La spedizione inglese in Abissinia (1869)/V
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V.
RITORNO.
18 aprile — 19 maggio. — Il 18, la regina dei Gallas prendeva possesso di Magdalà, e nella giornata susseguente, tutta l’armata inglese aveva ripassato il Bascilo e s’era concentrata sull’altipiano di Talanta.
Per la mattina del 20, tutta quanta la divisione era chiamata sotto le armi per essere passata in rivista dal generale in capo; e gli uffiziali stranieri addetti alla spedizione e i prigionieri liberati erano particolarmente invitati ad assistere alla parata.
Dopo aver percorsa tutta la fronte ed assistito allo sfilare, il generale in capo faceva disporre in quadrato la divisione intiera, e, recatosi nel centro, invitava il suo aiutante generale a dar lettura di un ordine del giorno, dove con nobili parole si rendeva conto del felice esito della spedizione e si ringraziavano le truppe della loro devozione al dovere, e della buona disciplina conservata. Chiamati poscia al centro gli ufficiali stranieri addetti alla spedizione e i prigionieri liberati, il generale in capo si rivolgeva nuovamente alle truppe e, accennando a noi, dirigeva loro le seguenti parole: «Son persuaso che ognuno di voi divide la mia profonda stima e la mia viva gratitudine per questi gallant gentlemen che ci sono stati compagni nelle fatiche e ne’ pericoli della campagna: sono Francesi, figli di quella nazione, alla quale ci legano tante memorie e tanti interessi; Prussiani, nostri alleati per sangue; Italiani, rappresentanti di quella causa, per la quale il nostro paese nutre così vivo interesse e figli di quella terra nei cui destini noi abbiamo tante speranze: ognuno di voi, non ne dubito, sarà superbo di poter presentare a questi signori i loro compatrioti che avete tutti contribuito a liberare.» E qui, rivolgendosi a noi e poi ai prigionieri, seppe trovare per tutti parole improntate della più squisita gentilezza.
I liberati sommano in tutto a 61 e la maggior parte sono artigiani tedeschi venuti al seguito dei missionari. L’unico nostro compatriota David Pietro, piemontese, venuto già in Abissinia con Cameron e diventato poscia suo compagno di prigionia per circa quattro anni, ci fece vedere sulle sue braccia le tracce delle corde di re Teodoro, e ci cagionò non poca sorpresa, manifestandoci l’intenzione di non ritornare in Italia, ma di stabilirsi invece in questi paesi e farsi coltivatore!......
Dopo la rivista comincia al campo la vendita all’incanto degli oggetti trovati nell’arsenale di re Teodoro. I prezzi raggiungono ben presto delle cifre favolose, e si giunge a pagare 400 rupie (1000 franchi) uno scudo appartenente già (così almen si dice) a re Teodoro; 400 rupie un paio di pantofole d’argento; 30 un cucchiaio, e così di seguito. Fatti i calcoli, si trova d’aver radunata la cospicua somma di 2500 sterline.
L’indomani 21 cominciano le marcie del ritorno e noi ci rechiamo quindi a prender congedo dal generale in capo, e dalle principali autorità dell’armata.
Giunti il 26 a Dildi, ritroviamo finalmente, dopo 33 giorni, la nostra tenda e quella parte di bagaglio lasciata a Lat il 22 marzo.
Il generale Malcolm, che incontriamo a Machan il 2 maggio, ci racconta che i 90 capi abissini già prigionieri a Magdalà e liberati da sir Robert Napier hanno subito approfittato della libertà per radunar gente armata, mettersi in campagna e picchiarsi a vicenda.
Passando poi per Atsala, veniamo a sapere che la rocca dell’Alatgi è stata in questo frattempo attaccata, ma inutilmente, da un luogotenente del principe di Tigré! Se le ambizioni di questi capi trovano fatica a reprimersi, ora che la presenza dell’armata inglese deve servir loro di freno, cosa non succederà mai quando quest’armata avrà completamente evacuato il paese? E quanto sangue non verrà sparso prima che sorga quell’uomo capace di raccogliere l’eredità di Teodoro?......
Ad Antalo ritroviamo il resto del nostro bagaglio e ci fermiamo un giorno. Un forno di campagna, ivi stabilito dopo la nostra partenza per Magdalà, ci permette di gustare per la prima volta, dopo quattro mesi, le delizie del pan fresco.
Il 6 ripigliamo la marcia e giungiamo il 14 a Senafe: in questi ultimi quindici giorni fummo abbastanza fortunati da aver un saggio delle pioggie abissine: il cielo limpidissimo al mattino, si copriva ogni giorno, verso mezzodì, di grossi e neri nuvoloni che precedevano di poco il rumoreggiar del tuono e si convertivano ben presto in torrenti d’acqua impetuosissimi. Verso sera, il cielo ridiventava sereno e la mattina dopo si era da capo con la stessa storia.
Il 16, dato un addio all’altipiano abissino, scendiamo finalmente nella valle di Komelu; riposatici un giorno a Komelu stesso, giungiamo il 19 mattina a Zula e, poche ore dopo, andiamo a stabilirci a bordo dell’Indore che ci deve trasportare a Suez.