La servitù delle donne/Al lettore!

Al lettore!

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John Stuart Mill - La servitù delle donne (XIX secolo)
Traduzione dall'inglese di Anna Maria Mozzoni (1926)
Al lettore!
La servitù delle donne I


Non appena mi capitò sotto gli occhi questo libro e n’ebbi gustato i pregi e tosto mi promisi di volgerlo nel nostro idioma e farlo così conoscere e diffondere in Italia, dove, sgraziatamente, i fecondi principii della illuminata opinione moderna procedono tanto a rilento nelle applicazioni. Uscito da una penna autorevole, forte di una argomentazione stringente, calzante, basata sopra principii inconcussi ed universalmente accettati; scritto colla profonda convinzione del filosofo, colla scrupolosa giustizia dell’uomo onesto, colla forma temperata di chi non vuol esagerare e non ne ha bisogno, questo libro mi par destinato a scapezzare definitivamente la tesi propugnatrice delle incapacità femminili, e a demolire presso gli avversarii di buona fede fino all’ultimo dei pregiudizii che l’hanno fino ad oggi appoggiata.

Le difficoltà straordinarie ed affatto eccezionali che incontra questo argomento per la coalizione delle istituzioni, delle consuetudini e del pregiudizio, le altre difficoltà non superabili che da una mente altamente filosofica che presenta la donna stessa, nell’attuale stato di servitù demoralizzatrice, sviluppata qual’è forzatamente in talune sue facoltà, ed atrofizzata e compressa in altre, sicchè mal si può, senza una finissima osservazione ed una analisi profonda, scoprirne o presumerne le armoniche proporzioni nel suo stato di normalità, tutte queste difficoltà sono antivedute e trionfalmente superate dallo scrittore, senza sforzo, senza sofisma, senza sottigliezza, sibbene con un lavoro logico così semplice e naturale da porre la tesi contraria fra l’uscio ed il muro e costringere il sofista a darsi per vinto. In una tesi che, in virtù del vetusto pregiudizio, sembra in sè stessa esagerata per quanto vesta misurate le forme, spingere il principio fino all’ultime sue deduzioni teoriche, ed affrontare fino all’ultima delle sue pratiche applicazioni, è tale ginnastica, che reclama tutta la gagliardia del pensatore e tutta l’abilità del diplomatico; e l’una e l’altra ha l’Autore posta al servizio della sua tesi di simpatia, e con un successo del quale nutriamo salda fiducia che le donne dovranno applaudirsi.

Noi raccomandiamo perciò caldamente questo libro alle donne, affinchè si facciano vieppiù attive, solerti ed illuminate sui loro interessi, e non transigano sul dovere ch’esse hanno di rivendicare nei loro diritti i mezzi del loro perfezionamento.

Lo raccomandiamo vivamente a quelli uomini, e ve n’hanno pur molti, nei quali il pregiudizio delle incapacità delle donne basa sulla forza della consuetudine e sull’inerzia della mente piuttosto che sull’egoismo personale e sulla passione di corpo.

Lo raccomandiamo a quella parte, sgraziatamente ristretta dei ministri d’ogni confessione religiosa, che ha ancora salvato qualche angolo dello spirito dall’invasione del convenzionalismo religioso, e crede ancora di poter accogliere nella onesta coscienza il retto dettato della ragione, indipendentemente dalla sanzione di un qualunque superiore.

Lo raccomandiamo ai fisiologi affinchè non rallentino le loro osservazioni sulle differenze costitutive della fisica organizzazione dei due sessi, che sono oggi ancora poco più che incipienti, ammoniti dall’esempio della scienza geologica, che se giunta alla metà del suo cammino demolì, giunta alla fine, ricostituì quel che avea demolito.

Lo raccomandiamo alla associazione generale degli Avvocati costituitasi ad istudiare le riforme da applicarsi ai codici, affinchè portino nel gravissimo compito, così gravido di responsabilità, una opinione illuminata, nè più si odano ripetere in Italia i propositi leggerissimi e pregiudicatissimi, che confermarono or sono cinque anni il Senato nella millenare ingiustizia.

Lo raccomandiamo finalmente, alla Camera rappresentativa, al cui ufficio fu già presentato più d’un documento relativo a questa tesi, e preferiva rinunciare al principio fecondo, anzichè ripurgarlo dai meno pensati particolari.

Oh, si pensi in Italia che in America, in Francia, in Isvizzera, nella Svezia, nel Belgio cattolico, nella Prussia belligera e fin nell’autocrata Russia le donne vanno trovando giustizia, ed in Italia soltanto, l’opinione languisce, il progresso si arresta, l’un ministero non continua il po’ di bene iniziato dall’altro, e tutto immobilizza, meno il male, che, sotto cento forme, invade ed infesta le terre italiane.

Nè si dica che le gravi complicazioni, ieri politiche ed oggi economiche, nelle quali versa la penisola, assorbono tutta l’attenzione delli italiani, sicchè debba forzatamente starsi in rango secondario ogni parte della cosa pubblica, che con quella non ha stretto rapporto. No. Mentre la ghigliottina passeggiava nelle vie di Parigi, si votavano nell’assemblea legislativa i migliori programmi dell’istruzione, che si sian visti mai. In mezzo alla bufera di quei giorni vertiginosi, gli uomini che avevano un mandato sociale, e ne sentivano la responsabilità, non lo perdevano di vista. Oggi la Russia, minata dalla rivoluzione, sa fare le parti alla preoccupazione politica, che interessa un breve periodo di tempo ed un picciol numero di persone, ed alla preoccupazione sociale che è inerente allo svolgimento progressivo della razza umana. In questi giorni appunto, essa riconosceva, ed affermava in principio, il lavoro delle donne nell’amministrazione dello Stato. La Spagna, novella Penelope, contesa da cento rivali, trova tempo e coscienza di occuparsi delle donne, ed istituisce per loro dei corsi universitarï. In Prussia, in Isvizzera, in Russia, lor si aprono licei ed università. Nel Belgio, nella colonia Vittoria ad Wyoming si accorda loro il diritto di suffragio.

Dovunque associazioni e comitati si costituiscono ed organizzano forze collettive al servizio della loro tesi. Migliaia di campioni, dell’un sesso e dell’altro, lottano a quest’ora sotto varia forma, e ciascuno secondo la varia indole e potenza del suo ingegno, a demolire questa corrosa reliquia delle antiche oppressioni; e non si crederà tuttavia matura questa idea, ad ispirare le leggi un paese retto e governato dall’opinione, qual’è un paese costituzionale? E l’Italia non avrà risposta migliore, all’esempio delle altre nazioni, che di togliere alle donne anche quello che le leggi straniere avevano loro lasciato, la libera disposizione dei propri beni?

Ma l’epoca di una nuova riforma si avvicina. Non precorriamo dunque i fatti, nè ci accada di vedere il tempo più fosco che non sia. In questi ultimi tempi si videro maturare i frutti della filosofia, quasi per incanto, su tutto il terreno europeo; e le ultime autocrazie dell’Occidente si scoronarono davanti all’opinione minacciosa, sebbene disarmata, dei popoli illuminati.

Che le donne costringano anch’esse gli uomini ad abdicare, colla operosa affermazione del loro valore e la coscienza sentita del loro diritto, ed avranno rimosse da sè mille miserie, e preparato all’umanità un’altra storia ed un migliore avvenire.


ANNA MARIA MAZZONI