando editori e altri intermediari, e la possibilità per l’autore stesso di decidere se e come differenziare le condizioni di utilizzo e riutilizzo della propria opera, ha determinato in modo naturale la necessità di ridurre e semplificare i passaggi compresi fra la creazione e la distribuzione dell’opera. Gli economisti sintetizzano questa evoluzione parlando di passaggio dal “percorso lungo” al “percorso breve”. Questo sarà in particolare oggetto di analisi nel secondo capitolo.
Mentre in ambito giuridico il dibattito si incentrava sul rafforzamento del modello tradizionale del copyright e sulla sua rigida tutela avverso le nuove forme di “pirateria” (il download illegale di musica, film e anche libri), a partire dal 2000 si sono sviluppati nuovi progetti che hanno scelto di imboccare una via intermedia fra i due estremi del “tutti i diritti riservati” e del “nessun diritto riservato”.
In questo lavoro, si è deciso di privilegiare le implicazioni che il copyleft ha sulla produzione di opere letterarie e artistiche, poiché la letteratura si è finora concentrata maggiormente sugli effetti determinatisi in campo tecnologico e scientifico, con particolare riferimento a brevetti e controversie sui farmaci.
L’analisi verterà, dunque, dapprima sulle disposizioni dell’Accordo TRIPs e della Convenzione di Berna, per poi passare a una panoramica generale sul fenomeno del copyleft: come nasce e si sviluppa, quali sono i principi che lo animano, quali sono le forme in cui si sta concretizzando. Ci si soffermerà in particolar modo sulle licenze Creative Commons, che si stanno affermando per facilità e versatilità.
Scopo finale è quello di analizzare quali siano i profili di compatibilità e quali quelli di incompatibilità con l’attuale schema di tutela del diritto d’autore, quali siano le tendenze che si stanno producendo e se e come sarà possibile armonizzare l’approccio copyleft con le attuali norme del WTO, soprattutto considerando gli effetti, che sempre meno possono essere sottaciuti, della commercializzazione di opere rilasciate con c.d. “licenze libere”.