<dc:title> La rivoluzione di Napoli nel 1848 </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Ferdinando Petruccelli della Gattina</dc:creator><dc:date>1850</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Petruccelli - La rivoluzione di Napoli nel 1848, Genova, Moretti, 1850.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=La_rivoluzione_di_Napoli_nel_1848/8._Pio_IX&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20240419143054</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=La_rivoluzione_di_Napoli_nel_1848/8._Pio_IX&oldid=-20240419143054
La rivoluzione di Napoli nel 1848 - 8. Pio IX Ferdinando Petruccelli della GattinaPetruccelli - La rivoluzione di Napoli nel 1848, Genova, Moretti, 1850.djvu
[p. 29modifica]8. I primi atti del governo di Pio IX avevano messa la febbre nel cuore degli italiani. Abituati a considerare il sacerdozio come baluardo di ogni tirannia, organo di ogni corruzione, e negazione di ogni misericordia; l’amnistia con cui Pio IX si presentava nel mondo politico fu una rivelazione. Non che ci avesse tocchi di entusiasmo un atto, che era una necessità di Stato improrogabile; ma quell’atto, nella persona di un prete, era la più alta significazione della maturità civile a cui erano giunti i principii della nuova società. Lo spavento con cui venne accolta dai principi questa iniziazione di transazione, fu il termometro più sicuro della loro debolezza e della loro colpabilità. Quell’atto li aveva colti in flagrante delitto: era una protesta per tutti, fatta in nome di colui che si diceva vicario di Cristo. All’amnistia successero taluni temperamenti municipali, per cui tante lagrime e tanto sangue sotto il pontefice passato si erano sparsi, e per cui Roma si allivellava agli altri Stati d’Italia. Il terrore dei principi crebbe; crebbe nel popolo la speranza [p. 30modifica]e l’ardire: Pio IX per se stesso aveva fatte assai povere cose: però le sue riforme furono magnificate, affinchè le lodi servissero d’insegnamento che il vecchio sistema doveva cadere, il mondo ritorcere cammino. Gli applausi prodigati a Pio IX furono il programma della rivoluzione novella, un principio, un simbolo, la sfida quasi che i popoli gittavano ai sovrani. Le riforme di Pio IX non mistificarono alcuno. Il popolo sapeva bene che il pontefice non è più il tribuno del popolo, ma il tribuno dei re; prevedevano che un dì non lontano avrebbe fatta ammenda onorevole delle sue velleità riformatrici e di quel leggiero capriccio di ammutinamento contro la rutina ed il vecchio bagaglio di Stato. Non pertanto Pio IX servì di parola d’ordine alla cospirazione. Essa si arrollò sotto uno stendardo a cui il tempo aveva dato una specie di consacrazione tradizionale, e prosperò, e si propagò con la rapidità della luce. Tutta Italia sentì il vigore del nuovo battesimo. Ma dove il cuore palpitò più forte, dove le fibre si misero in orgasmo più vivo, fu in Napoli; per la ragione appunto che quivi la tirannia era più fitta, che quivi il nome del papa era esoso al governo, e qualunque simpatia per lui fulminata di carcere. Al lavoro lento ed incessante delle idee si unì questo eccelso impulso. Allora non si camminò più, si corse, si volò; non si cospirò più, si protestò. Il marchese Delcarretto si accorse del fermento e lasciò fare. Forse non ne seppe abbastanza, forse fu tradito dai suoi agenti, forse si spaventò dell’imminenza del combattimento, forse attendeva l’ora opportuna o per soffocare la cospirazione come Laocoonte, o per dominarla e dettarle le leggi. Sia comunque, inscienza o cognizione, paura [p. 31modifica]o tolleranza, favorì la rivolta che a grandi passi si approssimava ed apprestava le armi.