La persuasione e la rettorica (1915)/La costituzione della rettorica
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DELLA RETTORICA
II
LA COSTITUZIONE DELLA RETTORICA
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Μηδέ σ’ ἔθος πολύπειρον ὁδὸν κατὰ τήνδε βιάσθω.
(PARMENIDE)
I
«Se la filosofia ha vaneggiato o vaneggia per le esaltazioni metafisiche – noi l’abbiamo rimessa sul terreno positivo: e qui, mantenendoci in contatto con la realtà, abbiamo una certa via per la conquista della verità».
Così circa per bocca dei suoi cultori parla quella che la vecchia madre via via soppianta: la scienza moderna. – Basterebbe chiedere che differenza ci sia fra realtà e verità, per la quale pur essendo in contatto con la realtà si debba ancora far via per giunger alla verità. Ma la scienza moderna
«ha tante corna,
che non è meraviglia s’a fiaccarle
più dell’usato alquanto si soggiorna».
S’io così parlassi a uno scienziato e gli dicessi: se avete la realtà, a che ancora v’affaccendate? o se non l’avete, poiché col vostro lavoro (di voi, che non l’avete) non v’aggiungete niente, μάλ αὖθις a che ancora v’affaccendate? – o sappiamo o non sappiamo? Se sappiamo, siamo
come tanti Iddii nell’eterna pace; – se non sappiamo – gloria in excelsis deo et pax (almeno la pace) hominibus in terra.
Οὕτως ἢ πάμπαν πελέμεν χρεών ἐστιν ἢ οὐκί.
(Parmenide)
«Μάλ’ ἀπαίδευτος εἶ» mi risponderebbe ὑπόδρα ἰδών, «questo stesso dilemma è una vanità metafisica. La realtà è la realtà e il pensiero è il pensiero. Quando uno mette i denti in contatto con una mela, bisogna ben s’affaccendi con le mascelle per averla mangiata. Così è della realtà. Ogni attimo della sua vita l’uomo viene in contatto con una parte della realtà, ogni uomo nella sua vita è venuto in contatto soltanto con una parte della realtà, ogni età, ogni generazione, ogni secolo, ogni civiltà viene in contatto soltanto con una parte; passeranno millenni e non sarà mai tutta... Che vuol dire ‘sappiamo o non sappiamo?’.
Sappiamo oggi una parte, domani ne sappiamo un’altra, tutti i giorni della nostra vita ne sappiamo sempre delle altre. Così acquisto io sapienza per la mia parte, così ogni altro figlio dell’uomo per sua parte ne acquisti ogni giorno della sua vita sotto il cielo, e il retaggio della nostra sapienza tramandiamo ai nostri posteri perché altra ne acquistino e sempre via s’accresca di sempre nuove verità e si costituisca il corpo della scienza umana. – Ora per poter tramandar la sua parte, non solo, ma per poterla ritenere per sé stesso, ogni uomo deve legarla ogni volta nei suoi frammenti σὺν αἰτίας λογισμῷ. Bisogna far tesoro dell’esperienza».
Nuovamente c’è nell’αἰτία e nel λογισμός, l’anticipatio: quale è l’αἰτία, quale il possibile λογισμός di chi non ha ancora la verità, ma deve attender la fuga dei millenni per averla? O se ha l’αἰτία, che bisogno ha di preoccuparsi ancora della realtà? Quale la sazietà di chi non ha mangiato, e quale la necessità di mangiare per chi è sazio? – Ma qui sembrerebbe un voler δυσχεραίνειν ἐν τοῖς λόγοις: – qui la ragione ha soltanto la funzione di tener salda questa «esperienza». Ed è pur curioso di saper questa che cosa sia. «Apri gli occhi, gli orecchi, le nari, usa la lingua e le mani ed avrai l’esperienza sana e positiva dei sensi» mi risponderebbe qualunque scienziato.
Ma quest’esperienza, per mia esperienza è una ben strana esperienza.
Quale è il sapore del pane? quello del primo pezzo che mangio quando ho fame o quello che mangio dopo quando mi son saziato? Quale è l’odore dell’arrosto? il buono, il caro, che ogni altro odore vince, quale mi spira incontro s’io cerchi invano il pane o quello del pezzo d’arrosto che avanza alla mia tavola? E l’occhio, che cos’è che l’occhio vede? davvero io credo che ognuno possa esperimentare la dubbia vista del suo occhio, ed essere incerto quale sia la faccia delle persone che più gli sono vicine.
Guardate la faccia dell’amico in cui credete e vi sarà una nobile faccia – e la nobiltà localizzerete o nel naso o nella fronte o in un «certo che degli occhi» – guardatelo quando v’abbia tradito e vedrete una bocca turpe, una cera sinistra, «un’espressione insomma che non va». – (E se uno guardi una donna prima e dopo averne usato, la contraddizione gli riuscirà anche più tridente). Quale è l’esperienza della realtà?
S’io ho fame la realtà non mi è che un insieme di cose più o meno mangiabili, s’io ho sete, la realtà è più o meno liquida, e più o meno potabile, s’io ho sonno, è un grande giaciglio più o meno duro. Se non ho fame, se non ho sete, se non ho sonno, se non ho bisogno di alcun’altra cosa determinata, il mondo mi è un grande insieme di cose grigie ch’io non so cosa sono ma che certamente non sono fatte perch’io mi rallegri.