Giuseppe Gioachino Belli

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La lingua tajjana La bbona famijja
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1831

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LA SPIEGAZZIONE.

     Che rrazza de dimanne[1] oggi me fai?!
Cosa vò ddì Cconzurta,[2] Datarìa,[3]
E Bbongoverno,[4] e Llemosinerìa!...[5]
Che tte premeno a tté ttutti sti guai?[6]

     Bbubbù, bbubbù,[7] nnun la finischi mai!
Oggni ggiorno una nova fantasia!
Ha rraggione sta matta de tu’ zia,
Che pe’ cciarvello sciài[8] pancotto, sciài.

     Vai stroliganno[9] su li fatti antichi!...
Se vede bbe’ cche nun hai da fà un c....,
Fijjolo mio, che Ddio te bbenedichi.

     Dunque, aló,[10] ddàmo gusto ar dottorazzo:
A Rroma ste parole che ttu ddichi
Nun zo’ antro[11] che nnomi de Palazzo.[12]

28 novembre 1831.

Note

  1. Dimande.
  2. [Consulta. V. la nota 5 del sonetto: Er zettario ecc., 26 mar. 36.]
  3. [V. il sonetto: Sentite ecc., 6 ag. 43.]
  4. [La Congregazione del Buon Governo era l’autorità tutoria e insieme il tribunale civile e criminale de’ comuni; ma Gregorio XVI, con editto della Segreteria di Stato del 5 luglio 1831, la fece cessare “da qualunque occupazione che non fosse strettamente giudiziaria, subentrando nella cessata giurisdizione i presidi delle provincie, e i consigli provinciali.„ Moroni, Dizion., vol. XVI, 158-161.]
  5. [Limosineria Apostolica.]
  6. Pensieri gravi, intrighi, faccende altrui.
  7. Suoni dinotanti l’insistenza di un parlante.
  8. Ci hai: hai.
  9. Strologando.
  10. [Dal francese allons.]
  11. Non sono altro.
  12. [Di quello del Papa s’intende.]