La ppiù mmejj' arte

Giuseppe Gioachino Belli

1834 Indice:Sonetti romaneschi III.djvu sonetti letteratura La ppiù mmejj' arte Intestazione 2 novembre 2022 25% Da definire

La spia a l'udienza Er decoro de la mediscina
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834

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LA PPIÙ MMEJJ’ ARTE.

     Da principio fascevo l’ortolano:
Male. Me messe1 a ffà er libbraro: peggio.
Risòrze2 allora de mutà mmaneggio,
E mme diede3 ar mestiere der ruffiano.

     In questo, te confesso da cristiano,
Nun zolo sce4 guadaggno, ma ssaccheggio:
E un terzo ar meno der Zagro-Colleggio
Vonno la marcanzia da le mi’ mano.

     Io servo Monziggnori, io Padr’Abbati,
Io maritate, io vedove, io zitelle...
E ll’ho ttutti oggnisempre contentati.

     Perch’io sò5 onesto e nun tiro a la pelle,
L’ommini mii67 rricchi e intitolati,8
E le mi’ donne pulitucce e bbelle.

17 giugno 1834

Note

  1. Mi misi.
  2. Risolsi per “risolvetti.„
  3. Mi diedi.
  4. Ci.
  5. Sono.
  6. Miei.
  7. Sono.
  8. Titolati.