La scienza nuova seconda/Libro quarto/Sezione decimaquarta/Capitolo primo

Sezione decimaquarta - Capitolo primo - Pene, guerre, ordine dei numeri

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Sezione decimaquarta - Capitolo primo - Pene, guerre, ordine dei numeri
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[CAPITOLO PRIMO]

[pene, guerre, ordine dei numeri]

1020Vi sono altre convenevolezze di effetti con le cagioni che lor assegna questa Scienza ne’ suoi principi, per confermare il naturail corso che fanno nella lor vita le nazioni. La maggior parte delle quali sparsamente sopra e senz’ordine si sono dette, e qui, dentro tal naturale successione di cose umane civili, si uniscono e si dispongono.

1021Come le pene, che nel tempo delle famiglie erano crudelissime quanto erano quelle de’ polifemi, nel quale stato Apollo scortica vivo Marsia. E seguitarono nelle repubbliche aristocratiche; onde Perseo col suo scudo, come sopra spiegammo, insassiva coloro che ’l riguardavano. E le pene se ne dissero da’ greci παραΔείγματα, nello stesso senso che da’ latini si chiamarono «exempla», in senso di «castighi esemplari»; e da’ tempi barbari ritornati, come si è anco osservato sopra, «pene ordinarie» si dissero le pene di morte. Onde le leggi di Sparta, repubblica a tante pruove da noi dimostrata aristocratica, elleno, selvagge e crude cosí da Platone come da Aristotile giudicate, vollero un chiarissimo re, Agide, fatto strozzare dagli efori; e quelle di Roma, mentre fu di stato aristocratico, [p. 116 modifica] volevano un inclito Orazio vittorioso battuto nudo con le bacchette e quindi all’albero infelice afforcato, come l’un e l’altro sopra si è detto ad altro proposito. Dalla legge delle XII Tavole condennati ad esser bruciati vivi coloro ch’avevano dato fuoco alle biade altrui, precipitati giú dal monte Tarpeo li falsi testimoni, fatti vivi in brani i debitori falliti: la qual pena Tullio Ostilio non aveva risparmiato a Mezio Suffezio, re di Alba, suo pari, che gli aveva mancato la fede dell’alleanza; [ed] esso Romolo, innanzi, fu fatto in brani da’ padri per un semplice sospetto di Stato. Lo che sia detto per coloro i quali vogliono che tal pena non fu mai praticata in Roma.

1022Appresso vennero le pene benigne, praticate nelle repubbliche popolari, dove comanda la moltitudine, la quale, perché di deboli, è naturalmente alla compassione inchinata; e quella pena — della qual Orazio (inclito reo d’una collera eroica, con cui aveva ucciso la sorella, la qual esso vedeva piangere alla pubblica felicitá) il popolo romano assolvette «magis admíratione virtutis quam iure caussae» (conforme all’elegante espressione di Livio, altra volta sopra osservata), — nella mansuetudine della di lui libertá popolare, come Platone ed Aristotile, ne’ tempi d’Atene libera, poco fa udimmo riprendere le leggi spartane, cosí Cicerone grida esser inumana e crudele, per darsi ad un privato cavaliere romano, Rabirio, ch’era reo di ribellione. Finalmente si venne alle monarchie, nelle qual’i principi godono di udire il grazioso titolo di «clementi».

1023Come dalle guerre barbare de’ tempi eroici, che si rovinavano le cittá vinte, e gli arresi, cangiati in greggi di giornalieri, erano dispersi per le campagne a coltivar i campi per gli popoli vincitori (che, come sopra ragionammo, furono le colonie eroiche mediterranee) — quindi per la magnanimitá delle repubbliche popolari, le quali, finché si fecero regolare da’ lor senati, toglievano a’ vinti il diritto delle genti eroiche e lasciavano loro tutti liberi gli usi del diritto natural delle genti umane ch’Ulpiano diceva (onde, (con) la distesa delle conquiste, si ristrinsero a’ cittadini romani tutte le ragioni, che poi si dissero «propriae civium romanorum», come sono nozze, patria [p. 117 modifica] potestá, suitá, agnazione, gentilitá, dominio quiritario o sia civile, mancipazioni, usucapioni, stipulazioni, testamenti, tutele ed ereditá; le quali ragioni civili tutte, innanzi d’esser soggette, dovettero aver propie loro le libere nazioni) — si venne finalmente alle monarchie, che vogliono, sotto Antonino Pio, di tutto il mondo romano fatta una sola Roma. Perch’è voto propio de’ gran monarchi di far una cittá sola di tutto il mondo, come diceva Alessandro magno che tutto il mondo era per lui una cittá, della qual era ròcca la sua falange. Onde il diritto natural delle nazioni, promosso da’ pretori romani nelle provincie, venne, a capo di lunga etá, a dar le leggi in casa d’essi romani; perché cadde il diritto eroico de’ romani sulle provincie, perché i monarchi vogliono tutti i soggetti uguagliati con le lor leggi. E la giurisprudenza romana, la quale ne’ tempi eroici tutta si celebrò sulla legge delle XII Tavole, e poi, fin da’ tempi di Cicerone (com’egli il riferisce in un libro De legibus), era incominciata a praticarsi sopra l’editto del romano pretore, finalmente, dall’imperador Adriano in poi, tutta s’occupò d’intorno all’Editto perpetuo, composto ed ordinato da Salvio Giuliano quasi tutto d’editti provinciali.

1024Come da’ piccioli distretti, che convengono a ben governarsi le repubbliche aristocratiche, poi per le conquiste, alle quali sono ben disposte le repubbliche libere, si viene finalmente alle monarchie, le quali, quanto sono piú grandi, sono piú belle e magnifiche.

1025Come da’ funesti sospetti delle aristocrazie, per gli bollori delle repubbliche popolari, vanno finalmente le nazioni a riposare sotto le monarchie.

1025Ma ci piace finalmente di dimostrare come sopra quest’ordine di cose umane civili, corpolento e composto, vi convenga l’ordine de’ numeri, che sono cose astratte e purissime. Incominciarono i governi dall’uno, con le monarchie famigliari; indi passarono a’ pochi, con l’aristocrazie eroiche; s’innovarono ai molti e tutti nelle repubbliche popolari, nelle quali o tutti o la maggior parte fanno la ragion pubblica; finalmente ritornarono all’uno nelle monarchie civili. Né nella natura de’ [p. 118 modifica] numeri si può intendere divisione piú adeguata né con altr’ordine che uno, pochi, molti e tutti, e che i pochi, molti e tutti ritengano, ciascheduno nella sua spezie, la ragione dell’uno; siccome i numeri consistono in indivisibili, al dir d’Aristotile, e, oltrepassando i tutti, si debba ricominciare dall’uno. E sí l’umanitá si contiene tutta tralle monarchie famigliari e civili.