La sala de Monzignor Tesoriere

Giuseppe Gioachino Belli

1832 Indice:Sonetti romaneschi II.djvu sonetti letteratura La sala de Monzignor Tesoriere Intestazione 6 gennaio 2024 100% Da definire

Lo sposalizzio de le ssciabbole Er corpo de guardia scivico
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832

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LA SALA DE MONZIGNOR TESORIERE.1

     Hai sentito ch’ha detto oggi er padrone?
Ch’avenno inteso er grann’abbreo Roncilli2
Ch’ar monte3 ce bballaveno li grilli,4
Ha ddato ar Papa imprestito un mijjone.

     Cusì oggnuno averà la su’ penzione,
E nnun ze sentiranno ppiù li strilli;
Ch’a sto paese ggià tutt’er busilli5
Sta in ner vive a lo scrocco e ffà orazzione.

     Perantro è6 un gran miracolo de Ddio,
Che pe’ sspigne la Cchiesa a ssarvamento
Abbi toccato er core d’un giudio.

     Ma er Papa farà espone er Zagramento,
Pe’ cconvertì a Ggesù benign’ e ppio
Chi l’ha ajjutato ar zessant’un per cento.7

8 gennaio 1832.

Note

  1. Mettesi in bocca dei servitori del Tesoriere [che era allora monsignor Mattei] una proposizione del cardinal De Gregorio, che è quella riferita nella prima terzina. Vedi l’altro sonetto intitolato: Er prestito de l’abbreo Roncilli [9 genn. 32].
  2. Rotschild.
  3. Pubblico erario.
  4. Ballare i grilli in un luogo, vale “esser vòto.„
  5. Tutto il punto.
  6. [Variante popolare: È propio..., con l’ultima terzina così: Er Papa ha ffatto espone er Zagramento, Pe’ rringrazzià Gesù bbenign’ e ppio, Che ccià ssarvato ar zessantun per cento.]
  7. [“Gl’interventi stranieri, lo arruolamento e l’ordinamento delle truppe svizzere, le commissioni militari, le polizie costarono enormi spese, durante tutto il regno di Gregorio: si fecero prestiti rovinosi, uno de’ quali con Rotschild al 65 per cento; e quantunque le tasse crescessero, si ebbe una deficienza annua di cinque in seicentomila scudi almeno; ed il debito pubblico, regnante Gregorio, crebbe di ventisette milioni di scudi. L’amministrazione del Tosti tesoriere,„ succeduto nel 1834 al Mattei e al Brignole, "fu un vero disastro. Nessuno accusa di inonestà lui rimasto povero, ma tutti lo rendono in colpa di inesperienza e scioperataggine: l’erario impoverì: il disordine crebbe: molti in Roma traricchirono per usure, per appalti pubblici, per lavori fatti dal Tosti, come dicono, economicamente. Di un decennio della sua amministrazione non si è mai potuto fare e dare un vero rendiconto. Un Galli computista della reverenda Camera arruffò cifre, e diede ad intendere di averlo compiuto; ma la fu polvere gettata negli occhi.„ (Farini, Lo Stato Romano dall’anno 1815 al 1850; 2a ediz.; Firenze, 1850; vol. I, pag. 131.) In tale condizione di cose, s’immagini ognuno quale effetto producesse questo sonetto del Belli.]