La scienza nuova seconda/Libro quarto/Sezione undecima

Libro quarto - Sezione undecima - Tre sètte di tempi

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[SEZIONE UNDECIMA]

TRE SÈTTE DI TEMPI

[CAPITOLO UNICO]

[sètte dei tempi religiosi, puntigliosi e civili]

975Tutte l’anzidette cose si sono praticate per tre sètte de’ tempi.

976Delle quali, la prima fu de’ tempi religiosi, che si celebrò sotto i governi divini.

977La seconda, de’ puntigliosi, come di Achille; ch’a’ tempi barbari ritornati fu quella de’ duellisti.

978La terza, de’ tempi civili ovvero modesti, ne’ tempi del diritto naturale delle genti, che, nel diffinirlo, Ulpiano lo specifica con l’aggiunto d’«umane», dicendo «ius naturale gentium humanarum»; onde, appo gli scrittori latini sotto gl’imperadori, il dovere de’ sudditi si dice «officium civile», e ogni peccato, che si prende nell’interpetrazion delle leggi contro l’equitá naturale, si dice «incivile». Ed è l’ultima setta de’ tempi della giurisprudenza romana, cominciando dal tempo della libertá popolare. Onde prima i pretori, per accomodare le leggi alla natura, costumi, governo romano, di giá cangiati, dovetter addolcire la severitá ed ammollire la rigidezza della legge delle XII Tavole, comandata, quand’era naturale, ne’ tempi eroici di Roma; e dipoi gl’imperadori dovettero snudare di tutti i veli, di che l’avevano coverta i pretori, e far comparire tutta aperta e generosa, qual si conviene alla gentilezza alla quale le nazioni s’erano accostumate, l’equitá naturale. [p. 88 modifica]

979Per ciò i giureconsulti con la «setta de’ loro tempi» (come si posson osservare) giustificano ciò ch’essi ragionano d’intorno al giusto: perché queste sono le sètte propie della giurisprudenza romana, nelle quali convennero i romani con tutte l’altre nazioni del mondo, insegnate loro dalla provvidenza divina, ch’i romani giureconsulti stabiliscono per principio del diritto natural delle genti; non giá le sètte de’ filosofi, che vi hanno a forza intruso alcuni interpetri eruditi della romana ragione, come si è sopra detto nelle Degnitá. Ed essi imperadori, ove vogliono render ragione delle loro leggi o di altri ordinamenti dati da essoloro, dicono essere stati a ciò far indutti dalla «setta de’ loro tempi», come ne raccoglie i luoghi Barnaba Brissonio, De formulis romanorum: perocché la scuola de’ principi sono i costumi del secolo, siccome Tacito appella la setta guasta de’ tempi suoi, ove dice «corrumpere et corrumpi seculum vocatur», ch’or direbbesi «moda».